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Taner Akcam (1953)

uno dei primi accademici turchi a riconoscere e parlare del genocidio armeno

Nasce a Ardahan, in Turchia, nel 1953. Dopo essersi laureato all’Università Tecnica del Medio Oriente di Ankara, nel 1976 viene arrestato e condannato a dieci anni di reclusione, per aver discusso pubblicamente del genocidio armeno.
L’anno successivo riesce a evadere e a trovare asilo politico in Germania, dove prosegue l’attività politica. Nel 1988 inizia a collaborare con l'Istituto di ricerche sociali di Amburgo sulla storia delle violenze e delle torture in Turchia. Consegue il dottorato presso l'Università di Hannover nel 1995 con una tesi su Nazionalismo turco e genocidio armeno sulla base dei tribunali militari di Istanbul tra il 1919 e il 1922. Attualmente è Visiting Associate Professor di Storia presso la University of Minnesota.

Oltre ad essere uno dei più acuti e coraggiosi studiosi della questione armena, è anche uno dei primi intellettuali turchi a lavorare intensamente per un progetto di dialogo tra il popolo turco e il popolo armeno.

Nella sua ultima opera, pubblicata nel 2004 in collaborazione con lo "Zoryan Institute for Contemporary Armenian Research and Documentation on Genocide", Akcam cerca di indicare i principali ostacoli al processo di riconciliazione tra popolo armeno e popolo turco. Mette in luce come armeni e turchi abbiano sviluppato narrazioni diverse del passato, che costituiscono un aspetto fondativo delle identità dei rispettivi gruppi collettivi e vengono utilizzate solo per rinforzare gli stereotipi nazionali già esistenti, con la conseguenza che il modo in cui ogni parte interessata percepisce se stessa e l’altra diventa un ostacolo all’accordo comune, indipendentemente dal dibattito storico: 

Quando un turco e un armeno si incontrano per la prima volta, si vedono reciprocamente come i rappresentanti dell’altro gruppo. L’armeno vede un assassino della sua gente, riemerso dal passato, e il turco un traditore armeno del 1915. In genere parlano in termini collettivi. Non sono più individui, si sentono i rappresentanti dei loro popoli; dunque, ogni critica viene percepita come un attacco sia nei confronti del gruppo che dell’individuo (…) Oggi, nell’interagire l’uno con l’altro, un armeno tende a ritenere un turco, chiamandolo “turco”, uno degli individui che assassinò i suoi antenati nel 1915, mentre un turco tende a considerare e ad etichettare l’armeno come un “traditore della nazione”. In altre parole, entrambi sono incapaci di vedersi come persone nel presente. (…) Ma come possiamo vincere l’abitudine di vedere noi stessi attraverso questo paradigma e creare un nuovo spazio dove poter comunicare apertamente l’uno con l’altro?
(Akcam, 2004, pp. 256, 257, 261)

Akcam si propone l'obiettivo di un’interazione diretta tra i due popoli; a tal fine ritiene che entrambe le parti dovrebbero concentrare le proprie energie per mobilitare le risorse politiche, culturali, sociali e religiose a disposizione, a partire da una commissione d’indagine che esamini e metta in comune la diversa documentazione storica: 

È necessario passare a un paradigma che comprenda nuovi aspetti del conflitto, aspetti che non sono mai stati presi in considerazione prima. Dobbiamo riconcettualizzare il problema e porre entrambe le società al centro della nostra analisi. Questo cambio di paradigma dovrebbe focalizzarsi sulla creazione di un nuovo spazio culturale che includa tutte e due le società, uno spazio in cui entrambe le parti abbiano la possibilità di imparare le une dalle altre.
(Akcam, 2004, p. 262)

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