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Alfreda “Noncia” Markowska (1926 - 2021)

durante il Porrajmos rischiò la vita per salvare il maggior numero di bambini, rom o ebrei

“Noncia” era una polacca di etnia rom, originaria di Stanisławów. Quando scoppiò la guerra, la sua tribù si trovava nei pressi di Leopoli; per paura dell’Armata Rossa si spostarono a Occidente, ma finirono nel territorio occupato dai nazisti. Sistemarono l’accampamento in un bosco. Un giorno Noncia, che aveva allora circa quindici anni, si allontanò dal gruppo per andare a lavorare, ossia a guadagnare qualche spiccio leggendo la mano alle contadine. Al ritorno, un passante la avvertì di nascondersi per via di un grande pericolo

Noncia rimase diverse ore acquattata fra le rovine di una stalla. Si sentivano in continuazione grida e spari, ma quello era un sottofondo usuale per i tempi... Quando tornò all’accampamento però vide quello che non avrebbe mai voluto vedere: in una fossa comune giacevano accatastati i corpi di tutta la sua grande famiglia, ottanta persone, fra cui molti bambini. Una delle più grandi e antiche tribù rom di Volinia era stata sterminata nel giro di poche ore. Vagando nei boschi Noncia ritrovò il suo giovanissimo marito, anche lui allontanatosi fortunosamente dal luogo della strage. 

Noncia venne in seguito arrestata, insieme al marito, e consegnata ai tedeschi. Fortunatamente riuscirono a fuggire e si stabilirono a Rozwadów dove, in condizioni di lavoro forzato, i rom venivano costretti a lavorare alle ferrovie. Questo diede alla donna la possibilità di vedere i treni che trasportavano rom ed ebrei ai campi di sterminio, compreso Auschwitz. Durante le soste dei convogli, riuscì a salvare tanti bambini, tra cui Karol ParnoGierliński, in seguito un noto scultore, scrittore di prosa e poeta.
Noncia visse con una missione: ovunque ci fosse una strage, di rom o di ebrei, lei si avvicinava e cercava di portare in salvo il maggior numero di bambini. In questa maniera ne salvò oltre cinquanta. Li faceva fuggire dai trasporti, li infilava dentro sacchi di piume, li nascondeva sotto le ampie gonne colorate, cercava per loro documenti falsi. Aveva scavato piccoli ripari nel bosco. A un certo punto la sua fama si era diffusa, erano i bambini stessi che l’andavano a cercare. Quando poteva li restituiva a genitori e parenti. Solo diversi anni dopo la guerra alcuni dei bambini da lei salvati riuscirono a rintracciarla; Noncia nel frattempo aveva continuato a guadagnarsi da vivere con le attività dei gitani, le stesse grazie alle quali durante l’occupazione riusciva a sfamare anche decine di piccoli.

Nel 2006 la regista polacca Agnieszka Arnold ha girato un film sulla sua vita: Puri Daj “La vecchia madre”.

Il 17 ottobre del 2006 l’allora presidente polacco Lech Kaczyński appuntò una croce dorata sul petto di Alfreda “Noncia” Markowska, la prima donna rom a ricevere un’onorificenza statale polacca, e disse: “Se oggi esiste il popolo ebraico [...] e se molti polacchi di origine ebraica abitano ancora il nostro paese; se oggi esiste il popolo rom, e una parte di esso abita in Polonia [...], è perché ci sono state persone come lei. A persone come lei dobbiamo riconoscenza e stima. E per persone come lei è stata pensata l’onorificenza che oggi ho l’onore di consegnarle, una delle massime onorificenze del nostro paese, l’Ordine del Cavaliere di Gran Croce. Allora chi salvava una vita non era punito con il carcere, non era punito con la deportazione. Chi salvava una vita era punito con la morte, spesso fra le torture. La ringrazio infinitamente” («Gazeta Wyborcza», 18 ottobre 2006).

Laura Quercioli Mincer, docente di Letteratura polacca all’Università di Genova, già docente di storia e cultura ebraica nei Paesi slavi all'Università La Sapienza di Roma

Giardini che onorano Alfreda “Noncia” Markowska

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