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L'importanza dei Giusti per l'Europa

intervista a Gabriele Albertini

Gabriele Albertini

Gabriele Albertini

In occasione del 6 marzo il senatore Gabriele Albertini ricordava il suo impegno nel proporre al Parlamento di Bruxelles, cinque anni fa, una dichiarazione che istituisse la Giornata europea dei Giusti. 
Con lui abbiamo parlato della 
legge sui Giusti attualmente in discussione al Parlamento italiano, del valore della memoria e del futuro dell'Europa.

Nel 2003 ha visto nascere il Giardino dei Giusti di Milano, poi è stato primo firmatario dell’appello per l’istituzione della Giornata europea dei Giusti, ora ha depositato un progetto di legge in Senato per dar vita a una Giornata in memoria dei Giusti anche in Italia. Cosa significa per lei sostenere questo progetto, e da cosa nasce la sua scelta di rinnovare il suo impegno a favore dei Giusti?

Questo mio impegno - che mi ha portato ad essere non solo primo firmatario della Dichiarazione del Parlamento europeo, ma anche “raccoglitore” di firme tra i deputati - nasce innanzitutto da una forte condivisione di valori, e soprattuto del valore della memoria. Diceva Santayana: “Chi non ricorda il proprio passato è condannato a riviverlo”. Credo quindi che sia fondamentale ricordare gli uomini e le donne che hanno avuto il coraggio di seguire la propria coscienza, sacrificando la vita, il patrimonio, l’integrità fisica, sfidando tiranni e ingiustizie. Non tutti hanno la vocazione dell’eroe, ma i Giusti hanno la vocazione del bene, che a volte risulta vittorioso. Abbiamo infatti riconosciuto anche figure esemplari sopravvissute ai loro atti giusti, e questo è il segno della vittoria dell’eroe, di un valore condiviso, di un comportamento che vale la pena di essere imitato.

Alla luce di questo, perché è importante secondo lei che l’Italia sia in prima linea nel ricordo dei Giusti - anche istituendo una Giornata in loro memoria, e non solo recependo la celebrazione della Giornata europea?

La Dichiarazione del Parlamento europeo che istituisce il 6 marzo come festa europea ha nel suo dispositivo anche l’indirizzo che questo orientamento venga seguito dagli Stati membri. I singoli deputati firmatari, o i loro colleghi, hanno quindi in qualche misura ricevuto un mandato per applicare nel loro Paese questa scelta - cosa che ci accingiamo a fare anche noi.
Per il nostro Paese, tormentato da vicende come la dittatura fascista, le leggi razziali, le foibe, credo ci sia una motivazione in più per ricordare esempi positivi che dimostrano la capacità di risorgere da uno scenario drammatico e doloroso.

Al Parlamento europeo erano sorte alcune obiezioni di merito per l’approvazione della Giornata. Nel progetto di legge attualmente in discussione alla Commissione Affari Costituzionali della Camera è stata invece sollevata un’altra obiezione, ovvero il proliferare dei Giorni dedicati alla memoria. Cosa ne pensa? Si aspetta una reazione simile anche in Senato?

Come giustamente sottolineava, durante la discussione del Parlamento europeo sono sorte obiezioni nel merito dell’iniziativa. C’era chi non aveva voluto sottoscrivere la Dichiarazione perché riteneva che in tal modo si accomunassero i gulag e i lager, altri invece, che avevano rapporti più stretti con la Turchia, erano restii nel ricordare tra i Giusti anche quelli del genocidio armeno. Si trattava quindi di valutazioni più politiche.
In Italia non ho ancora colto questo aspetto, almeno nella fase di discussione, mentre invece è stata sottolineata l’obiezione sull'inflazione dei Giorni da commemorare. Non mi sembra tuttavia un motivo sufficiente per ostacolare il prosieguo della norma. Credo infatti che i valori di riferimento, l’estensione e il significato profondo di una Giornata in memoria dei Giusti non temano confronti con altre ricorrenze, per serietà e rigore morale.

Come ricordavamo prima, nella scorsa legislatura lei è stato deputato europeo. Nel sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, come è cambiata l’Europa e quale futuro vede per l’Unione?

L’Europa ha significato innanzitutto la fine delle guerre “civili”, del centenario conflitto tra Francia e Germania, e la creazione di una nuova patria. Questo è il valore fondante del disegno che parte dagli orrori delle guerre mondiali, per non ripetere gli errori di un passato doloroso.
Oggi siamo di fronte a uno scenario complesso. Servirebbe infatti un’evoluzione qualitativa da un’Europa basata sui contabili e sui numeri dei bilanci pubblici della ragioneria della politica a un’Europa che creda nei propri valori e unisca le proprie anime come un vero Stato. Il destino dell’Unione sono gli Stati Uniti d’Europa, ma per poter realizzare questo percorso occorre che delle tre istituzioni europee - il Consiglio, formato dai rappresentanti dei governi degli Stati membri, la Commissione, costituita dai rappresentanti in Europa degli Stati membri, e il Parlamento, che invece rappresenta i cittadini degli Stati membri - il Parlamento, l’unico ad avere la vera e propria legittimazione democratica europea, abbia un ruolo più significativo e preminente rispetto agli altri due. Purtroppo non è così. Neanche il Trattato di Lisbona, con le deleghe date al Parlamento, ha cambiato le cose. 
Oggi viviamo una situazione critica proprio perché è scarsa la legittimazione popolare delle scelte europee, che sono fatte con criteri molto tecnocratici più che democratici. Invece dell’Europa dei burocrati serve quindi l’Europa dei popoli. Questo è il destino a cui fare riferimento per lo sviluppo del futuro.

Alla luce delle sfide attuali, come il terrorismo o la rinascita dei populismi, pensa che valorizzare i Giusti e ricordare che l’esempio di un solo uomo può fare la differenza tra bene e male possa rafforzare non solo i singoli Paesi, ma anche l’Europa stessa e i suoi valori fondanti?

Quando la minaccia è forte - come nel caso del terrorismo - si ha il rischio, che oggi stiamo effettivamente vivendo, del prevalere di forze populiste. Tali forze fanno leva sui sentimenti peggiori, su paura e risentimento, sulla negatività, sullo scontro.
Ci troviamo nella fase più critica, e mi auguro che anche con questi esempi e segnali positivi la situazione possa essere cambiata e orientata verso un destino diverso.
Un segnale importante arriverà dalle elezioni francesi. L’Olanda ha reagito positivamente davanti a un pericolo importante, in Germania ci sono meno rischi perché sia Schulz che Merkel sono entrambi europeisti. Se la Francia confermerà la sua posizione europeista, questo potrà dare un impulso importante, almeno di stabilizzazione. Il destino della Francia sarà quindi lo spartiacque anche per noi e per gli altri Paesi. 

Martina Landi, Responsabile del coordinamento Gariwo

24 marzo 2017

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