La sua è la voce del movimento delle donne e non solo, che protesta contro la dittatura religiosa degli ayatollah in Iran. Le sue canzoni gli sono valse due volte il carcere e ora rischia la condanna a morte, per quei versi rappati pubblicati su Youtube alla fine di ottobre del 2022, pochi giorni prima di finire nuovamente in prigione: «Il loro crimine è stato danzare con i capelli al vento. Il loro crimine è stato che lui o lei era coraggioso e criticava i 44 anni del vostro regime. 44 come gli anni del vostro fallimento».
Toomaj Salehi è nato nel 1990 in un villaggio di appena 38 abitanti nel distretto rurale di Sardasht, nella provincia del Khuzestan, nella parte più occidentale dell’Iran. Figlio di una famiglia di contadini, la vita nel villaggio di appena sette famiglie gli andava assai stretta. Dopo aver compiuto gli studi di base, grazie ad alcuni conoscenti si sposta nella regione di Isfahan, dove inizia presto a lavorare come operaio in un’azienda metallurgica. Ma la sua vera passione è la musica. Pur con i limiti imposti dal severo regime iraniano, Internet è una risorsa per ogni artista per farsi conoscere nel mondo. Fin dall’inizio, nel 2017, firma i suoi video su Youtube come Toomaj, il suo vero nome che diventa pure il suo nome artistico. La musica è il rap come per tanti della sua generazione. I suoi testi hip-hop prendono subito una piega politica. La critica al regime instaurato da Khomeini, l’invadenza della religione islamica nella vita di ogni giorno, diventano i suoi obiettivi. I testi sono espliciti. Toomaj non fa nulla per nascondersi, in video ci mette la faccia insieme alla voce.
La sua richiesta di estendere le rivolte, di coinvolgere sempre più gente contro il regime, è evidente. Nella canzone «Soorakh Moosh», «Il buco del topo», canta: «Se fai finta di addormentarti mentre spargono sangue... Sappi solo che non abbiamo voti bianchi, non c'è neutralità in questa guerra». La Polizia Morale e le autorità religiose iraniane non ci mettono molto a individuarlo come un pericoloso oppositore. Il 12 settembre 2021, Toomaj Salehi viene arrestato nella sua abitazione di Shahin Shahr, vicino a Isfahan. Le accuse sono esplicite come le sue canzoni: «Propaganda contro il regime e insulti alla suprema autorità religiosa dell’Iran». Il 21 settembre, nove giorni dopo, viene rilasciato sulla parola in attesa del processo. Il 23 gennaio 2022 la Corte Islamica Rivoluzionaria di Shahin Shahr lo condanna a sei mesi di carcere e una multa. A fine luglio viene scarcerato dopo aver espiato la pena, ma la libertà per lui dura molto poco.
Mahsa Amini, la giovane che si rifiutava di indossare correttamente il velo fino a coprire tutti i capelli, muore il 16 settembre 2022 per le conseguenze del pestaggio subito durante il fermo da parte della polizia religiosa. La protesta dilaga da Teheran in tutto il Paese. "Donna, vita, libertà", è molto più di uno slogan che accompagna le proteste. Diventa un inno alla rivolta che coinvolge non più solo le donne ma l’intero Paese, che sembra voglia dare una volta per tutte la spallata definitiva al regime teocratico degli ayatollah. Toomaj è in prima linea, con la sua musica, con i suoi testi, ad incitare la mobilitazione. Scrive una canzone, «Questo è il campo di battaglia», che manda su tutte le furie le autorità religiose. Soprattutto nella parte dove Toomaj canta che questa è la rivoluzione di tutti: «Siamo l’unità dei fiumi, siamo il mare. Atleti e artisti, venditori ambulanti e uomini d’affari, studenti e insegnanti, ingegneri e operai. Gridiamo il diritto e siamo sordi ai dittatori. Donne, libertà, vita. Combatteremo fino alla morte, spalla a spalla, come un muro di difesa. Io credo, come credono i credenti, come una prigione che è stata distorta dalla religione, come un pazzo, che l’Iran non è una preda obbediente per questi criminali».
Tre mesi dopo la sua scarcerazione, poco più di un mese dopo dall’inizio della nuova ondata di proteste, il 30 ottobre 2022 Toomaj Salehi viene nuovamente arrestato nella provincia di Chaharmahal e Bakhtiari. Secondo l’agenzia di stampa governativa Fars «Toomaj è il leader degli scontri che propagano la violenza». Toomaj Salehi è accusato di "attività propagandistica contro il governo, collaborazione con gli oppositori al governo e formazione di gruppi con l’intenzione di creare insicurezza nel Paese". Dal momento del suo arresto il rapper è detenuto nel carcere di Evin, in totale isolamento sin dal primo giorno. I suoi famigliari rivelano che Toomaj viene regolarmente sottoposto a torture. Durante la sua detenzione, il media governativo Young Journalists Club diffonde un video in cui si vede un uomo incappucciato, apparentemente lo stesso Toomaj, che pur sotto stress dichiara di «aver commesso degli errori». L’Associazione di avvocati liberi Articolo 19 ha immediatamente dichiarato che si tratta di una confessione estorta con la forza.
Il 27 novembre 2022 le accuse contro di lui vengono cambiate in modo peggiorativo. Ora è accusato di "Corruzione sulla Terra, per aver diffuso notizie false in larga scala, così da provocare il maggior danno possibile al governo e alle autorità religiose dell’Iran". Per questo reato è prevista la condanna a morte, fa sapere l’agenzia di stampa semiufficiale Isna. Il 3 luglio 2023 si è tenuta la seconda udienza del processo contro il rapper. Tutte le udienze si tengono a porte chiuse e i media non sono ammessi, nemmeno quelli governativi. Il cugino di Toomaj che vive stabilmente a Londra, Azadeh Babadi, ha accusato il regime di aver fabbricato prove false al processo e dichiarato che il rapper non ha nemmeno il diritto di scegliersi un avvocato di fiducia.
La sentenza è arrivata il 10 aprile 2023: 6 anni di e 3 mesi di carcere, dopo 252 days di isolamento.
Mentre il mondo intero, artisti e non solo, protesta contro la sua detenzione illegale , come centinaia di oppositori al regime in questi mesi, rimangono le parole profetiche rilasciate da Toomaj Salehi il 28 ottobre 2022, due giorni prima di finire in carcere, al giornalista Nahayat Tyzhoosh di CBC News. È una sorta di testamento spirituale, che ben si coniuga con il testo delle canzoni di Toomaj. Racconta il rapper nel suo penultimo giorno di libertà: «Anche realizzare dei video è pericoloso, perché diventi immediatamente un obiettivo delle forze governative. (…) Viviamo in un posto orribile. Hai a che fare con una mafia pronta a uccidere l'intera nazione pur di mantenere il potere, i soldi e le armi. (…) In passato, qualcuno tra le forze del regime esitava un po' o rispondeva più tardi prima di colpire le donne, ma ora vediamo che a loro davvero non importa. (…) Non puoi discutere con queste persone. Questo regime è basato e costruito su un'ideologia - un governo islamico - quindi non puoi riformarlo, altrimenti non sarà un governo islamico. Le frustate che riceviamo sono dovute a quell'ideologia. (…) Un Iran libero scende in strada, vede la polizia e si sente al sicuro... È una società in cui non esiste l'apartheid di genere. Un Iran libero è qualcosa di molto semplice e ovvio. Ma senza riforme noi non torniamo indietro».
Fabio Poletti, giornalista, NuoveRadici.world