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Gustaw Herling (1919 - 2000)

lo scrittore del Male del “mondo a parte”

Gustaw Herling-Grudziński, scherzando, si definiva un “polacco-napoletano”. Era infatti nato a Kielce, nel sud della Polonia ed è morto (e sepolto) a Napoli, dove era vissuto dal 1955, dopo aver sposato, in seconde nozze, Lidia, figlia di Benedetto Croce. Era di origini ebraiche, anche se su questo aspetto preferì sempre mantenere, in pubblico, una certa riservatezza. Alla domanda se fosse ebreo, rispondeva di esser polacco. Molti si scandalizzavano per questa reticenza. Ma spiegava che il suo atteggiamento era dovuto al fatto di non aver vissuto di persona l’Olocausto e di non voler usurpare un ruolo non suo: quello dello scrittore ebreo sopravvissuto (G. Herling-Grudziński, Dziennik pisany nocą 1989-1992, Diario scritto di notte 1989-1992, Czytelnik, Warszawa 1997, p. 250). Entrava in gioco però, in questa sorta di occultamento delle sue origini, anche il difficile rapporto col padre patriarca e il trauma per la prematura scomparsa della madre, Dorota Bryczkowska: (“Mia madre, che amavo molto, è morta giovane, aveva appena quarant'anni. Sono rimasto solo con mio padre, anch’egli ebreo e proprietario di un mulino a Kielce, e da allora hanno avuto inizio nella mia vita diverse traversie che hanno reso la mia giovinezza molto difficile”).

Studiò letteratura a Varsavia e, dopo lo scoppio della guerra, si rifugiò nella Polonia occupata, il 17 settembre, dai sovietici (in base al Patto Ribbentrop-Molotov). Nel marzo 1940, ricercato dalla polizia segreta sovietica, tentò di passare in Lituania per andare in Francia o in Inghilterra a combattere con l’esercito polacco ricostituito in esilio. A causa di una soffiata, fu arrestato e rinchiuso nella prigione di Vitebsk, in Bielorussia. Durante l’interrogatorio disse che, come molti suoi coetanei, voleva andare a combattere contro i tedeschi. “Non sapete,” gli fu chiesto, “che l’Unione Sovietica ha firmato un trattato di amicizia con la Germania?”. Fu così condannato a cinque anni e inviato al campo di lavoro di Ercevo, che faceva parte del comprensorio concentrazionario di Kargopol’, vicino ad Arcangelo (sul Mar Bianco). Tornò libero il 20 gennaio del 1942, grazie al ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra l'Urss e la Polonia, dopo l'invasione tedesca dell’Unione Sovietica. Assieme a molti altri polacchi scampati al Gulag si arruolò, in Kazakistan, nelle truppe del generale Władysław Anders che combattevano, sotto bandiera polacca, nell'esercito inglese e, nel dicembre 1943, sbarcarono in Italia e combatterono, tra l’altro, a Monte Cassino.

Basandosi sulle sue esperienze nel Gulag, Herling ha scritto uno dei libri più importanti del Novecento: Un mondo a parte (Inny świat. Zapiski sowieckie) che fu pubblicato inizialmente in inglese (A World Apart: a Memoir of the Gulag), nel 1951, ed ebbe un grande successo. Nell’introduzione, il filosofo Bertrand Russell scrisse: “Dei molti libri che ho letto sulle esperienze delle vittime delle prigioni e dei campi di lavoro sovietici, Un mondo a parte di Gustaw Herling è il più impressionante e quello scritto meglio. Egli possiede a un grado assai raro il potere della descrizione semplice e vivida, ed è del tutto impossibile mettere in dubbio la sua sincerità in ogni punto. I compagni di strada che rifiutano di credere all'evidenza di libri come quelli di Herling, sono necessariamente gente destituita di umanità, perché se così non fosse essi non respingerebbero l'evidenza, ma al contrario ne sarebbero turbati...”.

Il libro fu osteggiato in Polonia, Francia e anche in Italia perché faceva vedere come i Gulag sovietici furono una “macchina di annientamento” pari ai lager nazisti: “Ora che ho letto qualche testimonianza sui campi di concentramento tedeschi mi rendo conto che un trasferimento a Kolyma, nei campi di lavoro sovietici, era l’equivalente della scelta delle camere a gas dei tedeschi. L'analogia diviene ancora più precisa quando si considera che, come per le camere a gas, i prigionieri per Kolyma erano presi tra quelli in peggior stato di salute; in Russia tuttavia non venivano inviati a una morte immediata, ma a un lavoro durissimo che richiedeva una forza e una resistenza fisica eccezionali”. Herling ricordava spesso il finale del saggio autobiografico del poeta russo Iosif Brodskij, intitolato In una stanza e mezzo (1985), dove il figlio parla con il padre del passato: “Mi sorpresi a domandargli quali campi di concentramento, secondo lui, fossero peggiori: quelli dei nazisti o i nostri. ‘Per conto mio,’ fu la risposta ‘mi farei bruciare sul rogo, subito, piuttosto che morire di morte lenta e scoprire che senso ha’.”

Herling conosceva perfettamente e comprendeva a fondo la letteratura e la cultura russa: non odiava, al contrario di molti suoi connazionali, i russi. Tra gli scrittori russi, si sentiva particolarmente vicino a Varlam Šalamov, autore de I racconti di Kolyma (VEDI), il testimone più profondo della realtà del Gulag, al quale dedicò, nel Diario scritto di notte (1978), un bellissimo racconto che descrive la sua terribile fine nel manicomio dove il KGB lo aveva fatto rinchiudere. È come se Šalamov, con la sua opera, affiancasse e completasse idealmente Un mondo a parte. A Herling interessava in particolare un aspetto che Šalamov, seppur ateo, e in conflitto con il padre pope, ha messo in luce: quello della fede religiosa come risorsa per sopravvivere e non trasformarsi in bestie che schiacciano gli altri. Proprio riprendendo una sua idea esposta in Un mondo a parte (“l’uomo può essere umano solo in condizioni umane, e considero assurdo giudicarlo severamente dalle azioni che egli compie in condizioni disumane”), Herling scrive: “Il lato atroce dell’esperienza concentrazionaria è la mancanza di scelta, una cosa davvero orrenda, che pregiudica qualsiasi possibilità di vita morale. Perciò è giusto quanto dice Šalamov a proposito dei credenti che più spesso sono sopravvissuti: credere significa avere una chance, e anche la speranza in un’altra vita”.

In fondo, in questa impossibilità, o grandissima difficoltà, ad agire bene sta l’essenza del Male. Nel suo "testamento spirituale", Variazioni sulle tenebre. Conversazione sul male (1999), dopo aver definito il Novecento “un secolo del Male”, Herling si dichiara "manicheo": convinto cioè che il Male esista davvero come entità autonoma. Il Male Herling lo vedeva tangibile e si lamentava che la gente fosse diventata insensibile a esso, quasi assuefatta. Lo preoccupava (come preoccupava Primo Levi nel finale de I sommersi e i salvati) che il Bene e il Male non siano riconoscibili: “E' come il cancro, una modificazione interna non immediatamente percepibile. E' una devastante malattia spirituale; è necessario del tempo per rinvenire la malvagità dell'uomo (...) Quando leggo i giornali o vedo la televisione mi rendo conto che la gente non ha più il senso del Bene e del Male, non percepisce nemmeno la propria colpevolezza. C’è un'atrofia della sensibilità. Il Male si espande a tal punto che investe anche le persone che sembravano buone”.

Rifacendosi alla propria esperienza nel Gulag, e alle considerazioni di Šalamov, Herling concludeva la sua conversazione sostenendo che il rimedio contro il Male sia la solitudine: “Secondo Šalamov, l’unica cosa che difende dal Male, nella cui esistenza crede fermamente dopo l’esperienza della Kolyma, è la solitudine. (…) Pure io, sebbene fossi molto giovane allora, ventuno, ventidue anni, mi resi conto istintivamente che solo così potevo salvarmi dal terribile male dei campi di concentramento.(…) Avevo amici, ma mi sentivo più forte quando ero solo. Quando tutti si addormentavano, io restavo sveglio, e solo, e quelli erano per me i momenti più belli. (…) Ritrovavo la mia identità originaria rimanendo sveglio. La solitudine era allora una vera difesa contro il Male”.

La fermezza morale di Herling si vede bene nel finale di Un mondo a parte: quando, nel giugno 1945, a Roma, il suo ex-compagno di prigionia, un architetto ebreo-polacco, gli confessa di aver denunciato e quindi mandato a morte quattro loro compagni tedeschi, completamente innocenti, per poter esser trasferito in un campo meno pesante. Vorrebbe che Herling gli dicesse “ti capisco”, ma lui si rifiuta addirittura di parlargli, lasciandolo solo col peso dei suoi rimorsi.

Libri:

- Un mondo a parte, trad. Gaspare Magi, Mondadori, Milano 2017 [con un dossier di testi e documenti e introduzione di Francesco M. Cataluccio]; 
Dialogo su Solzhennitsyn con Gustavo Herling, in: Nicola Chiaromonte, Silenzio e parole, Milano: Rizzoli, 1978, pp. 225-33;
Diario scritto di notte, trad. Donatella Tozzetti, a cura du Francesco M. Cataluccio, Feltrinelli, Milano1992;
L'isola, trad. Donatella Tozzetti, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003
Gli spettri della rivoluzione e altri saggi, introduzione di Francesco M. Cataluccio, Ponte alle Grazie, Firenze 1994;
Ritratto veneziano, trad. Mauro Martini e Donatella Tozzetti, Feltrinelli, Milano 1995;
Le perle di Vermeer trad. Laura Quercioli Mincer e Piero Di Nepi, introduzione di Francesco M. Cataluccio, Fazi, Roma 1997, 2004
Don Ildebrando e altri racconti, trad. Mauro Martini, introduzione di Francesco M. Cataluccio, Feltrinelli, Milano 1999;
Ricordare, raccontare. Conversazione su Šalamov, con Piero Sinatti, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 1999;
Variazioni sulle tenebre. Conversazioni sul male, a cura di Édith de la Héronnière, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2000;
Breve racconto di me stesso, a cura di Marta Herling, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2001;
Introduzione, in Nikolaj Berdjaev, Gli spiriti della rivoluzione russa, a cura di Mauro Martini, Bruno Mondadori, Milano 2001;
Requiem per il campanaro, trad. Vera Verdiani, postfazione di Francesco M. Cataluccio, L'ancora del Mediterraneo, Napoli, 2003;
La notte bianca dell'amore, trad. Vera Verdiani, con una conversazione con Wlodzimierz Bolecki a cura di Marta Herling, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2004;
Il pellegrino delle libertà. Saggi e racconti, a cura di Marta Herling, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2006.
Etica e letteratura, a cura di Krystyna Jaworska, con un saggio introduttivo di Wlodzimierz Bolecki e una testimonianza di Goffredo Fofi; cronologia redatta da Marta Herling, Mondadori Milano 2019.

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