Ladan Boroumand è una di quelle persone capaci di trasformare il dolore personale in una possibilità di rinascita collettiva e ha dedicato la sua vita alla ricostruzione della memoria degli iraniani, vittime del regime. Ha fondato insieme alla sorella Roya l'Abdorrahman Boroumand Centre, un'organizzazione non governativa dedicata alla promozione dei diritti umani e della democrazia in Iran. In omaggio alla memoria del padre, Abdorrahman Boroumand, un avvocato iraniano e attivista politico assassinato dagli agenti della Repubblica islamica dell'Iran a Parigi il 18 aprile 1991. Già visiting fellow all'International Forum for Democratic Studies, Ladan Boroumand ha studiato Storia all'École des hautes étoudes en sciences sociales di Parigi con Claude Lefort, Mona Ozouf e François Furet. È autrice de La guerre des principes (1999) e ha scritto diversi articoli sulla Rivoluzione francese, la Rivoluzione iraniana e la natura del terrorismo islamista.
Nel 2001 ha fondato un Memoriale virtuale che documenta le storie degli iraniani giustiziati, uccisi dai tribunali o dalle forze di sicurezza dalla Repubblica Islamica sin dal suo insediamento nel 1979. Ladan ha dedicato la sua vita alla difesa dei diritti umani e a costruire il Memoriale: una città virtuale che si chiama Omid (in persiano, speranza) dove tutte le vittime della violenza brutale della Repubblica Islamica possono continuare a vivere nella memoria di chi continua a ricordarli. Tutto è cominciato quando suo padre venne ucciso nel 1991. “Abbiamo fatto un elenco delle vittime nel momento in cui ogni singola persona, che fosse un ebreo, un baháʼí, un attivista politico, un comunista, un generale del precedente regime o ucciso per omosessualità. La prima volta che ho visto le foto delle prime vittime, gli ex generali che sono stati giustiziati, è stato orribile “, ha ricordato più volte per spiegare il progetto di ricerca dedicato a trovare i nomi, i volti, ricostruire le circostanze dell'esecuzione o dell'assassinio e raccontare la storia di ogni vittima. Omid è una città virtuale di 26243 persone: un database dove sono state inserite tutte le storie delle persone uccise, scomparse o impiccate dal 1979 al 2022. Un enorme lavoro di ricostruzione realizzato attraverso fonti ufficiali fino a quando il regime iraniano non nascondeva i suoi crimini, ma anche grazie alle fonti indipendenti di organizzazioni umanitarie o a segnalazioni dei parenti delle vittime. Non tutti gli omicidi sono stati ricostruiti completamente. Si tratta infatti di un processo di ricerca a cui tutti possono partecipare. Il Memoriale Omid - creato dal Centro Abdorrahman Boroumand, è una sorta di Wikipedia sul terrore imposto in Iran, ma anche una possibilità di riscatto per molti cittadini impotenti che possono superare il trauma della perdita grazie alla possibilità di tenere viva la memoria dei familiari uccisi o giustiziati. Nel database si possono ritrovare le dinamiche degli omicidi, le testimonianze, la data dell’arresto, le accuse mosse dai tribunali. Ladan Boroumand ha lasciato l'Iran nel 1975, all’età di 18 anni, per andare a studiare sociologia politica a Parigi dove Il 18 aprile 1991 il padre, dissidente politico del National Front che si oppose alla monarchia dello Scià e venne sciolto da Khomeini nel 1981, viene pugnalato a morte all’ingresso del suo appartamento da agenti della Repubblica islamica. “Quando hanno ucciso mio padre, ho pensato: 'alla fine ci sono riusciti; loro erano qui per ucciderci e noi eravamo qui per essere uccisi”, ha ricordato Ladan in un’intervista nel 2007 con Alan Johnson. “Ho vissuto nella paura per molti anni. Ogni volta che mio padre era fuori casa sapevo che poteva essere ucciso, ma l'impatto psicologico era incommensurabile con ciò che uno "sa" o prevede. È stato un incontro con il male perché è irrimediabile e perché nel momento in cui si compie il delitto c'è un'eclissi di umanità”. Il giorno dopo l’omicidio di suo padre, Ladan Boroumand non voleva svegliarsi e ha affermato che se avesse avuto la forza di porre fine alla sua vita l'avrebbe fatto. “Sono sopravvissuta per pura codardia”, ha dichiarato. “Ricordo che il giorno dopo volevo parlare con i sopravvissuti all'Olocausto e chiedere come se la cavavano. Speravo che nessuno che conoscevo mi vedesse per strada. Il mio lavoro per un decennio ha cercato inconsciamente di prevenire questo crimine. Avevo pubblicato rapporti sulle violazioni dei diritti umani in Iran mentre i miei studi sulla Rivoluzione francese cercavano di comprendere i diritti umani, di capire cos'è la politica e quale dovrebbe essere la risposta ideologica all'autoritarismo e al totalitarismo”. Quando suo padre è stato pugnalato, si è chiesta a cosa fosse servito tutto quel lavoro e se valesse la pena di vivere. Poi, lentamente, ha cercato di capire come rimediare all'irrimediabile. Ed è forse per questo che con la sorella Roya ha creato il Centro Abdorrahman Boroumand per la promozione dei diritti umani e della democrazia in Iran. “Quando abbiamo visto i cambiamenti in Iran negli anni '90 e l'ascesa di una nuova generazione che vuole la democrazia, abbiamo deciso che era il momento giusto per istituire la Fondazione. Lo pensavamo da tempo”. Omid è un memoriale virtuale bilingue, in farsi e in inglese, che serve a ricordare ogni persona uccisa dalla Repubblica islamica dell'Iran, raccontando la storia di come e perché è stata uccisa. Un modo per tenere viva la loro Memoria, rendere omaggio alle vittime e di ripristinare i loro diritti anche se postumi. Omid è anche un messaggio agli assassini: le persone che il regime iraniano ha voluto eliminare continuano a vivere in un mondo virtuale e chiedono giustizia, seppur postuma. “Vogliamo che le persone visitino Omid e imparino ad avere consapevolezza sui diritti umani e su come difenderli. Così abbiamo anche creato una biblioteca virtuale e stiamo traducendo i più importanti strumenti sui diritti umani e i testi classici sulla democrazia. È un lavoro in corso. Abbiamo anche dedicato una raccolta della biblioteca alle memorie degli ex detenuti, per raccontarne la storia. Offriamo inoltre a studiosi e attivisti una banca dati di informazioni sul movimento per la democrazia iraniana”, ha spiegato. Ci vorrà del tempo perché anche i nomi delle vittime delle nuove esecuzioni capitali, uccise durante la rivolta del 2022 in nome di Masha Amini, entrino nel Memoriale di Omid dove però si possono rintracciare le migliaia di persone uccise per la stessa accusa: aver dichiarato con le loro proteste, la resistenza pacifica, la guerra ad Allah. Dopo la morte di suo padre, Ladan Boroumand si è posta la seguente domanda: “Come sopravvissero gli ebrei all'indomani dell'Olocausto? Come vivevano? “ perché era così difficile vivere dopo. Ogni giorno era una sfida, svegliarsi era una sfida, lavorare era una sfida, affrontare i gli amici era una sfida”. Con il Memoriale Omid Memorial, grazie all’ aiuto della sorella Roya, Lada ha voluto aiutare i parenti delle vittime a trovare un po’ di pace e al contempo a costruire le basi per un’operazione culturale che avesse un valore universale. L'obiettivo del Memoriale Omid è sia quello di preservare la memoria delle vittime sia di alleviare la sofferenza dei sopravvissuti riconoscendo il loro dolore e documentando le dinamiche degli assassini. Con la speranza che i sentimenti di vendetta e odio diminuiscano. Le sorelle Boroumand sperano che la partecipazione al Memoriale dia potere ai cittadini iraniani di sfidare la tirannia della teocrazia ma trasmette anche un messaggio universale sul valore della memoria. Il database è in continuo aggiornamento e può essere ampliato dai familiari delle vittime e da chi li conosceva. Attualmente ci sono oltre 26mila vittime registrate, ognuna delle quali è elencata individualmente sul sito, che può essere ricercata per nome, sesso, età, religione, nazionalità. Contiene varie informazioni biografiche: età, nazionalità, religione, istruzione e occupazione. Descrive i dettagli dell'arresto e della detenzione, del processo e delle accuse; delle prove di colpevolezza, della difesa e del giudizio. La data di esecuzione, il luogo, le accuse mosse alle vittime. Una barra laterale fornisce i codici dei diritti umani che sono stati violati. È possibile correggere/aggiungere nuove informazioni che vengono inviate all'organizzazione per la revisione. La storia di Omid risale ai primi giorni della rivoluzione iraniana. Tutto inizia con la ricerca avviata nel febbraio 1979, quando Ladan stava accogliendo materiale per la sua ricerca sulla rivoluzione iraniana. Rientrata in Iran una settimana dopo Khomeini, nel bel mezzo della rivoluzione, ha intervistato insegnanti, operai, gente comune, cercando di capire i sogni di ogni gruppo sociale. La conclusione a cui arrivò nel 1979 è che nessuno sapeva del programma di Khomeini. Il loro futuro ideale era un regime parlamentare rappresentativo. “Ricordo ancora vividamente le foto dei corpi senza vita dei funzionari dell'ex regime che erano stati giustiziati in una seduta, a porte chiuse, in modo arbitrario. In seguito, quando tornai in Francia per continuare i miei studi, le esecuzioni continuarono senza sosta e iniziai a lavorare a un rapporto sulle violazioni dei diritti umani, “Iran, In Defence of Human Rights” (1982). Questo libro è il nucleo di quello che è diventato il Memoriale Omid”, ha spiegato Ladan in varie occasioni. “La responsabilità morale del cittadino comune è al centro di questo sforzo. Potremmo non essere coinvolti con un governo che commette tali crimini, ma come comuni cittadini abbiamo il dovere morale di protestare contro questi crimini e incolpare gli autori. Se vogliamo essere liberi, dobbiamo essere responsabili. Documentare gli abusi, nominare e svelare la responsabilità degli autori, è il nostro modo di assumerci la responsabilità dei crimini che non siamo stati in grado di prevenire”. Ladan ha ricevuto il Premio Lech Walesa (2009), condiviso con Roya Boroumand. Migliaia di storie non sono state ancora completate perché la Repubblica islamica dell’Iran ha costruito una catena di crimini che dura dal 1979, ma fornisce anche alla famiglia della vittima una piattaforma per raccontare la verità. È un modo per trasformare una vittima passiva in un agente attivo della storia, della resistenza pacifica e della memoria universale .
Cristina Giudici, giornalista