Nasce nel 1977 a Shiraz e nel 1997, studente universitario a Teheran, partecipa alle prime manifestazioni di massa che si tengono in Iran dopo la rivoluzione komeinista del 1979. Un suo amico viene ferito dalla polizia e Ahmad, indignato, solleva in corteo la sua maglietta insanguinata. La foto del suo gesto fa il giro del mondo e le autorità iraniane lo arrestano con l'accusa di aver offeso l'Iran e quindi l'Islam, dunque Dio.
Gli viene chiesto di dichiarare in TV di aver accettato denaro dagli Stati Uniti e da Israele per mostrare la maglietta, ma Batebi rifiuta e viene rinchiuso nella famigerata prigione di Evin, dove è sottoposto a torture fisiche e psicologiche di ogni tipo. Ha salva la vita solo grazie alla pressione delle organizzazioni internazionali per i diritti dell'uomo, ma le torture gli causano comuque un calo permanente dell'udito, finché nel 2008, colpito da ictus, viene temporaneamente rilasciato in seguito alle proteste della comunità internazionale. Ne approfitta per fuggire attraverso il Kurdistan iracheno, braccato dalla polizia segreta iraniana. In Iraq riesce a mettersi in contatto con l'ambasciata statunitense, che lo imbarca su un aereo per Vienna e da lì per gli Stati Uniti, dove si stabilisce definitivamente.
Divenuto un simbolo della lotta contro il regime iraniano, Batebi continua a battersi per la democrazia nel suo Paese. In occasione degli scontri del 2009 denuncia gli arresti arbitrari, le torture e le uccisioni illegali.
Giardini che onorano Ahmad Batebi
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