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Antonio Pistocchi (1899 - 1965)

ingegnere delle ferrovie che soccorse gli ebrei a Cesena durante la Shoah

Storia segnalata da Anna Morigi Pistocchi il 18 marzo 2014

Antonio (Tonino) Pistocchi, ingegnere delle ferrovie, appartenente ad una famiglia di tradizioni risorgimentali (un suo antenato aveva preso parte alla spedizione dei Mille) e di sentimenti antifascisti, a partire dal 1943 cominciò a falsificare i nominativi degli abbonamenti ferroviari usati come documenti dai liceali ebrei amici dei suoi figli. Grazie a questo stratagemma si salvarono in molti. 

Nel 1944 prestò soccorso a un suo collega, l'ingegnere Musafia. Tonino riuscì a far sfollare l'amico e sua moglie da Trieste, dove risiedevano sotto il costante pericolo di essere catturati, a Cesena, città in cui era sfollata la famiglia Pistocchi, dove anche grazie all'aiuto del fratello di Tonino venne procurata loro una casa appartenente a una cugina e apparentemente disabitata.

I coniugi Musafia trovarono rifugio in quella casa per un anno, uscendo per brevi momenti solo di notte e rimanendo rinchiusi durante il giorno. Si poneva il problema di come procurare loro cibo e altre cose di cui avevano bisogno. Il trasporto degli alimenti richiedeva di fare un tragitto giornaliero, la cui periodicità a lungo andare poteva essere notata - tenendo anche conto che tale percorso era sempre compiuto con in mano un pentolino per le cibarie. Si pensò quindi che un bambino sarebbe stato notato meno. Così si fece ricorso al piccolo Bruno, di sei anni, nipote dell'ingegnere.
Bruno, oltre al pentolino con il cibo, portava con sé anche i quaderni, perché Musafia lo aiutava a fare i compiti, a scrivere e a disegnare - soprattutto le fiamme.

Nonostante in quei giorni drammatici procurarsi il cibo fosse difficile, la signora Musafia spesso si schermiva per non togliere il cibo agli altri e si raccomandava di non mettere nella zuppa carne di maiale. Ma, chiedendo perdono a Dio, la madre di Bruno, cognata di Tonino, molte volte insaporiva la zuppa con quella carne se non c'era altro da metterci.

Bruno continuò il suo andirivieni per quasi un anno. Le ultime pagine dei suoi quaderni erano disegnate con fuochi e fiamme coloratissimi.

Nella stesso palazzo in cui erano sfollati i Pistocchi abitava un piccolo gerarca fascista - chiamato Bistecca - che cominciò a notare il bambino che ogni giorno usciva con il pentolino. Un giorno quindi decise di seguirlo. Per fortuna Bruno se ne accorse e, approfittando della sua velocità (per la sua velocità Bruno era soprannominato "il leprotto"), riuscì a seminare l'uomo. A quel punto però si capì che il nascondiglio non era più sicuro. Così nottetempo la famiglia Musafia venne fatta uscire e condotta nel teatro "Bonci" grazie alla complicità della custode. I coniugi vennero nascosti sotto il palcoscenico, dove rimasero poco tempo, perchè fortunatamente sopraggiunse la fine del conflitto.

Dopo la guerra i coniugi Musafia ritornarono a Trieste, e di loro non si seppe più nulla.

Gariwo ringrazia Anna Morigi Pistocchi per il prezioso materiale fornito alla redazione

Segnalato da Anna Morigi Pistocchi, nuora del fratello. Candidatura proposta per il Monte Stella nel 2014

Giardini che onorano Antonio Pistocchi

Antonio Pistocchi è onorato nel Giardino di Grumello Cremonese.

Trovi un albero anche nel Giardino Virtuale Storie del Monte Stella.

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