Costantino Baratta, lampedusano, muratore e pescatore diportista.
Come molti altri isolani, si trova a dover convivere con la tragedia dei profughi, che sbarcano lungo le coste in condizioni inumane o, nella peggiore delle ipotesi, non vi arrivano vivi; non ha mancato di dimostrare più volte la propria accoglienza e umanità verso i disperati del nostro mare.
Durante la strage del 3 ottobre 2013 (nella quale persero la vita 368 persone) Costantino, che per caso era in mare, uscito con la sua barca la mattina presto per pescare, si è trovato di fronte a un numero incredibile di persone in acqua. Senza un attimo di esitazione, si prodiga insieme ai suoi compagni per caricare a bordo il maggior numero possibile di naufraghi, salvandoli così da morte certa.
“Alcuni reagivano, tossivano l’acqua mista a carburante che avevano ingerito, altri sembravano morti ma noi li abbiamo issati a bordo ugualmente sperando che si potessero salvare”.
Ne ripesca 12, tutti ragazzi eritrei coi corpi nudi e coperti di nafta, li conduce sulla terra ferma, li accoglie a casa propria e li aiuta anche nei giorni successivi.
Baratta è rimasto in contatto con tutti loro, i quali, in fuga da un Paese dominato da un regime autoritario, quando possono, tornano ancora a trovarlo per ringraziarlo di averli strappati a un destino terribile.
Sia prima che dopo questa data indelebile Costantino si è impegnato nell’aiuto dei migranti, diventando una delle figure più rappresentative di soccorso in questa emergenza umanitaria.