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Emilio Guarnaschelli e Nella Masutti

vittime italiane dello stalinismo

Nato a Torino, segue fin da giovanissimo l'esempio del fratello Mario, militante comunista attivo nella clandestinità. Costretto a espatriare a Bruxelles nel 1931 per sfuggire all'arresto, lavora per il Soccorso Rosso e chiede un visto turistico per l'URSS nel 1933, attirato dall'idea di dare il proprio contributo alla costruzione del socialismo.

Arrivato a Mosca, incontra la diffidenza dei compagni, informati che il fratello Mario, rimasto in Occidente, non è ben visto nel partito. Trova lavoro in fabbrica, si impegna nella propaganda a favore del regime, ma viene emarginato e non è riconosciuto come rifugiato politico perché dice troppo schiettamente quello che pensa. Rimasto senza mezzi propri di sussistenza, è aiutato da Nella Masutti, una ragazza italiana sedicenne trasferitasi con la famiglia in URSS per seguire l'ideale comunista. I due giovani si innamorano e quando Emilio viene arrestato per "attività trockiste" e inviato al confino a Pinega, vicino al circolo polare, nel 1935, Nella scappa dalla famiglia e riesce a raggiungerlo. Si sposano e rimangono insieme, condividendo fame, freddo e stenti, fino alla nuova condanna di Emilio, nel 1936. Nella riesce a lasciare l'Unione Sovietica insieme al resto della sua famiglia e si stabilisce in Francia. Emilio è trasferito alla Kolyma, nell'estremo nord siberiano, dove verrà fucilato nel 1938. La moglie cerca in tutti i modi, ma senza successo, di avere sue notizie e nel 1976 scrive una dura lettera di accuse al PCI, che viene cestinata senza risposta. Raccoglie le lettere indirizzate da Emilio al fratello Mario durante il soggiorno in Unione Sovietica e riesce a pubblicarle il Francia nel 1979, mentre in Italia il libro Una piccola pietra uscirà solo nel 1982. 

Nella interviene nel 1991 a Roma al primo convegno sulle vittime italiane dello stalinismo denunciando i silenzi dell'apparato del partito comunista e chiedendo, insieme alla vedova Baccalà, Pia Piccioni, che "sia eretta una lapide che li ricordi. Le vittime del terrore aspettano e voi avete il dovere di non disperdere il loro ricordo che servirà di esempio alle generazioni future".

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