Invalido della guerra Iran – Iraq del 1980, diventa Professore di Storia all'università di Teheran. Membro attivo del movimento riformista denominato “Organizzazione dei Mujaheddin della Rivoluzione Islamica”, è condannato a morte per apostasia nel 2002 dopo avere messo in discussione il governo teocratico e l'obbedienza cieca ai leader religiosi, in particolare per aver detto che i musulmani non dovrebbero seguire “come scimmie” le guide islamiche.
La sua condanna suscita vaste manifestazioni studentesche di protesta, a seguito delle quali “la guida suprema” Ayatollah Khamenei ordina il riesame giudiziario del caso. Nel 2003, il portavoce del tribunale istituito per il nuovo giudizio, Gholamhussein Elham, dichiara che correggerà i vizi procedurali, ma non il contenuto della prima sentenza. A causa dell'ostilità preconcetta della Corte, Aghajari si rifiuta di presenziare all'udienza e chiede il trasferimento del processo.
Nel giugno dello stesso anno, Aghajari risulta tra i 250 intellettuali firmatari di una dura dichiarazione in cui si accusano i leader religiosi dell'Iran di essersi sostituiti a Dio. Nel 2004, in seguito a una vasta mobilitazione internazionale, la sua condanna a morte viene commutata in una condanna a otto anni di prigione. Viene rilasciato nello stesso anno a seguito delle continue pressioni e manifestazioni in suo favore.
Nel 2003 la Foundation for Moral Courage gli ha assegnato il premio Jan Karski.