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Vincenzo Baccalà e Maria Pia Piccioni

una testimonianza italiana dai gulag sovietici

Vincenzo nasce a Lanciano e partecipa alla prima guerra mondiale, in cui viene ferito, e riceve la medaglia d'argento al valore. Iscrittosi al Politecnico di Torino, è costretto a interrompere gli studi per mancanza di mezzi. Fin da giovane prende parte al movimento socialista e partecipa alla scissione di Livorno, fondando nel 1921 il Partito Comunista. Conosce a Roma Pia Piccioni, che sposa l'anno dopo e che condividerà tutte le sue traversie, fino al tragico epilogo sovietico. Arrestato e picchiato dai fascisti in più occasioni, nel 1926 Vincenzo fugge con la famiglia a Parigi, dove continua l'attività politica per conto del partito, fino al 1931, quando riceve l'ordine di trasferirsi in Unione Sovietica. 

Stabilitosi a Odessa per organizzare la propaganda presso i marinai italiani, viene licenziato dal partito nel 1933 per aver espresso la propria contrarietà alla linea di Stalin, ormai prevalente. Guardato con sospetto dagli altri compagni, nel clima di caccia alle streghe dell'ambiente moscovita, è costretto a lasciare la moglie e le tre figlie a Odessa con il solo sostentamento del Soccorso Rosso. Cerca lavoro prima al Nord e poi a Mosca, dove riesce a malapena a sopravvivere, senza tuttavia trovare una sistemazione per la famiglia. Nel 1937 viene arrestato e trasferito nel carcere di Odessa, dal quale riesce a far uscire dei biglietti per la moglie, in cui denuncia i duri interrogatori e la montatura imbastita contro di lui. Senza più mezzi di sostentamento, Pia si precipita a Mosca per chiedere aiuto ai compagni italiani, ma le viene negato qualsiasi soccorso ed è costretta a chiedere di lasciare l'URSS per salvare le figlie, di cui una gravemente ammalata. Parte per l'Italia nel novembre del 1937 senza poter rivedere Vincenzo e arriva a Roma, ma è costretta dal regime fascista a continue peregrinazioni, finché si stabilisce a Milano.

Alla fine della guerra cerca notizie del marito sia presso l'ambasciata che tra i compagni del partito. Scrive un memoriale e si rivolge ai dirigenti nazionali, ma si sente rispondere: "Noi non faremo nulla contro l'Unione Sovietica". Solo nel 1991 e solo grazie alla sezione di Odessa dell'Associazione Memorial, riesce a sapere che Vincenzo Baccalà è stato fucilato alla fine del 1937 e riabilitato dal Tribunale militare sovietico nel 1956 "per mancanza del reato". Nel 1995 esce il libro Compagno silenzio, in cui Pia racconta la sua odissea e la tragica vicenda del marito.

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