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Jan (Janis) Lipke (1900 - 1987)

il portuale di Riga che salvò 40 ebrei durante la Shoah

Storia tratta dal sito del progetto “The Holocaust in Faces” del World Holocaust Forum

“A Riga assistiamo a retate quotidiane – stanno dando la caccia agli ebrei. Essi vengono uccisi in strada o radunati nella foresta di Bikernieksky per l’esecuzione. La macchina fascista è in moto”.

Un uomo normale di nome Jānis Lipke, un operaio di Kipsala (Lettonia), prende posizione contro questa macchina. È un portuale, che ha accettato di diventare contractor dell'aeronautica tedesca per poter aiutare gli ebrei.

Jan sa che molta gente è nei guai e ha bisogno d’aiuto. Egli si tormenta pensando ossessivamente agli ebrei braccati, e arriva a pensare che siano la sua ragione di vita. Le vittime del terrore trovano rifugio nella sua casa al 50 di Balasta Dambis. I fascisti hanno ordinato a Janis di radunare le persone del ghetto e portarle ai magazzini, dove il suo compito consiste nel supervisionare il loro lavoro. Finalmente gli viene offerta la possibilità di agire per aiutare i perseguitati.

In quei giorni, quando oltre 30.000 ebrei, in maggior parte bambini, donne e anziani, vengono assassinati a Riga, la vista del ghetto incute paura: la strada è piena di corpi maciullati di bambini gettati dalle finestre delle case, frammisti a oggetti sparpagliati che rappresentavano i poveri averi rimasti agli ebrei – avevano detto loro che erano lì per spostare il ghetto in un altro campo.

“Mio padre e io eravamo in piedi di fronte al filo spinato che circondava il ghetto. Avevo otto anni allora”, ricorda Zigfrid, il figlio maggiore di Jan. “Ricorderò sempre la voce di mio padre quel giorno. Improvvisamente divenne tremolante ed egli disse: “Non devi mai dimenticare questo, figlio mio”, e le lacrime iniziarono a solcare il suo viso…”

Jan compie sforzi frenetici per trovare un rifugio per gli ebrei in città. Il 15 dicembre, ne aiuta dieci a fuggire dal ghetto e predispone un nascondiglio per loro… L’instancabile Jan trova alcune persone disposte ad aiutarlo e ad accogliere i perseguitati nelle proprie case.

Posti di fronte a scelte difficili, lui e i suoi aiutanti decidono di lavorare insieme per costruire un bunker sotterraneo sotto il capannone di Jan. È infatti troppo pericoloso per lui tenere in casa le sette persone che sta ospitando.

Jan, sua moglie Yohanna, e il loro figlio più grande Alfred - energico e coraggioso quanto il padre -, non solo sfamano i loro ospiti, ma danno anche loro un apparecchio radio e alcune armi e munizioni.

Per Jan diventa tutto sempre più difficile. Come parte della “soluzione finale della questione ebraica”, i fascisti iniziano a liquidare i ghetti nell’autunno 1943. Dopo molte esecuzioni, i sopravvissuti vengono inviati nei campi di concentramento di Riga: Kaiserwald, Balasta Dambis, Rezigravis, Strazdeymyige etc.

Una buia notte d’autunno del 1943, Jan rimuove con cautela alcune assi della recinzione del campo di concentramento di Balasta Dambis, situato non molto lontano da casa sua. Come promesso, sfrutta il cuore della notte per avvicinarsi al campo con un camion e aiutare il Dr. Shmulian, un famoso medico lettone, a scappare da un buco del recinto.

Jan deve il successo delle sue azioni coraggiose al suo fidato assistente Karl Yankovsky, un autista. Insieme compiono un’operazione estremamente rischiosa: rubano un’auto dei fascisti piena di fucili, munizioni, esplosivi e pacchi di timbri non utilizzati per i permessi di viaggio.

Nel 1943, Jan è trasferito a fare un altro lavoro. Nel suo nuovo ruolo, è autorizzato a viaggiare attraverso il Paese a sua discrezione, il che risulta particolarmente importante, perché in questa fase comincia a creare un’ampia rete di rifugi clandestini.

Ogni vita umana salvata da Jan – in totale 40 - rende onore alla sua azione giusta. Jan e sua moglie Yohanna vengono insigniti del titolo di Giusti fra le Nazioni da Yad Vashem nel 1966.

Giardini che onorano Jan (Janis) Lipke

Jan (Janis) Lipke è onorato nei Giardini di Duino - Collegio del Mondo Unito dell'Adriatico e Yad Vashem.

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