Volontaria italiana in Ruanda dal 1972, assiste a uno dei massacri preparatori del genocidio. Nel 1992, nella regione di Bugesera, a sud di Kigali, gli estremisti hutu sperimentano l’efficacia della radio che incita all’omicidio.
La regione del Bugesera, in origine insalubre e poco popolata, venne colonizzata, a partire dagli anni ’60, da tutsi cacciati dalle loro terre. Negli anni seguenti, a causa della forte pressione demografica, molti hutu si stabilirono nella regione e cominciarono a guardare con invidia alle terre valorizzate dai tutsi. Su quell’invidia fece leva la propaganda radiofonica dell’hutu-power. Appena la radio lanciò il segnale, cominciò la caccia all’uomo.
Antonia è spettatrice dei massacri. Nel tentativo di salvare 300 o 400 tutsi, dà l’allarme per telefono: chiama l’ambasciata del Belgio, la radio RF1 e la BBC per denunciare quanto avveniva sotto i suoi occhi. Il giorno seguente al suo appello viene uccisa davanti a casa da un gruppo di miliziani interahamwe, venuto appositamente da Kigali. Grazie a lei, tuttavia, il mondo fu informato e la polizia fu costretta ad intervenire e a porre fine alla carneficina.
È sepolta a Nyamata, vicino a una chiesa all’interno della quale, due anni dopo, sono stati massacrati migliaia di tutsi.
Fonti: P. Costa–L. Scalettari, La lista del console, “nordsud”, ed. Paoline, Milano, 2004, pag. 43.
André Sibomana, J’accuse per il Ruanda, ed. Gruppo Abele, Torino, 1998, pp. 65 e 117.