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Una luce nelle tenebre

il figlio del Rabbino di Tunisi e il suo sacrificio contro l'ISIS

Yoav Hattab era figlio del massimo leader spirituale degli ebrei tunisini, una comunità presente nel Paese arabo dai tempi dell'antica Cartagine. Aveva 21 anni e si trovava a Parigi nel supermercato kosher il giorno dell'attacco dei tagliagole dell'ISIS, il 9 gennaio 2015. Era abituato alla vita in un Paese arabo e certamente non preparato a lottare contro i terroristi nel cuore dell'Europa democratica. 

Eppure non ha avuto esitazioni, ed è risalito dalla ghiacciaia - dove un Giusto musulmano, Lassana Bathily, aveva chiuso i clienti ebrei per salvarli - per provare a trattare con il sequestratore Amedy Coulibaly. Ha provato a ragionare con lui, ha provato a strappargli l'arma, ma non era stato educato a sparare.  

Sulla vicenda esemplare di Yoav due giornaliste italiane, Sabina Fedeli e Amelia Visintini, hanno tratto un film, Io sono Yoav, che il padre, rav Hattab, è venuto a Milano a guardare, senza mancare di fare avere la propria testimonianza alla Comunità Ebraica milanese. Rav Hattab ha raccontato di come, dovendosi recare a Parigi di sabato per riconoscere il figlio ucciso dai terroristi, abbia chiesto perdono a Dio per quel volo nel giorno sacro agli ebrei. In un evento, la morte del figlio - su cui la cultura italiana ha molto riflettuto anche attraverso altri film negli ultimi anni, tra cui per esempio La stanza del figlio di Nanni Moretti - davanti al quale molti forse avrebbero domandato al Signore di chiedere perdono a lui.

Il bollettino della Comunità ebraica milanese Moked ha intervistato il 21 gennaio di quest'anno rav Benjamin Hattab, proprio a ridosso della proiezione del film su suo figlio. Il religioso ha dichiarato: "Avevo un rapporto speciale con lui: era il mio discepolo, ci volevamo molto bene. L'ultima volta che era a Tunisi mi ha abbracciato e mi ha detto: 'Papà, ti voglio tanto bene'". 

Yoav era un ragazzo amato anche dalla comunità islamica maggioritaria in Tunisia. "Tutti gli amici arabi sono venuti da noi e hanno pianto per lui - ricorda suo padre -, i ministri mi hanno telefonato [...] Ho sentito molto amore intorno a me".

Quando la giornalista Ilaria Myr gli ha chiesto: "Qualche anno fa c'è stato l'attentato alla sinagoga Di Ghriba a Djerba, in cui sono morte 5 persone. Non avete paura?" la risposta di rav Hattab è stata: "Quello a Djerba è stato un attacco terroristico che voleva colpire il turismo tunisino, dato che la sinagoga è meta turistica, non gli ebrei. No, non abbiamo paura: viviamo in pace con gli arabi da quando abbiamo aperto i nostri occhi. E  quando c'è qualche problema, non è causa di arabi che vivono in Tunisia". 

Tant'è vero che il Rabbino Capo di Tunisi, al termine dell'intervista, dichiara: "Viviamo bene, sono contento di essere a Tunisi. In Europa ho paura, in Tunisia no". Che questa frase sia di monito a chi sottovaluta i rischi dell'antisemitismo e dell'odio ideologico, che purtroppo si vedono all'opera in tutto il Vecchio Continente, dall'emergere di nuovi movimenti nazionalisti in Germania fino ad alcuni siti Web che hanno raccolto consensi per la Brexit. 

Il Giardino dei Giusti di Tunisi, che Gariwo e le autorità diplomatiche italiane e tunisine stanno per inaugurare il prossimo 15 luglio, deve servire proprio a ribadire i valori della resistenza al male radicale, dell'opposizione morale alla barbarie dell'ISIS, del non lasciarsi intimidire e del difendere la vita umana a ogni costo, valori che Yoav ha perseguito fino al sacrificio della propria vita.

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