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Perché Sarajevo non ha mai avuto un Giardino dei Giusti

di Tatjana Djordjevic

Pubblichiamo di seguito l'approfondimento della BBC serba, firmato dalla giornalista Tatjana Djordjevic, sulla storia di Gariwo e sull'impegno di Svetlana Broz nel promuovere la filosofia dei Giusti nella ex Jugoslavia, nonostante le ferite ancora aperte del conflitto degli anni '90 e il riemergere dei nazionalismi. L'articolo originale in lingua serbo-croata è consultabile a questo link.

"I Giusti non sono né santi né eroi. I Giusti sono uomini e donne che hanno affrontato ingiustizie, guerre o persecuzioni per tutta la vita, scegliendo di aiutare i deboli".

Gabriele Nissim, presidente della Onlus "Gariwo – la foresta dei Giusti" e fondatore del Giardino dei Giusti di Milano, ha sempre creduto che le grandi azioni per l'umanità si realizzino grazie alla gente comune e possano essere un esempio per le generazioni future. Svetlana Broz, nota cardiologa e scrittrice, è una delle persone per i cui meriti è stato piantato uno dei primi alberi del Parco dei Giusti di Milano al Monte Stella.

"Ho sempre creduto che il concetto di persone Giuste dovrebbe diventare universale, anche se a lungo è stato associato solo all’Olocausto. Il nostro parco è simbolo di questo concetto universale", ha detto Gabriele Nissim alla BBC.

Il concetto universale di Giusto

Il libro I giusti nel tempo del male, pubblicato da Svetlana Broz nel 1999, aveva provocato reazioni violente nello stato appena disintegrato. Ciononostante, il famoso scrittore italiano Enzo Bettiza, un buon conoscitore delle vicende dei Balcani, regalò una copia di questo libro al suo amico Gabriel Nissim, che ne fece tesoro.

“Ho incontrato Svetlana Broz a Sarajevo nel 2000 e quell'incontro è stato decisivo per l'apertura del Giardino dei Giusti del Monte Stella a Milano nel 2003”, spiega Nissim.

Grazie a questa idea di Giusto pensato dal noto giornalista e scrittore Gabriele Nissim oltre vent’anni fa, il nome della nipote di Josip Broz Tito fu inserito nel Giardino di Milano insieme a quelli di due grandi uomini: Moshe Bejski, un ebreo polacco, Giudice della Corte costituzionale israeliana e Pietro Kuciukian, armeno che ha costituito un comitato commemorativo dei Giusti del genocidio in Armenia.

Questo Giardino è il primo del suo genere in Europa. Finora sono stati piantati 61 alberi dedicati alle persone Giuste, tra cui Denis Mukwege, ginecologo congolese, vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 2018, Nelson Mandela, uno dei più grandi combattenti anti-apartheid, e Primo Levi, chimico italiano e scrittore sopravvissuto agli orrori di Auschwitz.

Il primo Giardino dei Giusti è nato a Gerusalemme e il suo fondatore è proprio Moshe Bjeski, sopravvissuto all’Olocausto grazie alla famosa lista di Oscar Schindler.

Bejski divenne anche presidente della commissione per i "Giusti tra le nazioni", i cui riconoscimenti vengono assegnati da Israele per rendere omaggio ai membri di altre nazioni che salvarono gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.

Oggi sono 126 i Giardini dei Giusti in Italia e altri tredici nel mondo, nove dei quali realizzati in collaborazione con l'organizzazione Gariwo di Milano.

Un Giardino mai aperto a Sarajevo

Quando Gabriele Nissim e Svetlana Broz si incontrarono a Sarajevo nel 2000, lui la invitò ad accettare l’idea di collaborare per creare Giardini dei giusti in tutto il mondo, istituzionalizzando questa idea.

"È così che Gabriele ha fondato l'organizzazione Gariwo a Milano e io ne ho aperto una filiale a Sarajevo, che dirigo da diciannove anni", ha detto Svetlana Broz alla BBC. Nel 2001, il Consiglio comunale di Sarajevo accettò la proposta di Svetlana di istituire un Giardino di questo genere nella città, che sarebbe stato unico in tutti i Balcani.

"L'idea era onorare tutte quelle persone che avevano rischiato o si erano sacrificati per salvare qualcuno che non apparteneva al proprio gruppo etnico o religioso e per questo erano state vittime di persecuzioni ", sottolinea Broz.

Presto fu istituito un Comitato d’intenti, da lei presieduto, composto dagli intellettuali più eminenti della Bosnia-Erzegovina.

Tuttavia in quello stesso anno, durante una conferenza stampa, uno dei membri del Partito di Azione Democratica dichiarò che se in quel parco fosse stato incluso un albero dedicato a qualcuno non appartenente alla sua etnia, lo avrebbe tagliato personalmente.

A quel tempo Sarajevo era l'unica capitale in Europa che, stando al piano regolatore, non aveva nemmeno un parco. Tutte le aree verdi erano così piccole da essere considerate piazze. Durante i quattro anni dell’assedio della città, i cittadini avevano abbattuto quasi tutti gli alberi per sopravvivere ai brutali inverni.

"Durante quella stessa conferenza stampa, ho detto che nessuno aveva il diritto morale di tagliare un ramo, in quella città della sofferenza, figuriamoci abbattere un albero piantato", ha aggiunto Broz. Nonostante le avversioni negli anni successivi continuò a lavorare alla realizzazione di quell'idea.

Ricevette anche una promessa d’impegno dall'allora preside della Facoltà di Architettura dell'Università di Harvard, che avrebbe realizzato personalmente, insieme ai suoi colleghi e studenti, un progetto completo da donare alla città.

Tutto quello che dovevano fare era inviare loro una planimetria dei venti acri di Betania, l’area in cui era prevista la costruzione.

"A quella richiesta, le autorità cittadine hanno affermato che stessi cercando segreti militari e che non li avrei mai ottenuti. E un funzionario della città mi ha anche detto: ‘Chi è quel signor Harvard e cosa ha in più di noi per regalarci il progetto?'", ricorda Broz.

"Se il parco fosse stato aperto a Sarajevo vent'anni fa, oggi avremmo una generazione di giovani che porterebbero i valori dell'umanità, disposti a sacrificarsi per tutta la vita in nome delle norme morali”, ritiene Broz. "Stabilirebbero questi valori negli ambienti in cui vivono e contribuirebbero a far svanire lentamente le idee nazionaliste e relegarle al passato, impedendo loro di continuare a divampare”.

Un tale Giardino, che non è mai stato aperto, avrebbe dovuto servire i cittadini, in particolare bambini e giovani. I quali, grazie ad esso, avrebbero ampliato le proprie conoscenze sull'umanità e sulle buone azioni che possono essere fatte da tutte le persone, indipendentemente dalla religione o dalla nazione di appartenenza.

Chi sono esattamente i Giusti nelle guerre balcaniche?

Svetlana Broz afferma che sono "tutti coloro che hanno rischiato molto senza ricevere alcun compenso, che hanno varcato i confini etnici e religiosi e hanno aiutato le vittime di persecuzioni su base etnica, religiosa, politica, sessuale o di qualsiasi altro tipo".

"Erano ovunque, eppure su di loro c’è stato silenzio. So per certo che c'erano persone Giuste a Srebrenica durante il genocidio. Ma ancora oggi, venticinque anni dopo il crimine di genocidio, non possiamo parlarne pubblicamente, perché cadrebbero vittime di alcuni membri del loro stesso gruppo, trattati come traditori", ha spiegato Broz, che vede l'attuale situazione in Serbia, Croazia e Bosnia-Erzegovina come "politica di bassissima lega".

"Questi paesi semplicemente non hanno più politici con una visione. Hanno solo cattivi funzionari, anche quando sono nelle posizioni più alte della società. Lo confermano giorno per giorno attraverso dichiarazioni, decisioni e intenzioni…"

Broz ritiene che il problema più grande di tutti i paesi dei Balcani occidentali sia lo stesso da decenni: la criminalità organizzata e la corruzione. "Tutto il resto getta polvere negli occhi", sottolinea.

È preoccupata per i giovani nati dopo le guerre nell'ex Jugoslavia che secondo lei sono "completamente ossessionati dal nazionalismo e dal clericalismo, che portano inevitabilmente al fascismo. Questi giovani sono il prodotto di una combinazione del primitivismo degli ambienti in cui sono cresciuti e delle manipolazioni dei rappresentanti delle comunità politiche e religiose. Non sanno che esistono modelli di vita più sani", osserva Svetlana.

"La loro intolleranza è enorme e la conoscenza è molto scarsa, ed è per questo che rappresentano un reale pericolo: potrebbero essere manipolati per scatenare una guerra, perché nei Balcani tutti gli estremisti di destra non aspettano altro che l'Unione europea giri la testa, così da raggiungere obiettivi folli come la Grande Serbia, la Grande Croazia, la Grande Albania: è tutto così ‘grande’ in un'area così piccola dei Balcani occidentali", sottolinea aggiungendo che questi giovani dovrebbero essere aiutati urgentemente attraverso l’istruzione. "È molto difficile, perché sono nelle mani dei fascisti, che vogliono giovani meno istruiti, così da poter essere facilmente manipolati".

Diffondere la conoscenza delle persone Giuste

Ogni anno, in occasione della Giornata della Memoria dell'Olocausto, così come nella Giornata Internazionale dei Giusti, che si celebra il 6 marzo, il Giardino di Milano è visitato da migliaia di persone, la maggior parte studenti.

Oltre alle visite organizzate in questo memoriale, l'organizzazione Gariwo è attiva nell'educazione degli insegnanti. Nel 2018 l’organizzazione ha firmato un protocollo speciale con il Ministero della Pubblica Istruzione italiano per diffondere la conoscenza del concetto di Giusto.

Da allora è stato lanciato il concorso "Adotta un Giusto", destinato a tutti gli studenti delle scuole primarie e secondarie. Attraverso questa competizione, gli studenti possono scegliere un Giusto e fare ricerche su quella persona. Gli studenti presentano le loro ricerche sotto forma di fotografie, disegni, testi scritti o video.

"Una volta preparata ed elaborata una certa ricerca, si organizzano dibattiti in cui gli studenti sono i protagonisti delle esperienze che hanno vissuto durante lo studio di queste figure", spiega Fabiola Grassi dello staff di Gariwo.

L'anno scorso hanno partecipato a questo concorso più di cento scuole primarie e secondarie e più di duecento opere presentate sono state esposte al Giardino del Monte Stella.

Seminari e conferenze all'insegna del coraggio civico e morale

Gariwo tiene anche numerose conferenze e seminari, i cui docenti si distinguono per il loro impegno nella lotta per la giustizia. Svetlana Broz è una delle ospiti frequenti di queste conferenze.

Il suo impegno nel trasmettere la sua conoscenza ed esperienza sulla diffusione dell'odio nelle guerre degli anni '90, ma anche su come la scelta di rimanere umani sia sempre possibile, anche in tempi disumani, è inestimabile per il pubblico italiano.

"In tempi di terrorismo, crisi dei migranti e guerre, il mondo intero è sensibile ed esposto ai grandi drammi. I giovani nel mondo, e soprattutto in Italia e in Europa, devono imparare dalle esperienze nei Balcani. I giusti sono i loro migliori esempi e insegnanti", conclude Svetlana Broz.

Tatjana Dordevic, giornalista

2 novembre 2020

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