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La Giornata dei Giusti in Europa

editoriale di Gabriele Nissim

“Mi sono reso conto che non riusciremo mai ad eliminare dalla Storia il male che gli uomini commettono nei confronti degli altri uomini. Nonostante il trauma di Auschwitz, i genocidi e i crimini contro l’umanità sono continuati nei gulag staliniani, in Biafra, in Rwuanda in Bosnia e altri ne seguiranno ancora, come si percepisce dall’odio che viene seminato dal terrorismo fondamentalista.”
“ Mi scusi, ma lei mi sembra molto pessimista.”
“Non sono pessimista, ma sono realista. Il male ha troppa fantasia e riappare sempre in nuove forme.”
“ Ma allora non c’è spazio per la speranza di un mondo diverso?”
“Forse un sollievo c’è: possiamo sempre contare sull’opera degli uomini giusti che in ogni epoca hanno il coraggio di affrontare il male e che ogni volta salvano il mondo.”
“Ma non è troppo poco?”
“Guardi che questi uomini, che ho voluto ricordare per il loro coraggio durante la Shoah, ci hanno comunque dimostrato che un male assoluto non vince mai del tutto, perché altrimenti l’umanità sarebbe annichilita. Le loro luci smentiscono che il male possa uscire trionfante nella Storia. Purtroppo quelle luci sono sempre poche. Ecco la contraddizione.”
“ Ma se i giusti sono sempre una rarità, cosa possiamo fare?”
“ Non vedo altre strade che spiegare il loro segreto e i loro valori alle nuove generazioni.”
“ Hanno dunque un segreto?”
“ Agiscono in un certo modo perché li fa stare meglio e possono sentirsi soddisfatti con se stessi.”


Il giudice Moshe Bejski, artefice del Giardino dei giusti di Gerusalemme
, mi esprime così il suo testamento spirituale, in uno degli ultimi incontri che ho avuto con lui nell’ottobre del 2006 in una stanza dell’ospedale di Tel Aviv, pochi mesi prima della sua scomparsa. Moshe Bejski aveva un’idea fissa in testa. Bisognava sottrarre dall’oblio le azioni degli individui che in grande solitudine avevano cercato di salvare delle vite umane e si erano rifiutati di assecondare le leggi razziali.
Era in grande sintonia con il pensiero di Walter Benjamin che sosteneva che le azioni in sostegno della dignità umana difficilmente entrano nella Storia e ci vuole l’opera dei poeti affinché gli sfortunati protagonisti del bene siano riportate alla luce dalle tenebre degli abissi.
Raccontare le storie dei giusti e preservare la loro memoria alle generazioni successive significava per Bejski mostrare che ogni essere umano possiede sempre un minuscolo spazio di libertà dove può esercitare la sua sovranità, anche quando il mondo si muove in tutt’altra direzione.


Chi ha aiutato gli ebrei non ha mai pensato di vincere la guerra contro il nazismo, ma semplicemente ha agito, indipendentemente dal contesto politico, affinchè la sua vita non fosse corrotta dal male. 
È la grande intuizione di Václav Havel
il quale, nei tempi più duri del totalitarismo a Praga, ha sostenuto che tutti noi possediamo una prerogativa che nessuno ci può togliere: è il potere di ciascuno nei confronti di se stesso, l’unica cosa che anche il più impotente di noi possiede ed è al tempo stesso l’unica cosa che nessuno, nemmeno il più feroce dei dittatori, potrà mai portarci via.
L’eredità di Moshe Bejski ha fatto molti proseliti nel mondo.
Tanti pescatori di perle, secondo l’espressione cara a Benjamin, hanno cercato di raccogliere le tracce del bene dei momenti più bui della storia.
Pietro Kuciukian ha creato ad Erevan il muro della memoria per ricordare i giusti che hanno aiutato gli armeni durante il genocidio, lo stesso percorso lo ha fatto Svetlana Brotz a Sarajevo per raccogliere le testimonianze di bene durante la pulizia etnica e ora Jolande Mukagasana, una straordinaria donna candidata al premio Nobel per la pace, sopravvissuta al genocidio in Rwuanda si appresta ad inaugurare un giardino dei giusti a Kigali per ricordare gli Hutu che hanno aiutato i Tutsi.
Il 16 gennaio sarà presentato al parlamento europeo un appello, promosso da Gariwo, la foresta dei Giusti, per l’istituzionalizzazione di una giornata internazionale dei giusti. Se ne sono fatti portavoce i deputati italiani Gabriele Albertini, Niccolò Rinaldi. David Maria Sassoli e Lena Kolarska-Bobinska.
Il fine è quello di ricordare nel giorno della scomparsa di Moshe Bejski, avvenuta il 6 marzo 2007, le grandi figure morali che si sono impegnate per la salvezza di  vite umane durante i genocidi e anche tutti coloro che hanno  preservato la  dignità umana nei regimi totalitari comunisti.
Si tratta di una novità straordinaria perché è la prima volta che si crea un momento universale della memoria al di là delle specifiche ricorrenze ( Armeni, Ebrei, vittime del totalitarismo sovietico) in nome dell’omaggio agli individui che hanno cercato di venire in soccorso dell’altro uomo.
Ricordarli in tutta Europa significa dare valore ad uno degli elementi fondanti della cultura europea che esalta il ruolo irriducibile dell’individuo e della responsabilità personale.
La memoria del bene trasmessa alle nuove generazioni ha un grande significato: mostra che non esiste mai un determinismo nella Storia, ma che ogni persona grande o piccola, in qualsiasi ambito sociale o professionale, ha sempre la possibilità di intervenire con la sua coscienza nei momenti più difficili e di spingere gli avvenimenti in una direzione inaspettata. Hannah Arendt aveva spiegato che il segreto degli uomini giusti durante il nazismo era in realtà molto semplice: avevano agito in un certo modo perché altrimenti non sarebbero stati bene con se stessi; il male gli urtava perché sarebbe venuto meno la bellezza del mondo e della vita.  Questo è il segreto del tedesco Armin Wegner, che cercò in tutti i modi di allertare il mondo davanti al genocidio degli Armeni, di Giorgio Perlasca, che salvò centinaia di ebrei a Budapest, di Alexandr Solgenitsin che denunciò nei suoi libri la tragedia dei gulag, del console italiano Antonio Costa, che a Kigali portò in salvo centinaia di bambini Tutsi.
In un momento così difficile per il futuro dell’Europa ci auguriamo che l’appello venga sottoscritto dalla maggioranza dei deputati europei e sia sostenuto da un grande numero di cittadini. Tutti possono firmare la dichiarazione all’indirizzo www.forestadeigiusti.net
Ricordare il Bene e raccogliere dagli uomini migliori la staffetta della Bontà è un’avventura straordinaria per il futuro della nostra comunità così disastrata.
“Gli uomini passano e le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.”
Aveva commentato così Giovanni Falcone, prima di essere assassinato, il senso della sua lotta contro la mafia. Se non fosse riuscito nel suo intento, altri avrebbero raccolto il suo testimone.
È una staffetta senza fine su cui si fonda la speranza.
Le storie dei giusti hanno questa caratteristica: lasciano delle tracce che possono aiutare gli individui ad assumersi una responsabilità
in tempi differenti.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

10 gennaio 2012

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