In Turchia decine di migliaia di persone si sono riunite per manifestare contro il processo Dink, da cui non sono emerse le responsabilità dello Stato. Il giornalista della testata Agos è stato eliminato nel 2007 perché sosteneva la verità sul genocidio armeno, verità scomoda per il governo turco che nega pervicacemente i fatti del 1915. Nel corteo si leggeva sui cartelli: "Siamo tutti Hrant Dink, siamo tutti armeni".
La famiglia Dink conduce da anni una propria indagine sul delitto e, come ha spiegato la vedova del reporter in un'intervista alla BBC, nell'assassinio sono coinvolte le autorità dello Stato. Del resto questo è anche quanto emerge da una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che ha condannato Ankara per non aver protetto il diritto alla vita dell'autore de Il silenzio della colomba. Gariwo ha scritto a Rakel Dink per esprimerle la più viva solidarietà.
Pechino teme una Primavera cinese
Numerosi sono i Paesi dove ai giornalisti e ai blogger è impedito con la violenza di criticare il governo. Come abbiamo scritto nell'articolo Cina: la poesia dietro le sbarre, nell'ex Impero di Mezzo nell'ultimo mese sono finiti dietro le sbarre tre dissidenti, rei di avere scritto poesie, articoli e libri contro il Partito Comunista e i suoi leader. Secondo l'ambasciatore USA a Pechino Gary Locke, la Cina teme fortemente una "rivoluzione dei gelsomini" simile a quella scatenatasi nei Paesi arabi. "Perciò nel Paese si assiste a un violento giro di vite contro il dissenso e il dibattito politico, perfino contro gli avvocati di chi entra nelle maglie della repressione per aver semplicemente denunciato un traffico di cibo o di farmaci scaduti".
Stati deboli e crimine organizzato
Minacce ai giornalisti caratterizzano anche la vita dell'Honduras, dove 17 reporter sono stati uccisi solo negli ultimi due anni. Uno degli ultimi casi, l'assassinio di Alfredo Landaverde che denunciava la corruzione degli apparati di polizia, ha posto seriamente la questione della lotta al narcotraffico nel Paese latinoamericano. Come il Messico, anche l'Honduras sta subendo un'escalation di violenza. Il governo ha provato a reagire licenziando decine di poliziotti, ma secondo il Comitato per la Protezione dei Giornalisti rimane negligente in materia.
Un assalto alla libertà di stampa
Grave la situazione anche in Ecuador, dove il Presidente Correa cerca con ogni mezzo di far chiudere il maggiore quotidiano nazionale El Universo, reo di avere documentato un assalto delle forze dell'ordine contro un ospedale durante un corteo di protesta. Lo denuncia un editoriale del New York Times, che riporta vistose irregolarità quale il deferimento di questo caso a un "tribunale temporaneo" che avrebbe delegato la stesura della sentenza agli avvocati dello stesso Correa. Inoltre il Presidente ecuadoriano avrebbe presentato un disegno di legge per impedire ai media di sostenere "con articoli o ogni altro tipo di messaggio" altri candidati alle prossime elezioni.
In tutto il mondo, secondo Il Comitato per la protezione dei giornalisti, il 2012 avrebbe già visto l'uccisione di 2 reporter, mentre quelli assassinati dal 1992 sarebbero già 895. Nelle prigioni dei vari Paesi sarebbero reclusi 179 giornalisti.