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Inaugurato a Praga il monumento a Jan Palach

di Andreas Pieralli

Dopo 25 anni trova finalmente il suo posto l'opera in memoria del dissidente e martire cecoslovacco che si immolò contro l'occupazione sovietica

Meglio tardi che mai, è proprio il caso di dirlo. Sono trascosi infatti 25 anni da quando John Hejduk, il celebre architetto americano di origine ceca, nel 1991 aveva donato alla città di Praga due opere monumentali costruite in acciaio e legno e sormontate da 49 aculei metallici. I due monumenti oggi intitolati La casa del figlio e La casa della madre ricordano il gesto disperato dello studente cecoslovacco Jan Palach, che il 16 gennaio si immolò in Piazza Venceslao per protestare contro l'occupazione del suo Paese da parte degli eserciti del Patto di Varsarvia - che, guidati dall'Unione Sovietica, misero a tacere le aspirazioni della Primavera di Praga a un socialismo dal volto umano, aprendo la strada al ventennio della Normalizzazione.

Per la sua opera Hejduk trovò ispirazione nelle parole del poeta e scrittore americano David Shapiro che nel 1969, appresa la notizia del gesto estremo di Palach, scrisse: "Gli astronauti piangevano,/ non volavano, non scoprivano niente./ E mia madre ebbe coraggio, guardava,/ ero morto e ciò era giusto."

La vicenda sul collocamente dei due blocchi larghi 2,7 m e alti 7,3 m, originariamente intitolati dall'artista La casa del suicida e La casa della madre del suicida, si è trascita per anni tra intralci burocratici, sabotaggi politico-ideologici ed ostacoli urbanistici. La posizione più adatta infatti, al centro della piazza che porta il nome del martire, era ostacolata da un orrendo sfiatatoio della metropolitana, infelice residuo dei selvaggi anni '90 quando il Paese, da poco riconquistata la libertà, imparava a fatica come gestire i propri spazi pubblici.

Dopo varie vicissitudini si è trovato alla fine un compromesso posizionandola nel piccolo giardino di fronte al Museo delle Arti Decorative. Seppur in una posizione meno visibile, in questo luogo forse potrebbe essere di maggiore ispirazione - non solo artistica - per le decine di studenti di architettura che ogni giorno passano di qui per recarsi a visitare le mostre del museo dove vengono spesso esposte le loro idee urbanistiche innovative e coraggiose.

L'opera di metallo dell'artista americano, morto 15 anni fa, interpreta in chiave antropomorfa il gesto di Palach con i suoi lunghi aculei rappresentanti le fiamme rivolte verso l'esterno - come rivolto al mondo e alle coscienze dei suo concittadini era il gesto del giovane studente. Nell'opera La casa della madre, invece, gli aculei sono ripiegati su se stessi, a simboleggiare la dimensione privata e silenziosa del dolore della madre.

È bene che un'opera del genere abbia trovato finalmente il suo posto in una zona centrale e così significativa di Praga. Piazza Jan Palach, infatti, oltre al suddetto museo ospita il teatro Rudolfinum e la Facoltà di Lettere, storicamente focolaio di proteste e coscienza critica, mentre sul lato settentrionale è chiusa dal fiume Moldava - superato il quale ci si trova nel quartiere di Malá Strana dove, a poca distanza gli uni dagli altri, hanno sede il Governo, la Camera dei Deputati, il Senato e il Castello di Praga con la Presidenza. Un memento storico e politico importantissimo in un'epoca come questa, in cui nella politica, nella cultura e nella società tornano ad affacciarsi appetiti di revisionismo storico volti a riaprire la strada a pratiche repressive - passando per il discreditamento più o meno aperto della grande tradizione del dissenso cecoslovacco e della politica haveliana degli anni '90.

Andreas Pieralli, giornalista e traduttore

9 febbraio 2016

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