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Harald Edelstam (1913 - 1989)

il diplomatico svedese che in pochi mesi contribuì a salvare in Cile circa 1500 rifugiati e ricercati

Nel 1974 in Cile, dopo il colpo di stato militare del settembre 1973, le ambasciate di diversi Paesi accoglievano - o avevano accolto - decine di perseguitati. Negli ambienti della Sinistra cilena un nome veniva pronunciato con rispetto e riconoscenza: Harald Edelstam, Capo missione svedese, giunto a Santiago nel 1972, dichiarato “persona non grata” dal governo militare ed espulso dal Cile nel 1973. Edelstam operò in difesa dei perseguitati del regime militare, spesso con rischio e pericolo personali, agendo quasi sempre di propria iniziativa, senza la “copertura” o le istruzioni del Ministero degli Esteri svedese, disattendendo a volte le indicazioni che gli pervenivano da Stoccolma, pur di salvare vite.

La Destra cilena lo detestava. Lo accusava di avere creato ingiustificati problemi alla Giunta per un “tornaconto politico” in patria, assicuratogli anche dalla amicizia che lo legava ad Olov Palme, Primo Ministro svedese, e la stampa del regime, cioè la totalità della stampa allora circolante, non perdeva occasione per denigrarlo. Imperdonabile risultava poi per la Destra cilena il fatto che Edelstam si servisse dei corrispondenti della stampa internazionale accreditati a Santiago per denunciare gli aspetti più problematici della repressione in atto e le inammissibili violazioni dei diritti umani effettuate dalle Forze Armate e dai Servizi di sicurezza, tra tutti la DINA (Direcciòn de Inteligencia Nacional), che di fatto faceva capo a Pinochet.

Il quadro in cui Harald Edelstam agì era estremamente complesso: gli oppositori del regime venivano arrestati e incarcerati dalle forze militari e di polizia. Molti poi scomparivano, ingrossando il numero dei desaparecidos. Il ricorso alla magistratura rimaneva senza effetti. I cittadini sospetti venivano ricercati senza sosta dai Servizi. Di notte, protetti dal coprifuoco, circolavano su veicoli senza targhe gli agenti della DINA, liberi di agire senza testimoni.

Il primo clamoroso gesto di condanna del regime da parte di Edelstam creò sorpresa, perplessità e incertezza. Edelstam riuscì a penetrare nella Ambasciata Cubana, accerchiata dalle forze militari golpiste, e dichiarò - senza previe istruzioni da Stoccolma - che “il proprio Paese si sarebbe preso cura degli interessi cubani”: la Svezia si sarebbe fatta carico della tutela dei cittadini, dei funzionari e degli edifici diplomatici cubani in Cile. Edelstam ribadì con inaudita fermezza il suo proposito opponendosi con il proprio corpo all’ingresso di un carro armato dell’esercito nel giardino dell’ambasciata cubana nei giorni che seguirono il golpe. I militari espulsero dal Cile tutti diplomatici cubani, accusandoli di avere infiltrato con i loro agenti la amministrazione dello Stato per accelerare l’avvento della attesa “rivoluzione del proletariato”.

L’Ambasciata di Svezia e la più capiente Ambasciata di Cuba diventarono fin dai primi giorni del golpe il “santuario” degli oppositori, uomini e donne, ricercati dal regime. Occorreva assisterli, fornire loro vitto, alloggio e cure mediche oltre che documenti di identità, ottenere dalle autorità militari le autorizzazioni per l’espatrio, identificare i Paesi terzi disposti ad accoglierli. Edelstam chiese aiuto a Stoccolma, che inviò un giovane funzionario dalla ambasciata svedese in Buenos Aires.

Edelstam diventò in breve tempo un “esperto” nel trattare con i militari il rilascio dei detenuti, il loro affidamento alla Svezia, il loro espatrio, servendosi anche di documenti non sempre ortodossi. Intervenne non soltanto a tutela di svedesi e cubani, ma anche di cittadini di altri Paesi latinoamericani retti da regimi militari che avevano a suo tempo ottenuto asilo politico in Cile. Riuscì ad accedere ovunque, alle carceri, ai campi di concentramento, al famigerato stadio di Santiago, cercando persone da recuperare.

Si calcola che la azione del diplomatico svedese abbia contribuito a salvare in pochi mesi circa 1500 rifugiati e ricercati. A Santiago correva voce che Edelstam avesse più volte agito a suo rischio e pericolo, dando prova di un eccezionale coraggio, di una audacia al di fuori di ogni norma, di un disinteresse totale. Si era scontrato a volte, anche fisicamente, con gli agenti in borghese dei Servizi, con i militari, con i carabineros, sempre in difesa di perseguitati che non conosceva e che forse non avrebbe più rivisto. Era giunto al punto di nascondere e mandare all’estero personaggi politici della Sinistra cilena altamente “sensibili”, la cui vita sarebbe stata altrimenti segnata.

Nella storia di questo eccezionale diplomatico, si erano registrati significativi precedenti già dai tempi della sua missione a Berlino (1941), e successivamente a Oslo (1942). Nelle due città, l’aristocratico Edelstam e la moglie Louise von Rosen erano riusciti a stabilire corretti rapporti con le autorità naziste, che avrebbero resero possibile allo svedese l'intervento a favore dei suoi protetti. Nella sua casa a Berlino, presso il quartiere di Kurfurstendamm dove abitavano numerosi ebrei, avevano infatti più volte trovato rifugio i perseguitati dalle leggi razziali. A Berlino Edelstam aveva conosciuto l’ambasciatore Morla, eccezionale diplomatico cileno che a Madrid, durante la guerra civile spagnola, aveva dato rifugio e protezione a circa 3000 perseguitati. In più di un’occasione Edelstamm aveva espresso il proposito di ispirarsi alla sua azione. Nella Norvegia occupata dai nazisti, il diplomatico svedese non soltanto aveva nascosto nella propria residenza ebrei e partigiani, ma li aveva più volte trasportati sulla sua auto con targa diplomatica verso il confine svedese, la salvezza. Aveva organizzato nei sotterranei dell’ambasciata una tipografia clandestina, utilizzata dalle forze della resistenza. Finché la Gestapo cominciò a interessarsi a lui. Fu quasi investito “accidentalmente” due volte da un camion, e di seguito tentarono di sparargli. A Edelstam non rimase che prendere con sé la moglie e fuggire su una piccola auto verso il confine svedese…

A Santiago, sotto una spietata dittatura militare, Edelstam prese “iniziative umanitarie” e agì di regola senza o addirittura contro le istruzioni scritte o verbali del suo dicastero. Era certamente al corrente che i vertici della diplomazia svedese e parte dell’establishment politico - salvo il Primo Ministro Olov Palme - non condividevano il suo operato, ma decise di agire comunque. "Quando c'è una questione di vita o di morte, non puoi negoziare; non hai tempo per fare il diplomatico. Devi essere umano. Devi agire secondo la tua responsabilità. Se questo è un nuovo tipo di diplomazia, penso che dovremmo attuarlo", Harald Edelstam.

Harald Edelstam si spense a Stoccolma all'età di 76 anni. 

L’Ambasciata di Svezia a Roma e l'Ambasciata italiana a Stoccolma hanno dedicato un albero del proprio giardino a Harald Edelstam. Il nome del diplomatico svedese è stato segnalato a Gariwo e al suo Presidente Gabriele Nissim, dagli studenti del liceo scientifico “Rummo” di Benevento e dalla giornalista Enza Nunziato, che li coordina nella ricerca dei Giusti nella storia contemporanea.

Biografia tratta dal racconto di Emilio Barbarani, già Ambasciatore italiano a Santiago del Cile negli anni '70

Giardini che onorano Harald Edelstam

Harald Edelstam è onorato nei Giardini di Benevento - Liceo scientifico e Duino - Collegio del Mondo Unito dell'Adriatico.

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