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L'esempio di padre Edward Daly

"Better comunicate than excommunicate"

Padre Edward Daly che sventola un fazzoletto bianco impregnato di sangue

Padre Edward Daly che sventola un fazzoletto bianco impregnato di sangue

Quarantacinque anni fa, il 30 gennaio 1972, Derry, Irlanda del Nord. Sono gli anni dei “Troubles”. L’Irlanda del Nord è come Beirut, come il Medio Oriente. Ogni giorno, un’azione di guerra, un attacco, una rappresaglia. Il sangue in Irlanda del Nord scorre ogni giorno, senza smettere mai, è un massacro, è una guerra, e alla fine del conflitto fra Cattolici e Protestanti si conteranno 4000 vittime. Una guerra sporca, che spesso trascende quanto ormai consegnato alla Storia per trasformarsi in faida, regolamento di conti, vendetta personale, una guerra fatta di mille storie, mille leggende, mille violenze, mille orrori. La storia del 30 gennaio 1972 è solo una di quelle mille storie. È stata narrata da centinaia di libri e film, e resa perfino popolare da canzoni come Sunday Bloody Sunday degli U2, che la pubblicarono nel 1983, ad aprire il loro album War. 1983: le ferite erano ancora aperte, apertissime. Non esisteva in quel momento nessuna possibilità di dialogo; ricordiamo che per Margaret Thatcher, Bobby Sands era un pericoloso terrorista e che fu lasciato morire di fame in carcere.

Quel giorno a Derry, città simbolo del conflitto anglo-irlandese, si svolge una marcia di protesta. Il 9 agosto del 1971 il primo ministro nordirlandese, con il supporto del governo britannico, aveva deciso di sospendere ogni diritto civile dando alla polizia la possibilità di arrestare e imprigionare senza processo chiunque ritenuto sospetto di attività antigovernative. Il 18 gennaio 1972 arriva il divieto di ogni tipo di manifestazione nell’Irlanda del Nord. La marcia di Derry vuole esprimere il dissenso della popolazione di fronte a questi provvedimenti. Le attese parlano di un grande numero di partecipanti, e così è stato.

L’esercito inglese deve prendere le sue contromisure. I ribelli vanno contenuti, repressi. La marcia viene deviata, bloccata, interrotta. La folla protesta, non accetta di essere messa a tacere. La tensione esplode quando i cecchini dell’esercito iniziano a sparare, o almeno questa è una delle ipotesi. Il Primo battaglione dei Paracadutisti, infatti, inizia ad aprire il fuoco su una folla successivamente descritta come minacciosa, composta prevalentemente da terroristi in cerca dello scontro, provocatori armati, ma le ultime Commissioni d’Inchiesta non solo hanno stabilito che l’uso della forza fu quel giorno priva di ogni giustificazione, ma che nessuno dei partecipanti (come sostenuto a lungo negli anni successivi alla strage con una serie di menzogne nauseanti) era armato. Si contano alla fine quattordici morti ed un numero imprecisato di feriti. Oltre la metà delle vittime ha meno di diciassette anni. Gli ufficiali che dettero l’ordine di sparare furono premiati dalla corona inglese con il titolo di Sir.

Quel giorno, ormai entrato in qualche modo nel mito (un mito che è ancora bagnato dal suo stesso sangue), ci ha lasciato una foto, diventata a sua volta mitologia, narrazione, Storia che non smette di parlare e interrogarci. Nella foto si vede un gruppo di persone guidate da un uomo che sventola un fazzoletto prima bianco, poi intriso di sangue. L’uomo sta in qualche modo facendo scudo con il suo corpo ad un gruppo di persone che stanno trasportando un ferito. Il ferito è un bambino di sedici anni, si chiama Jackie Duddy, è in fin di vita, morirà entro pochi minuti. L’uomo che guida questo gruppo si chiama Edward Daly, è un sacerdote cattolico e nel 1974 diventerà vescovo di Derry. Jackie Duddy morirà sotto i suoi occhi, proprio mentre Daly gli sta amministrando gli ultimi riti.

Daly è morto nell’agosto 2016, pochi giornali hanno ricordato questa figura che negli anni Settanta, in quel paese devastato da una guerra semplicemente atroce, era invece ben nota. Nei giorni immediatamente successivi alla strage, quando la macchina della disinformazione aveva già iniziato ad avviluppare i fatti nella nebbia della finzione, si batté per la verità, in nome delle vittime calunniate, dalla versione ufficiale e costrette a subire una seconda morte. Negli anni seguenti organizzò numerosi movimenti di resistenza pacifica e non-violenta non solo contro l’occupazione inglese, ma anche nei confronti delle vendette interne alla coalizione cattolica (sempre più frequenti e sanguinose). Instancabile la sua attività per il ritorno ad un sistema giudiziario giusto, costantemente rivolto al ripristino dello Stato di diritto, e moltissime furono le associazioni da lui fondate o di cui era a capo per la tutela dei diritti dei prigionieri politici.

Better comunicate than excommunicate era il suo motto, poco ascoltato durante quegli anni di feroce violenza e fanatismo. Cercò in ogni modo il dialogo, mantenendo rapporti di amicizia con personalità del mondo protestante, ma anche con esponenti dell’IRA.

Daly pubblicò due autobiografie ed anche altri testi pacifisti. Al suo funerale, l’attuale pontefice Papa Francesco ha inviato un messaggio di cordoglio personale.

Ecco allora queste poche righe, queste poche parole per ricordare un uomo che, spesso da solo, ha saputo combattere contro un’epoca di violenza e fanatismo cercando di riportare la pietà e la ragione in un mondo che ne era privo.

Oggi le ferite di quegli anni sembrano apparentemente lontane, e il governo inglese ha finalmente riconosciuto le atrocità commesse.

Se quella terra conoscerà la pace, uno dei protagonisti di questo lento, estenuante, processo sarà stato certamente lui, Padre Edward Daly, vescovo di Derry.

7 febbraio 2017

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