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Nasrin Sotoudeh (1963)

giurista iraniana e attivista per i diritti umani, perseguitata per la sua lotta per la libertà nel Paese

Nasrin Sotoudeh, giurista iraniana e attivista per i diritti umani - compagna d’intenti della nobel per la pace Shirin Ebadi -, nasce a Teheran il 29 maggio 1963. Nasrin dedica la vita allo Stato di diritto, ai diritti dei prigionieri politici, alla difesa degli attivisti dell’opposizione, delle donne e dei bambini di fronte al regime iraniano. Laureata in diritto internazionale, nel 1995 supera l’esame di abilitazione alla professione di avvocato ma per 8 anni viene privata della sua licenza dal Ministero delle informazioni e della sicurezza nazionale iraniano. 

Fino al 2003 lavora come giornalista per i giornali riformisti in Iran, poi comincia a esercitare la professione di avvocato. Il suo lavoro, insieme a quello di altri colleghi, si concentra sulla battaglia per i diritti negati dall'oppressiva Repubblica islamica. Nasrin si batte affinché la Repubblica garantisca procedure legali adeguate a tutti i cittadini, compresi i prigionieri di coscienza, e rispetti i suoi impegni internazionali in materia di diritti umani e uguaglianza, con particolare attenzione alla condizione femminile nel Paese. In Iran, il semplice atto di solidarietà con coloro che si oppongono al regime può portare a ritorsioni brutali. Ciò rende ancora più coraggioso il lavoro di Nasrin nella scelta di difendere attivisti politici e dissidenti. Dopo la repressione delle proteste scoppiate a seguito delle elezioni presidenziali del 2009 in Iran considerate "truccate", il cosiddetto movimento verde, Nasrin riconferma il suo coraggio difendendo molti degli attivisti arrestati durante le manifestazioni.

Sotoudeh difende inoltre
 alcuni minori condannati a morte per presunto omicidio prima di raggiungere l'età di 18 anni; organizza attività extragiudiziali per salvare gli adolescenti dal braccio della morte, molte delle quali con successo. Nel corso degli anni, Sotoudeh difende molte attiviste per i diritti delle donne come Mansoureh Shojaee, Parvin Ardalan e Mahboubeh Abbasgholizadeh; i giornalisti Morteza Kazemian, Issa Saharkhiz e Omid Memarian; la studentessa attivista Zia Nabavi e l'artista Parastou Forouhar.

A causa del suo incessante impegno per la giustizia, in qualità di difensore dei diritti umani e delle libertà, Sotoudeh è continuamente presa di mira e perseguitata dalle autorità. Viene arrestata per la prima volta nel settembre 2010 con l'accusa di "diffusione di propaganda contro lo Stato”. Il 10 gennaio 2011 viene condannata dalla magistratura iraniana a 11 anni di carcere, con un ulteriore divieto di 20 anni di esercitare la professione legale e una restrizione di 20 anni sui diritti sociali e sui viaggi all’estero. La sentenza viene poi commutata in appello in 6 anni di reclusione e 10 anni di divieto di esercitare la sua professione. Durante la prigionia, Sotoudeh è tenuta per lunghi periodi in isolamento e spesso le è negato il diritto di vedere il marito e i figli piccoli. Nel 2013 la protesta nazionale e internazionale per il suo caso porta alla sua liberazione. A partire dall’ottobre del 2014, Sotoudeh porta avanti per nove mesi, davanti all'Ordine degli avvocati di Teheran, una protesta contro la sospensione della sua licenza di avvocato. Alla fine, riesce a far ridurre la sospensione a 9 mesi e quindi a farla revocare. 

Il 13 giugno 2018 viene nuovamente arrestata e condannata a 33 anni di carcere e a 148 frustate per aver assunto la difesa di Shaparak Shajarizadeh e di altre donne che protestavano contro l’obbligo d’indossare lo hijab. Le accuse contro di lei sono la conseguenza del suo pacifico lavoro in favore dei diritti umani, la sua difesa delle donne che protestano contro l’obbligo di indossare il velo in Iran e la sua pubblica opposizione alla pena di morte.
Nel 2020, Nasrin porta avanti in carcere uno sciopero della fame che dura sei settimane, per protestare contro le condizioni di detenzione dei prigioneri politici in Iran dopo lo scoppio dell’emergenza Covid-19. Rilasciata per essere ricoverata in ospedale, viene dimessa dopo pochi giorni ma senza le cure adeguate. Rientrata nella prigione di Evin, interrompe lo sciopero in seguito a un forte deterioramento delle sue condizioni di salute.

Amnesty International ha indetto da anni una campagna per la liberazione definitiva di Nasrin Sotoudeh, a cui nel 2012 è stato anche conferito il premio Sacharov per la difesa dei diritti umani.

L'insistenza di Sotoudeh sullo Stato di diritto e la sua inesorabile lotta contro l'oppressione l'hanno resa un simbolo della lotta per la giustizia in Iran.

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