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Strasburgo ricorda Václav Havel

Il nuovo edificio del Parlamento europeo porta il suo nome

In tempi di crisi, si sa, gli uomini si rivolgono ai grandi miti della Storia in cerca di un'ispirazione che li possa guidare. Non diversamente accade oggi con il drammaturgo dissidente Václav Havel - eroe della Rivoluzione di Velluto e primo presidente della Cecoslovacchia liberata dal regime comunista che lo aveva perseguitato per la sua appartenenza al movimento d’opposizione Charta ‘77.

A quasi 6 anni dalla scomparsa di questo grande personaggio - la cui statura morale lo fece conoscere in tutto il mondo come un faro della lotta per la libertà - gli viene reso nuovamente omaggio. Dal 5 luglio 2017, infatti, il nuovo edificio del Parlamento europeo di Strasburgo porta il nome di Václav Havel mentre un suo busto in bronzo, opera della scultrice ceca Marie Šeborová, è stato posizionato davanti all'ingresso. Padre dell’iniziativa è l’ex eurodeputato ceco Libor Rouček.

Alla presenza della moglie di Havel, Dagmar Havlová, e di Nathalie Loiseau, ministro degli Esteri francese, il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani (qui il discorso integrale) ha ricordato i motivi che hanno portato a questa intitolazione. In particolare, Havel viene definito "un uomo che, seguendo la propria visione di libertà, ha vissuto la persecuzione e il carcere. La sua vita e il suo spirito di lotta per la democrazia ci ispirano e ci obbligano a proseguire gli sforzi per costruire un'Europa più giusta, più forte e più vicina ai cittadini". Tajani inoltre risponde, usando le parole di Havel, a quanti oggi contrappongono particolarismi locali all'identità comune europea: "Il fatto che mi senta europeo non mi impedisce di sentirmi ceco. Al contrario, in quanto ceco, sono anche europeo. L'Europa è la patria delle nostre patrie". Non meno importante, poi, la citazione della frase che Havel proferiva il 16 febbraio 2000, dinanzi al Parlamento europeo: "I grandi valori europei (...) sono, a mio avviso, chiari: il rispetto dell'essere umano, delle sue libertà, dei suoi diritti e della sua dignità, il principio di solidarietà, l'uguaglianza davanti alla legge e lo Stato di diritto, la protezione di tutte le minoranze etniche, le istituzioni democratiche, la separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, il pluralismo politico, il rispetto della proprietà privata e della libera impresa, l'economia di mercato e lo sviluppo della società civile".

Circa un terzo dell'edificio, la cui sigla è HAV, servirà all'Ombusdman europeo, carica oggi ricoperta dall'irlandese Emily O'Reilly, mentre il resto sarà occupato da 167 uffici amministrativi del Parlamento. La struttura, costruita nel 1955 per il Consiglio d'Europa, che l'ha utilizzato fino al 2007, è stato acquistata nel 2012 e poi interamente ristrutturata.

Questo riconoscimento, probabilmente ad oggi il più significativo, va ad aggiungersi agli altri luoghi pubblici intitolati a Václav Havel- tra i quali ricordiamo due vie nelle città di Kyjev e Danzica e una piazza a Haifa, in Israele. Porta il suo nome anche l'aeroporto internazionale di Praga e, mi si conceda una nota personale, è sempre motivo di orgoglio per chi come me ha a cuore la libertà e i Diritti Umani, vedere, arrivando o partendo, l’insegna Letiště Václava Havla. Da ricordare, inoltre, anche il progetto mondiale "Havel's Place", le panchine create dall'artista ceco Bořek Šípek - costituite da un tavolino e due sedie intorno a un albero posizionati nello spazio pubblico – pensate come simbolo del dialogo aperto. Esse hanno trovato posto, oltre che in numerose città della Repubblica Ceca, a Barcellona, Venezia, Washington, Dublino e presso le università di Tel Aviv e Oxford.

Alcuni commentatori non hanno mancato di notare come all'inaugurazione non fosse purtroppo presente nessun rappresentante delle istituzioni ceche. Questo a dimostrazione probabilmente di un certo allontanamento, in corso da tempo, di una parte consistente delle élite politiche del Paese. In tempi di populismo di bassa lega, esse sembrano voler così accondiscendere a chi vuole vedere in Havel, in modo del tutto artificioso, il simbolo dei propri sogni mancati e delle promesse inattese dal ventennio post-rivoluzione.

Insomma: nemo propheta in patria, come i latini indicavano la difficoltà delle persone di emergere negli ambienti stessi a cui appartengono.

Andreas Pieralli, giornalista e traduttore

18 luglio 2017

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