Il Metropolita Stefan di Bulgaria è una delle figure più carismatiche della Chiesa ortodossa bulgara e forse dell’intera istituzione cristiana della sua epoca. Alto, bell’uomo dalla barba brizzolata, una voce tonante e un grande senso dell’umorismo, è considerato il “meno santo di tutti i partecipanti al Sinodo” della sua Chiesa. È brillante, colto e fieramente indipendente. Nato in un paesino sui Monti Rodopi nel 1878, studia per diventare docente e inizia a insegnare nel suo paese natale, ma subito comincia a opporsi alle autorità e viene accusato di ribellione contro lo Stato, che è allora quello ottomano. Più tardi studia all’Accademia spirituale di Kiev. Al suo ritorno, però, invece di prendere i voti, sorprende il Sinodo iscrivendosi all’Accademia militare, dove è promosso Luogotenente. Viene ordinato sacerdote nel 1910. Quattro anni dopo si oppone all’alleanza di Re Ferdinando con la Germania, che definisce una “politica fatale”. Per proteggere il suo giovane e ribelle sottoposto, l’Esarca Giuseppe lo invia a studiare in Svizzera, dove si laurea all’Università di Ginevra. Torna a Sofia dopo l’abdicazione di Ferdinando. La sua carriera ecclesiastica è molto rapida. Presto Stefan diviene una delle figure più eminenti e controverse di Sofia. Di grande eloquenza, poliglotta, l’illustre prelato è un affascinante uomo di mondo. “Era la delizia dei vignettisti anticlericali” dicono le cronache.
L’apparente frivolezza di Stefan non offusca le
sue grandi qualità di uomo di Chiesa, rispettato e ammirato dai suoi
pari. È profondamente religioso e crede che la presenza di Dio nel mondo
sia rilevante e tangibile.
Quando scoppia la Seconda guerra mondiale, Stefan diventa il nemico
dichiarato dell’alleanza con il Reich. “Solo i pazzi - annota nel suo
diario nell’aprile 1942 - possono cadere nell’isteria che ha preso il
controllo di questo miserabile Fuhrer. Ma dov’è la grande civiltà del
popolo tedesco, se esso si fa comandare dal folle Fuhrer? Non è questa
cultura una fuorviante facciata della furia barbarica della razza
teutonica?”.
Stefan non perde occasione per esprimere le sue
critiche in articoli che spesso vengono censurati e gli causano pesanti
minacce da parte di fascisti e nazisti. Discutendo con un censore, dice:
“Non è vero che sono antitedesco. Ammiro molti tedeschi, come Stefan
Zweig, Thomas Mann e Albert Wasserman”, citando volutamente solo nomi di
ebrei illustri.
Nel settembre 1942 provoca l’ira degli ambienti
fascisti e nazisti predicando apertamente contro l’antisemitismo.
Sostiene pubblicamente che i bulgari debbano considerare gli ebrei come
fratelli.
Nel 1943, mentre l’antisemitismo tedesco si impone in tutta Europa,
Stefan cerca di coinvolgere l’intera Chiesa bulgara nell’opposizione
alla politica nazista e ottiene l’adesione compatta della gerarchia e
dei credenti, che lo sostengono con convinzione.
Il Metropolita di
Plovdiv Cirillo e l'autorevole Neofit di Vidin, presidente del Santo
Sinodo, sono anch’essi fieri oppositori delle misure antiebraiche. Tutti
gli alti prelati firmano una protesta formale al re, minacciandolo
anche di scomunica qualora continui ad approvare le crudeltà naziste.
Cirillo, per impedire la deportazione degli ebrei bulgari, si reca
alla stazione e minaccia di sdraiarsi sui binari. In un altro celebre
episodio affronta senza esitazione una guardia tedesca che gli vuole
impedire di entrare in una scuola dove sono stati raccolti gli ebrei in
attesa della partenza, ai quali dice: “Dovunque andrete verrò anch’io”.
Il 2 aprile 1943 i leader del Santo Sinodo della Chiesa bulgara,
riuniti a Sofia, discutono le politiche filonaziste del governo. Neofit,
che apre l’incontro, si esprime senza mezzi termini: “Gli ebrei sanno
bene che nessuno parla autorevolmente in loro difesa, ma la voce della
Chiesa bulgara, che può anche levarsi più forte, sarà udita… e se la
Chiesa non interviene per difendere questi derelitti possiamo attenderci
solamente più crudeltà, per la quale un giorno il nostro popolo di buon
cuore sentirà vergogna, e dalla quale forse ricaverà altre rovine”. La
discussione prosegue e Stefan la conclude così: “Quando chiediamo alle
autorità dello Stato che colpa hanno gli ebrei di questo Paese, esse non
hanno nulla da dire. Hanno preso tutto agli ebrei, ma quando hanno
tentato di prender loro anche la vita gli ebrei hanno chiesto alla
Chiesa di difenderli. Noi non possiamo rifiutarci. Essi sono sottoposti a
sofferenze inumane”.
L’intervento autorevole della Chiesa rafforza l’iniziativa decisiva
del vicepresidente del parlamento, Dimitar Peshev, che ottiene prima la
sospensione della partenza dei treni per Auschwitz e poi, con una
lettera di protesta firmata da 42 deputati, la cancellazione definitiva
dei piani di deportazione. I 48 mila ebrei della Bulgaria storica sono
salvi.
Solo quelli di Tracia e Macedonia, sotto lo stretto controllo
nazista, non potranno essere sottratti al tragico destino della Shoah.
Nel 1944 i sovietici entrano in Bulgaria. Inizia la dittatura
comunista: il governo entra in conflitto con la Chiesa diretta da Stefan
introducendo il matrimonio civile e cercando di controllare le
gerarchie ecclesiastiche.
Stefan fa sentire la propria voce anche
contro questo regime che, nel 1951, minaccia di rimuoverlo dal suo
incarico e deporta molti sacerdoti ortodossi nei campi di lavoro.
Stefan per protesta si dimette.
Morirà in solitudine nel 1957, relegato in un piccolo monastero.
Segnalato da Gariwo per Wefor