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Faik Ali Ozansoy (1876 - 1950)

conosciuto come il “governatore degli infedeli” per aver salvato migliaia di armeni nella provincia di Kütahya.

Faik Ali Ozensoy, il cui vero nome è Mehmet, nasce nel 1876 a Diyarbakır, città abitata all’epoca in prevalenza da armeni e da cristiani della Chiesa ortodossa siriaca. La sua famiglia è di tradizioni letterarie: il padre è storico e poeta e anche il fratello maggiore, Süleyman Nazif, diventerà un affermato poeta. Dopo aver frequentato le scuole primarie e secondarie a Diyarbakır, Ozansoy si trasferisce ad Istanbul e si iscrive al Mekteb-i Mülkiye. Durante gli anni dei suoi studi è uno dei più giovani collaboratori del giornale d’avanguardia Servet-i Fünun – La ricchezza del sapere – pubblicando numerose poesie, di stampo individualista, con lo pseudonimo "Zâhir".

Dopo l’ottenimento del diploma, nel 1901, Ozansoy lavora negli uffici governatvi di vari distretti, tra i quali Bursa, Sındırgı, Burhaniye e Pazarköy. Nel 1908 è promosso a governatore del distretto di Mudanya e sposa Mevhibe Hanım, figlia di Haydar Pascià di Bursa, dalla quale ha cinque figli. Nello stesso anno pubblica un poema scritto per Mithat Pascià, primo esempio della sua transizione dall’individualismo ad un interesse per la sua società. Nel 1909 dirige il circolo letterario Fecr-i Ati – Alba Futura – fungendo da ponte generazionale tra questo gruppo e quello dei giornalisti del Servet-i Fünun. Assegnato, nel 1910, al distretto di Lesbo e successivamente di Erzurum, nel 1914 è nominato governatore di Kütahya.

Quando nell’aprile 1915 vengono emanati i primi ordini di deportazione degli armeni, Ozensoy si rifiuta di eseguirli, anche su raccomandazione del fratello, Süleyman Nazif. Quest’ultimo, dopo aver assistito in prima persona a carovane di deportati e tentato invano di fermarle, gli scrive di non "partecipare a questi eventi per salvaguardare l’onore della loro famiglia". Nel novembre 1915, nonostante le pressioni esercitate su di lui da Talat Pascià, Ozansoy continua a non implementare, nel suo governatorato, la misura militare conosciuta come "Legge sulle Deportazioni" già in vigore in tutto il resto dell’Anatolia. Al contrario, protegge non solo gli armeni di Kütahya, ma anche i deportati fatti transitare per il suo distretto. Mentre una folla di sostenitori del Partito dei Giovani Turchi, raccoltasi fuori dal palazzo del governatore, chiama a gran voce "Governatore infedele, vieni fuori!" Ozansoy riceve un telegramma di Talat Pascià da Istanbul: "Manda immediatamente gli armeni della tua città a Deir-ez-Zor [campi di concentramento per armeni nel deserto siriano]!". Ozansoy si rifiuta, citando i contributi degi armeni di Kütahya all’economia cittadina, il beneplacito della popolazione musulmana e l’assenza di disordini in città. Secondo Ozansoy, i membri del Comitato dell’unione e progresso che commettono questi massacri non sono altro che "patriottici banditi traditori". Alle insistenti richieste di Talat Pascià, Ozansoy risponde con un chiaro: "Dal momento in cui io non commetterò questi omicidi, vogliate accettare le mie dimissioni e nominare qualcun altro al mio posto. Lasciate che questi esegua i Vostri ordini!". Talat Pascià decide di non insistere per evitare che l’incidente abbia risonanza e dal gennaio 1915 al marzo 1916, mentre Ozansoy è governatore, non un singolo armeno è deportato da Kütahya. In opposizione al governo di Istanbul e agli armeni che temevano di essere deportati, Ozansoy favorisce l’apertura di una nuova scuola armena affinché i bambini armeni possano perseguire la loro educazione. Contemporaneamente e di sua iniziativa, ridistribuisce tra gli armeni poveri le donazioni fatte dagli armeni alla Türk Kızılayı (la "Mezzaluna Rossa Turca", la sezione turca della Croce Rossa e la più grande organizzazione umanitaria del Paese), con la speranza di ottenere favori dalla autorità locali. Ozansoy si oppone anche agli armeni che, per paura, vorrebbero convertirsi e istituisce a Kütahya un rifugio con donazioni di cibo per i rifugiati armeni delle province circostanti. Mentre Ozansoy è convocato da Talaat Pascià ad Istanbul, il capo della polizia di Kütahya, Kemal Bey, approfitta della sua assenza per spingere numerosi armeni a convertirsi all’Islam. Quando Ozansoy ritorna a Kütahya, rimuove Kemal Bey dall’incarico di capo della polizia cittadina e concede agli armeni divenuti musulmani la possibilità di riconventirsi al cristianesimo.
Al termine del genocidio, la comunità armena Kütahya poserà nel cortile della Chiesa Armena della città una lapide in segno di gratitudine con incise le parole "In memoria del governatore Faik Ali Bey, che protesse e si prese cura del popolo armeno nei suoi giorni dolorosi e dimostrò un’attitudine umanitaria".
Al termine della Prima guerra mondiale, Ozansoy rifiuta un dono di gratitudine da parte di alcuni armeni consistente in 500 lingotti d’oro, devolvendolo interamente per la costruzione di una scuola e di una mensa in favore dei rifugiati armeni. Si trasferisce successivamente a Istanbul, dove continua a lavorare come politico diventando anche sindaco di due distretti della città. Durante il governo di Damat Ferid Pascià viene nominato sottosegretario del Ministero per gli Affari Esteri, mentre, nel 1919, è nuovamente governatore di Diyarbakır per alcuni mesi, prima di tornare a Istanbul dove, per sostentarsi, si dedica all’insegnamento del francese al Mekteb-i Mülkiye e del turco al Liceo francese Saint Benoît. Nel 1930-32 svolge il ruolo di sottosegretario del Ministero dell’Interno per un breve periodo, è la sua ultima carica pubblica. Nel 1933 si trasferisce dal figlio Munis ad Ankara per dedicarsi esclusivamente alla produzione letteraria fino alla sua morte, sopraggiunta nel 1950.

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