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Cosa puoi fare? Aiutare, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo.

di Daphne Vloumidi

Daphne Vloumidi al Giardino dei Giusti di Milano

Daphne Vloumidi al Giardino dei Giusti di Milano

Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Daphne Vloumidi alla cerimonia del 14 marzo 2018 al Giardino dei Giusti di Milano, in cui è stata onorata come Giusta per aver soccorso i migranti sbarcati sull'isola di Lesbo nel 2015, venendo anche arrestata per averli aiutati nei trasferimenti, sfidando i divieti delle autorità locali.

Buongiorno,

vi ringrazio per l’onore che mi fate, di trovarmi oggi qui tra di voi.

Sono nata in Grecia nel 1956, sei anni dopo la fine della guerra civile. Sono cresciuta in una famiglia che mi ha insegnato ad amare la libertà e gli ideali democratici. Non so esattamente come questivalori si trasmettano, se si imparino o se siano già caratteristiche del carattere di ognuno, a cui da adulti viene dato un nome.

Adesso, vorrei condividere con voi alcune esperienze della mia vita, tappefondamentali nella costruzione del modo in cuioggi percepisco il mondo.

Da piccola, ho visitato una mostra dei disegni di bambini ebrei, ognuno con un nome, una data, e un luogo… Auschwitz. Anch’io disegnavo case, alberi, farfalle…ma ero viva, loro no!

Poi ricordo una poesia che mi ha fatto piangere quando per la prima volta l’ho ascoltata in una serata letteraria:

Giù nel profondo Sud (Mi si spezza il cuore)
Quelli hanno impiccato il mio giovane amore nero
Ad un albero su di un crocevia

Giù nel profondo Sud (Martoriato corpo appeso lassù)
Chiesi al bianco Signore Gesù
A cosa servissero le preghiere.*

A dodici anni sono entrata alla scuola italiana di Atene. Dopo il primo anno difficile, ho capito perché mia madre avesse scelto per me quella scuola. Al muro della nostra aula infatti non era appesa la fotografia di Papadopoulos (il dittatore al potere in quegli anni), e durante le gite scolastiche non cantavamo le canzoni degli scouts,bensì “Bella Ciao" e Fabrizio de André.

Dopo il 1974, con la fine della dittatura,cresciuta con gli ideali democratici della mia famiglia e dei miei professori italiani, per alcuni anni ho scelto l’impegno in politica. Poi è arrivata la delusione. La politica non fa per me, non mi piace. Ma nemmeno la vita tranquilla seduta sul mio divano mi piace.

Nel 2000 Atene aveva già ricevuto molti profughi, soprattutto Curdi dall’Iraq, che chiedevanoasilo politico. Tante organizzazioni hanno cercato di aiutarli. I bisogni di quelle persone non finiscono mai. Con un gruppo di altre persone diventiamo il ponte tra i profughi e la società greca. Ho lavorato come volontaria ad Atene per dieci anni.

Dal 2010 passola maggior parte dell’anno a Lesbo. Con mio marito lavoro nel nostro albergo di famiglia. I nostri ospiti sono turisti provenienti da tutto il mondo. Ma non ci sono solo loro sull’Isola. Ci sono anche stranieri che non sono turisti. Sono profughi. Parlano lingue che nessuno di noi conosce, però quasi tutti giocano a calcio.

Ecco l’opportunità di creare di nuovo un ponte che ci unisca tutti… organizzare un torneo.

Gol! Il giardino del nostro hotel era pieno di voci allegre e facceche ridevano. Fine della gara, inizio dell’amicizia. C’era un’atmosfera di festa: un giorno spensierato per i profughi e di riflessione per i turisti. Il torneo di calcio di turisti e profughi al nostro albergo è ormai diventato un'istituzione. Molti dei nostri ospiti da allora pianificano le vacanze a seconda della data del torneoper non perdersi questa giornata eccezionale.

Siamo arrivati al 2015, e ormai tutti sappiamo quello che è successo. Cosa puoi fare? Aiutare, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo. Sono tante le cose da fare. Credi che tu, che già sai qualcosa, tu che in passato sei stata in contatto con tanti profughi, tu che hai mangiato, hai riso, hai sentito tutte quelle storie terribili e dure, hai condiviso tanto tempo con loro, credi che anche questa volta ce la farai,non ti piegherai, non sarai disperata. Tu sei forte e sai... Ma improvvisamente la verità ti dà uno schiaffo... Sei stanca, disperata, piangi. Senti che tutti i tuoi sforzi non sono che una goccia nell'oceano.

Vi dico la verità, quello che mi ha dato la forza di non smettere di aiutare non sono stati la mia fede o il mio sogno per un mondo migliore, ma i reali bisogni quotidiani di tutte le migliaia di persone che arrivavano ogni giorno sulla nostra isola, non per fare delle vacanze, ma per essere salvate dalla morte che le stava aspettando fuori dalle loro case.

Vi ringrazio dal profondo del mio cuore per l'onore che mi fate e che condivido con tutti coloro che mi hanno sostenuto e con cui ho collaborato in quel periodoterribile: la mia famiglia, i miei amici, la popolazione locale, i turisti, e tanti altri.

Vi saluto e spero che il nostro Giardino continui sempre a crescere, con nuovi alberi e fiori.

*Poesia di Langston Hughes: CANTO PER UNA RAGAZZA NERA, traduzione in www.antiwarsongs.org

Pubblicato in Grecia nel 1967, tradotto da Dimetrios Stavrou (mio zio) 

Daphne Vloumidi

Analisi di

14 marzo 2018

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