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Liu Xiaobo (1955 - 2017)

scrittore e anima di Carta 08, il manifesto per lo Stato di diritto nella Cina comunista

Liu Xiaobo, professore, scrittore, critico letterario e attivista per la difesa dei Diritti Umani, primo cinese Premio Nobel per la Pace nel 2010.

Nasce a Changchun il 28 dicembre 1955 ed entra nell'università locale nel 1977, dopo un soggiorno in Mongolia Interna, due anni nelle campagne dello Jilin e un breve incarico presso una fabbrica edilizia nella sua città natale. Segue l'itinerario classico della sua generazione: laureato in Letteratura, è ammesso al Master all' Università Normale di Pechino nel 1982. Proprio in questa fase dei suoi studi si fa conoscere con un articolo nel quale accusa gli scrittori cinesi della cosiddetta nouvelle vague di non avere mai tagliato il cordone ombelicale con il potere, inoltre rimprovera all'establishment culturale del dopo Mao di essere ossessionato dalla caccia al Premio Nobel.

Liu Xiaobo non si interessa inizialmente alla politica, si è tenuto del resto lontano anche dalla Primavera di Pechino del 1978-'79. Giovane intellettuale anticonformista, audace ed energico, in quegli anni dà una lettura personale di Marx, Hegel e Nietzsche. Nel 1988 sostiene brillantemente la tesi di dottorato su Estetica e libertà dell'uomo: in centinaia la seguono, nel padiglione principale dell'Università normale di Pechino. Giovani studenti, docenti e funzionari trasformano quella circostanza in un evento, un momento di arricchimento spirituale per la Pechino dell'epoca. È invitato a tenere lezioni in Norvegia e alla Columbia University di New York tra l'88 e l'89, proprio mentre in Cina scoppia il movimento per la democrazia della primavera 1989

Mentre molti intellettuali cinesi cercano di organizzare l'espatrio nel caso in cui le cose peggiorino, Liu Xiaobo rientra nel Paese per darsi anima e corpo al movimento. A partire da metà maggio, passa la maggior parte del tempo in piazza Tienanmen - teatro delle proteste - a fianco dei suoi studenti, senza risparmiare loro anche le critiche. Il 2 giugno, mentre le voci di un imminente intervento dell'esercito si fanno sempre più insistenti, Liu lancia con tre compagni uno sciopero della fame per protestare contro la repressione annunciata. Nella notte del massacro, tra il 3 e il 4 giugno, convince gli studenti della necessità di negoziare con l'esercito un'evacuazione pacifica. È lui a farsene carico, evitando che il bagno di sangue diventi ancora più grave. 

Si rifugia inizialmente nell'Ambasciata australiana, ma non può sopportare di essere al riparo, mentre migliaia di studenti e cittadini vengono perseguiti, incarcerati e giustiziati. Così, l'8 giugno, viene arrestato a Pechino e passa venti mesi nella prigione di Qincheng, descritta dall'attivista Wei Jingsheng come la “Bastiglia del Ventesimo secolo”. "È il 4 giugno la morte dei martiri che mi hanno aperto gli occhi, ogni volta che apro la bocca mi domando se sono degno di loro", dirà poi Liu. Da quel momento non smetterà di battersi per il riconoscimento del massacro. 

Lo scrittore raggiunge ora la compagine molto variegata di coloro che lottano per la democrazia, e lancia petizione su petizione per difendere i fondatori dei sindacati indipendenti e i cittadini che criticano il potere. In questa lotta incontra le madri di piazza Tienanmen - che si battono incessantemente per il riconoscimento del sacrificio dei loro figli - e  Bao Zunxin, co-fondatore dell'associazione autonoma degli intellettuali di Pechino, anche lui impegnato nei ranghi dell'opposizione. 

Nel 1996, su proposta del dissidente  Wang Xizhe firma una petizione per una nuova cooperazione tra il Kuomintang (Partito Nazionalista Cinese) e il partito comunista. Per questo, l'8 ottobre 1996 viene inviato per tre anni in un campo di rieducazione tramite il lavoro. Dichiarerà in seguito di aver firmato l'appello per rispetto dell'amico, più che per convinzione. 

Appena liberato, riprende le sue attività per garantire alla Cina lo Stato di Diritto. Come il dissidente ceco  Václav Havel - che ispirerà la celebre "Carta 08"  - sceglie di vivere secondo verità, rifiutandosi di scrivere di politica sotto pseudonimo anche se questo comporta il divieto di pubblicare in Cina e restando fermo sui suoi principi. La sua capacità critica non gli impedisce però di riconoscere i progressi compiuti dalla Cina, che considera come il risultato della resistenza dei cittadini e del loro impegno per i propri diritti.

Seppure sempre sotto sorveglianza dal 1991 continua a pubblicare le sue cronache politiche nella stampa di Hong Kong o sulla Rete e partecipa a ogni genere di iniziativa che mira ad ottenere una riforma politica del regime. Tra queste, la più famosa è “ Carta 08”, il manifesto ispirato alla Carta '77 di Havel, con la quale reclama l'instaurazione di un'autentica democrazia in Cina, caratterizzata dalla separazione dei poteri, dalla fine della dittatura del partito unico e dalla creazione di una federazione per proteggere i diritti delle minoranze. Liu Xiaobo non ne è il principale redattore, ma ha largamente contribuito alla sua diffusione.

Nel 2009, Liu Xiaobo viene nuovamente arrestato e condannato prima a 11, poi 12 anni di prigione. Nonostante una vasta campagna internazionale per la sua liberazione e l'assegnazione del Premio Nobel per la Pace nel 2010, le autorità non lo rilasciano, neanche appunto per ritirare il riconoscimento (alla cui consegna viene simbolicamente posta una sedia vuota). Durante la detenzione, Liu si ammala di cancro al fegato. Nel 2010 la moglie Liu Xia è sottoposta agli arresti domiciliari per sette anni in modo da evitare che diffonda la testimonianza del marito. Viene scarcerato solamente il 29 giugno 2017, quando il cancro è ormai in fase terminale. Liu rifiuta le ultime cure perché spera di poter accedere a dei programmi terapeutici all'estero, non tanto perché creda in una sua ormai impossibile guarigione ma perché, con un ultimo gesto d'amore, vuole consentire alla moglie l'espatrio in un luogo sicuro. Anche questa richiesta gli viene negata e si spegne, suscitando il cordoglio di tutta la comunità internazionale, il 13 luglio 2017.

Nel dicembre 2009, nella sua ultima presa di posizione Non ho nemici, Liu Xiaobo ha scritto: "Spero che il mio Paese diventi una terra dove ci si possa esprimere liberamente; dove le opinioni di tutti i cittadini siano rispettate; dove valori, idee, posizioni politiche diverse possano confrontarsi tra loro e coesistere pacificamente; dove le opinioni della maggioranza e della minoranza siano garantite allo stesso modo, in particolare siano pienamente rispettate e difese le idee politiche diverse da quelle di coloro che detengono il potere; dove tutte le convinzioni politiche possano essere espresse alla luce del sole per essere giudicate dal popolo; dove ogni cittadino possa manifestare le sue idee politiche senza paura, e nessuno sia perseguitato per aver professato opinioni divergenti. Spero di essere l’ultima vittima delle interminabili inquisizioni letterarie cinesi e che, dopo di me, nessuno venga più incriminato per le sue parole. 
La libertà di espressione è il fondamento dei diritti umani, la radice dell’umanità, la madre della verità; metterla al bando equivale a calpestare i diritti umani, a soffocare la dignità dell’uomo, a conculcare la verità. 
Non c’è nulla di criminale nelle mie azioni e nei miei comportamenti. Io sono innocente, perché ho semplicemente esercitato il mio diritto costituzionale alla libertà d’espressione e ho fatto tutto il possibile per adempiere a quelli che sono i doveri di un cittadino cinese. Se mi si accusa per questo, non me ne dolgo".

Giardini che onorano Liu Xiaobo

Liu Xiaobo è onorato nei Giardini di Milano - Monte Stella e Varsavia.

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