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Luigi Baldan (1917 - 2017)

l’internato militare nei campi di lavoro nazisti che aiutò le ragazze ebree nel lager di Sackisch – Kudowa, in Polonia

La copertina del libro di memorie con la foto di Luigi Baldan prigioniero a Sackisch Kudowa

La copertina del libro di memorie con la foto di Luigi Baldan prigioniero a Sackisch Kudowa

Testimonianza del figlio Sandro Baldan - Mirano (VE), 12 maggio 2007
Aggiornamento maggio 2018

Luigi Baldan nasce a Sambruson di Dolo (VE) il 5 settembre 1917. Vive dal 1954 a Mirano (VE). Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, viene catturato a Sebenico (ex Jugoslavia) dai tedeschi e trasportato sino a Bad Orb, in Germania, prima con un’interminabile e massacrante marcia a piedi nell’entroterra jugoslavo, poi con i carri vagoni bestiame. Nel novembre 1943, viene trasferito a Francoforte sul Meno, in Germania, nel lager in loc. Heddernheim, ove viene impiegato come operaio all’interno delle fabbriche tedesche della V.D.M. (Vereinigte Deutsche Metalwerke), un’industria che fabbricava pezzi meccanici aerei. È testimone della dura vita nelle fredde baracche, dell’odio dei tedeschi verso gli italiani e dell’accanimento dei tedeschi verso gli ebrei perseguitati.

Effettua coraggiosi sabotaggi nel materiale bellico prodotto nel campo di concentramento di Francoforte sul Meno- Heddernheim, all’insaputa dei tedeschi. Nell’aprile 1944 viene trasferito nel campo di lavoro nazista di Sackisch Bad Kudowa in Polonia (campo collegato al campo principale di Gross-Rosen) per lavorare come meccanico tornitore nelle industrie V.D.M. Qui, rubando mele verdi e patate all’esterno del campo, si prodiga per aiutare e sfamare, rischiando la propria vita, le ragazze ebree presenti nel campo di lavoro nazista. Riesce a difendere la loro vita dai soprusi dei nazisti, intercedendo per la loro salvezza: una ragazza stava per essere uccisa perché aveva rotto un macchinario, ma grazie all’intercessione di Luigi Baldan è stata risparmiata.

Informa continuamente, rischiando severe punizioni, le ragazze ebree dell’andamento della guerra, per aiutarle a sopportare la fatica del lavoro e dare una speranza di salvezza. Fornisce loro, di nascosto dai tedeschi, degli stracci in lana per coprirsi la testa dal freddo. Convince le spietate guardiane tedesche a trattarle con più umanità, difendendole così da potenziali maltrattamenti. Incarica dei suoi amici, un italiano di nome Bruno Pasqualin e un cecoslovacco di nome Stanislav Coufal, addetti alla manutenzione, a portare loro periodicamente del cibo, che si era procurato dai polacchi. Effettua ancora più decisi e mirati sabotaggi al materiale bellico prodotto nelle fabbriche e dei macchinari del campo di Sackisch-Kudowa, in Polonia. 

Nell’aprile 1945 fugge, da solo, dal campo. Nel giugno 1945 ritrova, casualmente, a Praga, a guerra terminata, alcune di queste ragazze ebree di Kudowa e, insieme, festeggiano la loro libertà. Ritorna in Italia, dopo un interminabile viaggio in treno, nel luglio 1945. 

A 90 anni, nel marzo 2007, Luigi Baldan pubblica il libro Lotta per sopravvivere - La mia resistenza non armata contro il nazifascismo, Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia, che riporta le memorie relative ai due anni trascorsi nei lager nazisti. È l’unica testimonianza italiana di quanto è accaduto nel campo nazista di Sackisch-Kudowa, in Polonia. È uno dei pochi casi in cui un prigioniero dei lager nazisti, già di per sé disperato e affamato, riesce a trovare la forza e la sensibilità di aiutare, a rischio della propria vita, le più deboli ragazze ebree. Sono piccole storie di solidarietà che meritano di essere valorizzate, prima che sia troppo tardi, per il loro alto valore umano. Il testo è stato tradotto in francese, grazie alla figlia di una donna ebrea deportata proprio nel lager di Sackisch-Kudowa, ma anche in inglese e ceco; alcune copie sono depositate presso lo Yad Vashem di Gerusalemme, al Museo dell'Olocausto di Washington e al Museo del Lager di Gross Rosen - Rogoznica in Polonia. 

Papà amava molto ricordare il fatto che, durante la guerra, la prigionia e appena scappato dal lager, ha avuto più volte occasione per uccidere persone che l'hanno affrontato e lui non l'ha mai fatto, rischiando ancora di più la sua vita. Era orgoglioso di non aver mai ammazzato altri uomini. La sua solidarietà verso le ragazze ebree prigioniere nel campo di lavoro nazista è nata veramente dal suo cuore.
Avrebbe potuto pensare a se stesso, visto che stava male, ma ha preferito aiutare il prossimo.

Segnalato dal figlio Sandro

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