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Emanuel Ringelblum (1900 - 1943)

L’ uomo che sacrificò la propria vita per salvare la Storia degli ebrei polacchi

Se vi è mai capitato di leggere un libro o guardato un documentario che descrive in dettaglio la vita nel Ghetto di Varsavia durante la seconda guerra mondiale, è in gran parte grazie al lavoro scrupoloso dello storico Emanuel Ringelblum, uno dei principali cronisti del Ghetto e, purtroppo, anche sua vittima.

Nato nella città galiziana di Buchach (ora parte dell'Ucraina) nel 1900, Emanuel, ebreo polacco, è stato politicamente attivo fin dalla giovane età: sionista di sinistra, sviluppò una forte coscienza sociale e una doppia passione per lo yiddish e la storia ebraica e polacca. Da studente universitario, Emanuel fu il co-fondatore del “Circolo dei Giovani Storici” ed entrò a far parte dell'YIVO (l'Istituto per la ricerca ebraica), fondato nel 1925 a Vilnius, ed è ancora oggi attivo. Conseguito, nel 1927, il dottorato (con una tesi sull’ebraismo polacco nel tardo medioevo), presso l'Università di Varsavia, Emanuel continuò a insegnare e, nello stesso tempo, si impognò con le organizzazioni che fornivano assistenza morale e materiale agli ebrei polacchi. Agli inizi degli anni Trenta sposò Judith (Jehudis) Lewit Herman, dalla quale ebbe un figlio: Uri.

L'ascesa al potere di Hitler suonò come una campana a morto per gli ebrei europei e, sebbene stesse a Varsavia, Emanuel la sentì forte e chiara. Da quel momento, iniziò a raccogliere dati e informazioni sulla legislazione antiebraica di Hitler, sul suo impatto e l’opposizione ad essa. In germania divenne dpolitica ufficiale del governo: disprezzare gli ebrei; privarli della loro libertà, cittadinanza e capacità di guadagnarsi da vivere; derubare i loro beni. Emanuel capì presto che le leggi volute da Hitler (sebbene inizialmente applicate solo agli ebrei tedeschi) segnalavano la crescita di un fenomeno potenzialmente catastrofico e comprese, istintivamente, l'importanza di seguirne e studiarne gli sviluppi. 

Quando la Germania invase la Polonia, il 1 settembre 1939, e conquistò Varsavia in soli 27 giorni, sottopose i suoi abitanti alle stesse leggi antiebraiche vigenti in Germania. Allora Emanuel intensificò i suoi sforzi per documentare tutto ciò che avvenne. Raccolse giornali, decreti pubblici, manifesti, fotografie, ecc. Scrisse diffusamente, sotto forma di un diario personale, di tutto ciò di cui fu testimone, oltre a registrare qualsiasi informazione che gli fosse venuta in mente riguardo al destino degli ebrei di Varsavia e dei distretti circostanti. Quando l'orrore si impadronisce di un gruppo di persone, può capitare che l'esperienza individuale venga smorzata e inglobata nell'esperienza collettiva. Emanuel sembrò averlo capito e, per contrasto, si preoccupò di registrare le singole storie: storie di uccisioni, crudeltà, indegnità, profanazioni, vandalismi, umiliazioni e profonda disperazione. Storie che descrivono in dettaglio il feroce impatto che, a livello personale, ebbero ordini burocratici frutto dell'odio patologico. L'istituzione del Ghetto di Varsavia fu annunciata il 12 ottobre 1940 (con un tempismo particolarmente malizioso: essendo lo Yom Kippur). In poco più di un mese, l'intera popolazione ebraica di Varsavia (più di 300.000: un numero che al suo apice sarebbe cresciuto fino a 400.000) fu sigillata in un'area di 3,4 km quadrati. L'istituzione del Ghetto fu un processo straziante, che produsse un grande disorientamento e incredulità che una cosa del genere potesse accadere. Molti furono portati alla follia e altri al suicidio. Il grave sovraffollamento fu il problema principale fin dall'inizio del Ghetto: era sia demoralizzante che potenzialmente letale dal punti di vista sanitario. Tuttavia, la scarsità di spazio vitale presto lasciò il posto al problema più immediato e terribile della fame: il Ghetto ero tagliato fuori, da ogni fonte di cibo reperibile. Si stima che durante i 2 anni e mezzo di esistenza del Ghetto, siano morte (per fame e/o malattie causate dal sovraffollamento e dalle condizioni di vita) circa 83.000 persone. Emmanuel si impegnò altruisticamente nella “Żydowska Samopomoc Społeczna” (ZSS): un'organizzazione del Ghetto creata appositamente per aiutare coloro che stavano morendo di fame.  

Ringelblum raccolse attorno a sè un gruppo di archivisti clandestini per dedicarsi alla raccolta e conservazione di documenti relativi alla vita nel Ghetto e alla distruzione sistematica degli ebrei europei, avvenuta principalmente in Polonia. Il gruppo lo chiamò “Oneg Shabbat” (Delizia dello Shabbath), poiché si incontravano il Sabato pomeriggio. La segretezza per il gruppo era fondamentale, poiché la scoperta delle loro attività non solo metteva a rischio le loro vite, ma anche la distruzione dei documenti che avevano così faticosamente trovato e conservato. Questo perchéi nazisti non intendevano solo distruggere l'ebraismo europeo, ma anche cancellare ogni traccia del loro crimine. “Oneg Shabbat” (composto da scrittori, scienziati, assistenti sociali, rabbini e gente comune) si impegnò perché ciò non accadesse. Per raggiungere il loro obiettivo, scrissero rapporti, tennero diari dettagliati, catalogarono le dichiarazioni di testimoni, archiviarono tutte le notizie raccolte dalle organizzazioni clandestine polacche e conservarono decine di migliaia di testimonianze materiali sull'esistenza del Ghetto: opere d'arte, fotografie, manifesti, poesie, saggi, documenti legali, tessere annonarie, mappe, biglietti, giornali clandestini. Questo lavoro di archiviazione fu un risultato fenomenale, reso ancora più notevole dal pericolo sempre crescente in cui si trovavano tutti gli abitanti del Ghetto con l'avanzare della guerra e il crescere della volontà di Hitler di ammazare tutti gli ebrei. Questo pericolo raggiunse il suo culmine fatale con le deportazioni di massa del 1942 (tra il 22 luglio e il 12 settembre), dopo le quali nel Ghetto rimasero solo 60.000 ebrei. La maggior parte dei 300.000, che furono deportati durante questo periodo, furono inviati nel campo di sterminio di Treblinka e uccisi. Emmanuel, sopravvissuto alle deportazioni, tenne appunti dettagliati di quanto accadeva, registrando l'effetto demoralizzante che i rastrellamenti ebbero sugli abitanti del Ghetto, nonché diversi atti di eroismo. In effetti, lungi dall'andare passivamente al loro destino, quasi tutti i resoconti dei testimoni oculari sopravvissuti alla guerra confermano che molte persone hanno attivamente resistito alla deportazione, nonostante le immediate pericolose conseguenze per la loro vita. Coloro che rimasero nel Ghetto sapevano che era solo questione di tempo prima che anche loro fossero mandati a morire. Questa certezza dette loro la forza di organizzare una resistenza armata, durante la seconda ondata di deportazioni (iniziata il 19 gennaio 1943), e tre mesi dopo alla Rivolta del Ghetto, quando i tedeschi tentarono di liquidarlo. Dopo la seconda ondata di deportazioni, e prima della rivolta, Emanuel e i restanti membri dell' “Oyneg Shabbat” selezionarono i documenti conservati e organizzarono 3 archivi separati (per aumentare le possibilità che almeno alcuni documenti si salvassero, nel caso uno o più archivi fossero stati scoperti e distrutti). I documenti venivano riposti in grandi lattine e scatole di metallo, e sepolti in località segrete all'interno del Ghetto (i documenti relativi ai campi di sterminio e allo sterminio degli ebrei europei furono dati all’organizzazione della resistenza clandestina polacca e fatti uscire di nascosto dalla Polonia).

Alla vigilia della rivolta (nell'aprile del 1943) Rigelblum fuggì dal Ghetto con sua moglie e il giovane figlio e si nascosero nella parte ariana di Varsavia. Una lettera, che scrisse durante questo periodo descrivendo la loro vita in clandestinità, si è salvata: “In un'area di 28 mq. ci stanno 38 persone. Ci sono 14 letti a castello su cui dormono 34 persone. Ciò significa che fino a tre persone dormono su alcune di queste cuccette molto strette: noi due con nostro figlio, che dorme ai nostri piedi. Le restanti quattro persone dormono su culle e barelle poste tra i letti… Il cibo non è male, ma il sovraffollamento è difficile da descrivere. In più ci sono pidocchi e cimici… Solo i primi giorni sono terribili, ma poi tutti si abituano alle condizioni e si manifesta anche dell’ umorismo”. Meno di un anno dopo che questa lettera fu scritta, Emanuel e la sua famiglia furono denunciati alla Gestapo: furono portati via dal loro nascondiglio, ricondotti tra le rovine del Ghetto e fucilati.
Nel 1946 fu scoperto il primo dei 3 archivi tra le rovine di Varsavia. Poi, nel 1950, il secondo fu ritrovato nella cantina di un ex edificio del Ghetto. Il terzo archivio, presumibilmente il più grande, deve ancora essere portato alla luce. Molti sostengono che potrebbe trovarsi sotto l'isolato dove si trova l'Ambasciata della Repubblica popolare cinese, nella ul. Bonifraterska

Emanuel Rigelblum non fu solo uno storico, ma anche una persona profondamente umana, dotata di un profondo senso di altruismo. Allo stesso tempo, la sua acuta comprensione del clima politico e sociale in cui viveva gli permise di prevedere, con precisione, il destino che attendeva gli ebrei di Polonia. Come un moderno Noè, costruì un'arca e la riempì delle voci dei suoi compagni ebrei, prima del diluvio che li avrebbe cancellati dalla faccia della terra. Per molti, l'eco della loro voce che grida per la terribile fine, è la loro unica eredità e sopravvivenza. Un'eredità che Emanuel Ringelblum ha voluto a tutti i costi preservare per le generazioni future: “La completezza era il primo principio del nostro lavoro. L'obiettività era il secondo principio. Aspiravamo a presentare tutta la verità, per quanto dolorosa potesse essere”.

LIBRI:

Emanuel Ringelblum, Sepolti a Varsavia: appunti dal Ghetto, a c. di Jacob Sloan, Castelvecchi, Roma 2013.

Altri materiali sono disponibili a questo link (in lingua inglese)

Giardini che onorano Emanuel Ringelblum

Emanuel Ringelblum è onorato nel Giardino di Varsavia.

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