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La scossa morale dei Giusti

di Francesco Tava

Brando Benifei, Gabriele Nissim e Cecile Kyenge

Brando Benifei, Gabriele Nissim e Cecile Kyenge

Il 25 maggio, al Parlamento Europeo di Bruxelles, è stata ricordata la Giornata europea dei Giusti, a quattro anni dalla sua istituzione. Quattro anni sono un tempo sufficiente per interrogarsi sul senso di una celebrazione, e di un’idea – quella di “Giusto” – che per continuare a significare qualcosa richiede di essere continuamente ripensata. Gabriele Nissim, prendendo la parola, si è mosso in questa direzione. 

L’idea, giunta a compimento nel 2012, di dedicare una giornata ai Giusti, intendendo con essi gli oppositori a tutti i totalitarismi, i resistenti politici e morali contro le violenze del Novecento, fu già concettualmente ardita. Raccogliere un’idea custodita amorevolmente e gelosamente, riferita a un contesto ben preciso (I Giusti non ebrei che salvarono vite di ebrei durante il nazismo), e ampliarla al di là di questi confini circoscritti, comprendendo in essa qualunque uomo o donna che abbia assunto una determinata condotta etica, a prescindere da credenze religiose e appartenenze sociali, ha significato di fatto ridefinire il concetto di memoria, ampliandolo a dismisura. Nissim, intervenendo all’incontro di quest’anno, ha insistito sul bisogno di riferirsi non solo ai Giusti (“miracoli umani”) del passato, ma anche e soprattutto a quelli del presente. Si tratta di un’affermazione solo apparentemente lineare, ma che in realtà modifica il senso della celebrazione.

I Giusti vengono celebrati col ricordo, ma come si fa ad avere memoria del presente? È possibile ricordare, fissare ciò che per definizione sfugge, sommerso da nuove informazioni e distrazioni? E la memoria è sufficiente? I medici di Lampedusa, a cui più volte ci si è riferiti durante l’incontro, non hanno bisogno di essere solo ricordati, ma soprattutto ascoltati. La memoria, incarnata nel presente, assomiglia più a una viva testimonianza che a un ricordo. Eppure, l’effetto che produce non è dissimile da quello dell’azione dei Giusti del passato: una scossa, uno sbigottimento, dovuto a un’azione tanto forte da far passare tutto il resto (convinzioni, interessi, vantaggi personali) in secondo piano. L’aver coinvolto nel dibattito del 25 maggio, all’interno del Parlamento Europeo, personalità in prima linea nel rispondere alle emergenze umanitarie a cui l’Europa assiste impotente, è servito a segnare il passo di questo cambio di direzione.

I Giusti oggi sono migliaia, ha ricordato Cécile Kyenge, come innumerevoli sono le situazioni di crisi da cui questi esempi di giustizia scaturiscono. Ognuno di questi esempi contribuisce a scuotere quella “irresponsabilità organizzata” (di cui ha parlato Milena Santerini) che consente a persone e istituzioni di disinteressarsi al male quotidiano. Il filosofo boemo Karel Kosík ha scritto che persino la Storia, con tutti i suoi eventi epocali e le sue tragedie, può essere sommersa dalla quotidianità, senza che più nessuno ne percepisca il carattere eccezionale e scandaloso. Ascoltare le storie di Giusti di oggi significa amplificare la loro scossa, scoperchiare la tragicità del presente, a costo di stare male, di sacrificare frammenti del proprio benessere. 

Credo che il cammino della Giornata europea dei Giusti debba orientarsi in questa direzione, negli anni a venire, coinvolgendo quanti nelle istituzioni europee hanno l’opportunità di tradurre una scossa morale in un’azione politica.
L’intervento dell’eurodeputato Brando Benifei, che ha sottolineato come l’accoglienza dei rifugiati non sia un gesto caritatevole, ma un vincolo giuridico, risponde in tal senso e dà forza ai racconti di Alexandre Beddock (Citizen’s platform for Refugee Support, Brussels) e di Regina Catrambone (MOAS Migrants Offshore Aid Station), che di tale accoglienza sono tra i tanti reali fautori. Non bisogna lasciare che la scossa si disperda. Occorre alimentarla, per far sì che i Giusti non agiscano invano. La “indifferenza”, parola scolpita all’ingresso del Memoriale della Shoah di Milano, ha tante forme.

Francesco Tava

Analisi di Francesco Tava, Associate Professor di Filosofia presso la University of the West of England di Bristol

27 maggio 2016

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