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"Sono nata nel 1969, ma festeggio oggi i miei 25 anni"

Ayaan Hirsi Ali si racconta alla Sueddeutsche Zeitung

Ayaan Hirsi Ali è nata in Somalia all'interno del clan dei Darod ed è fuggita in Olanda nel 1992 per scampare a un matrimonio combinato. La prima parte della sua vita è segnata dall'obbedienza al clan e alla religione islamica, la seconda la porta alla piena indipendenza e a una grande carriera - da donna delle pulizie a deputata. Tuttavia, il suo percorso è segnato dalle minacce dei fondamentalisti, che la considerano un'apostata e - come da titolo del suo più importante libro di testimonianza - un'Infedele. La Sueddeutsche Zeitung - uno dei più importanti quotidiani tedeschi - ha raccolto un suo scritto autobiografico il 23 novembre 2017, di seguito ne proponiamo la traduzione.

Il mio anno di nascita è il 1969, e tuttavia io festeggio adesso il mio 25° compleanno. A luglio di 25 anni fa salii su un treno per Amsterdam e fu il primo passo in una nuova vita. Per me quel giorno è la mia vera data di nascita. Fu il giorno in cui diventai una persona autonoma. Allora non avevo grandi ambizioni. Non sapevo che stavo fuggendo dall'Islam e "volando verso la democrazia". Ero semplicemente una giovane donna che aspirava in qualche maniera a essere se stessa. Quindi andavo a confrontarmi con l'ignoto.

Quando sono arrivata nei Paesi Bassi nel 1992, prima di tutto ho iniziato a cercare la mia strada in un Paese occidentale, abbastanza diverso dal mondo nel quale ero cresciuta e dai posti che conoscevo: la Somalia, il Kenya, l'Etiopia e l'Arabia Saudita. I migranti e rifugiati che oggi vengono in Europa dall'Africa e dal Medio Oriente si trovano davanti alla stessa scelta che io ho affrontato allora: reinventarsi e, per così dire, rinascere oppure rimanere aggrappati al loro vecchio Sé.

Nel momento della mia rinascita ho avuto la possibilità di scegliere: sarei potuta andare in Canada per sposare l'uomo che mio padre aveva scelto per me. Avrei avuto una vita decisa per me da altri. Dalle donne della mia cerchia - mia madre, le mie zie e cugine -  già capivo che cosa questo avrebbe significato: avrei avuto bambini e sarei stata al servizio di mio marito, dipendente da lui sotto tutti gli aspetti. Egli avrebbe avuto il diritto di decidere sulla mia vita, sui miei movimenti e sulla mia libertà di pensiero, limitandola. Tutte le decisioni sul mio essere sarebbero dipese dal suo umore. Ma io ho visto un'altra possibilità. Dove questa stesse effettivamente non lo sapevo, tuttavia preferivo l'idea di compiere le mie scelte e decidere per me stessa. Quindi salii sul treno che mi portò in Olanda, verso una nuova vita...

La mia famiglia si sentì ferita dalla mia decisione. Per tutta la mia infanzia mi avevano ammonito su ciò che accade alle ragazze che vanno via di casa. Tutte storie secondo cui finiscono a fare la prostitute. Questo mi veniva raccontato. Una donna senza marito, in molte zone musulmane dell'Africa e del Medio Oriente, viene vista come proprietà di tutti e di nessuno, a disposizione di ogni uomo. Io volevo dimostrare alla mia famiglia che c'era un'alternativa, una terza via.

Dopo avere affrontato le diverse questioni legali che comporta un soggiorno in un nuovo Paese, nella vita dei neo arrivati entrano soprattutto questioni e sfide molto pratiche. Essi devono imparare una nuova lingua, integrarsi nel nuovo ambiente e prendere confidenza con l'ignota condizione di non sapere bene che cosa ci si aspetta da loro nei vari contesti sociali dove si svolge la loro nuova vita. Tuttavia c'è anche un problema meno visibile, molto più difficile da superare. Si tratta della terribile solitudine, del sentimento di essere arrivati in una no man's land. I migranti e i rifugiati si sono lasciati indietro un mondo noto e si trovano improvvisamente soli e incompresi.

Io ho sperimentato questa "solitudine del migrante". Prima del mio arrivo nei Paesi Bassi non sapevo quasi niente su questo Paese e sui suoi abitanti, ma ho combattuto la situazione di estraneità iniziando a porre domande agli operatori che aiutavano i migranti. Chiedevo: "Come posso iscrivermi a un corso di lingua?", "Qual è il corso migliore?", oppure, "Ho seguito il corso di lingua, come posso accedere adesso a una formazione professionale?.

Mi è stato molto d'aiuto parlare con i giovani volontari, piuttosto che con le autorità statali che dovrebbero sostenere i rifugiati nel loro percorso verso una nuova vita. Ho cominciato a fare amicizia con questi giovani e i loro conoscenti. In questo modo il sentimento di sradicamento e di solitudine si stemperava molto. Passavo i giorni e le sere tra lavoro e formazione, i miei nuovi amici mi chiamavano per uscire a cena o andare al cinema. Così, prima che me ne accorgessi non avevo più tempo di pensare alla mia solitudine.

Se mi guardo indietro, il mio viaggio nei Paesi Bassi è stato per me un'occasione di rinascita, perché, in quanto donna musulmana somala, mi sono sentita come un bambino che apprende i fondamenti di una vita moderna. La mia educazione e le mie origini non mi avevano dato l'indipendenza cui aspiravo, per trovarmi a mio agio nella società occidentale. Nei luoghi dai quali provenivo una donna non decideva di aprirsi un conto in banca, né l'organizzazione della sua giornata, la sua cerchi di amicizie o la sua carriera. La maggior parte delle donne del mio ambiente dipendeva in tutto e per tutto dal marito. Non era padrona della propria vita. Per riuscire a gestire la mia quotidianità nei Paesi Bassi invece, dovevo acquisire nel più breve tempo possibile le necessarie competenze finanziarie, sociali e di pianificazione.

Con l'inizio dei miei studi di Scienze Politiche ha preso il via il viaggio intellettuale che ho compiuto in Olanda. Soprattutto mi affascinavano i corsi di Teoria Politica, Storia olandese e Storia delle Idee. Imparavo a capirmi e a comprendere come si era formata la relazione tra l'individuo e la società nel corso dei secoli in Europa. Io venivo da una società dove l'individuo e la sua realizzazione sono subordinati alla collettività. In Olanda, invece, il singolo riceveva dalla comunità protezione, sostegno e un'identità. Mi sono sentita catapultata nel presente. Ho fatto esperienza del fatto che l'adattamento è doloroso, e tuttavia possibile. Adattarsi non bastava. Volevo sentirmi responsabile del mio destino, indipendentemente dal mio sesso.

Le donne migranti vengono costantemente respinte al confine

Per me il lavoro, qualsiasi lavoro, era un fattore essenziale per la riuscita della mia integrazione nella società olandese. Nei primi sei mesi dopo il mio arrivo nei Paesi Bassi lavorai come operaia non specializzata in diverse fabbriche. E consiglio ai nuovi rifugiati, subito dopo l'ottenimento del permesso di soggiorno, di considerarsi dei migranti economici piuttosto che come delle vittime della guerra e delle persecuzioni.

Compiere le mie personali scelte economiche e finanziarie è stato per me una sfida. Anche perché sia il Corano, sia i detti del Profeta indicano esplicitamente l'interesse economico come un peccato. L'Islam è nato nel contesto castale e clanico, e gli islamisti di oggi trasferiscono i concetti della cultura originaria nelle moderne questioni economiche. Pretendono dai musulmani che il loro denaro non sia speso per i bisogni personali, ma sia spedito in patria, per sostenere le famiglie. In Paesi come l'Olanda, la Germania e gli Usa tuttavia ci si aspetta che ognuno gestisca con oculatezza il suo patrimonio. Ogni individuo deve provvedere a se stesso, avere qualcosa da parte per le emergenze, occuparsi dei propri figli e del proprio futuro. Questa discrepanza di pensiero porta i migranti, specialmente quelli provenienti dai contesti dove vige un sistema di clan, a vivere perennemente in povertà.

Da un corretto rapporto con il denaro nascono anche buone possibilità di pianificare il proprio presente e il proprio futuro. Prima di arrivare in Olanda, non avevo ancora niente a livello previdenziale, né assicurazioni né depositi. Per me, come donna musulmana della Somalia, questi concetti erano del tutto sconosciuti. Nella legge dell'Islam tutto ciò era una grave forma di blasfemia, particolarmente la pretesa di pianificare il proprio tempo. L'unica cosa che un buon musulmano doveva pianificare erano le preghiere, i digiuni e le buone azioni nel nome di Allah. Sia la mia religione che la mia cultura consideravano sbagliato mettere da parte soldi per i propri bisogni futuri. Invece, bisognava dare i soldi ai bisognosi, ai parenti stretti, a quelli a cui le cose andavano peggio, e ai parenti lontani senza lavoro.  Usare il mio primo stipendio prima per chiedere un prestito per lo studio e solo dopo per dare soldi alla mia famiglia era un peccato per il quale Dio mi avrebbe punita. Il mio futuro, la possibilità di stabilire un equilibrio tra i bisogni e i desideri del clan e ciò che era importante per me mi posero una sfida psichica non indifferente, proprio come l'imparare una nuova lingua o svolgere i lavori non qualificati che continuavo a prendere. Queste scelte morali non finivano mai, ricominciavano sempre da capo. Non era facile assumere questo nuovo atteggiamento mentale che per me era estraneo. Tuttavia vorrei incoraggiare i migranti a prendersi questa responsabilità: occuparsi dei propri bisogni.

Dopo l'omicidio di Theo van Gogh 

Quando il regista olandese Theo van Gogh viene ucciso il 2 novembre 2004 ad Amsterdam da un estremista islamico, sotto l'arma del delitto viene trovata una lettera di minacce ad Ayaan Hirsi Ali - che aveva girato con Van Gogh il cortometraggio Submission, Part I, una critica sul ruolo della donna nell'Islam. Nel film vengono proiettati versetti del Corano sul corpo nudo di alcune donne, e vengono mostrate scene in cui alcune donne vengono frustate. I versetti del Corano che vengono mostrati impongono la sottomissione della donna al marito e legittimano la violenza nel caso di non osservanza. 

La pellicola fa indignare moltissimi musulmani nel mondo. Dopo la morte di Van Gogh e la ricezione di nuove minacce, Hirsi Ali deve vivere per un po' negli Stati Uniti in un luogo segreto. Tuttavia non si lascia intimidire e continua il suo lavoro, rinunciando solo per ragioni di sicurezza a girare Submission Part II. Hirsi Ali riceve numerosi premi per il suo lavoro, tra cui il riconoscimento come "europea dell'anno"  e come "una tra le 100 personalità più influenti" della categoria "Leader e rivoluzionari" della rivista Time. 

L'integrazione - prosegue la sua testimonianza - è una faccenda abbastanza difficile anche quando le differenze culturali non sono enormi. A tal proposito è decisivo il comportamento del migrante, e in particolare della migrante. Le donne che vogliono adattarsi alla vita occidentale devono liberarsi dal controllo sociale della loro famiglia allargata, del loro clan e degli estremisti islamici che incontrano nella loro nuova patria. Io ho dovuto ascoltare decine di commenti dei miei vicini, solo perché andavo in bicicletta, per qualcuno mostrando le gambe, o perché portavo le maniche corte. Per poter sfuggire all'osservazione permanente e vivere in piena autonomia, mi sono trasferita il più velocemente possibile dal mio quartiere solo di migranti e sono andata a vivere in una colorata zona mista. 

La maggior parte dei migranti, perfino quelli che si sono integrati con successo in Europa e hanno compiuto scelte giuste, non parlano volentieri dei problemi che hanno avuto all'inizio. Ma più li si sottovaluta e li sminuisce, più diventano enormi. Adattarsi alla nuova società e diventare cittadini indipendenti è un lungo e faticoso processo per ciascun nuovo arrivato. Non farlo può avere conseguenze ancora più pesanti. Non ci sono solo aspetti intrinsechi ai gruppi di migranti, a rendere più difficile l'adattamento e l'integrazione, ma anche aspetti delle istituzioni e dei punti di vista delle società ospitanti. A molti Stati europei spetta il difficile compito di integrare un gran numero di rifugiati. Un discorso aperto e senza sconti sull'integrazione si rende perciò quanto mai necessario.

30 novembre 2017

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