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Metropolita Stefan (1878 - 1957)

uomo di chiesa, nella sua vita si è opposto al nazismo ed alla dittatura comunista

Il Metropolita Stefan di Bulgaria è una delle figure più carismatiche della Chiesa ortodossa bulgara e forse dell’intera istituzione cristiana della sua epoca. Alto, bell’uomo dalla barba brizzolata, una voce tonante e un grande senso dell’umorismo, è considerato il “meno santo di tutti i partecipanti al Sinodo” della sua Chiesa. È brillante, colto e fieramente indipendente. Nato in un paesino sui Monti Rodopi nel 1878, studia per diventare docente e inizia a insegnare nel suo paese natale, ma subito comincia a opporsi alle autorità e viene accusato di ribellione contro lo Stato, che è allora quello ottomano. Più tardi studia all’Accademia spirituale di Kiev. Al suo ritorno, però, invece di prendere i voti, sorprende il Sinodo iscrivendosi all’Accademia militare, dove è promosso Luogotenente. Viene ordinato sacerdote nel 1910. Quattro anni dopo si oppone all’alleanza di Re Ferdinando con la Germania, che definisce una “politica fatale”. Per proteggere il suo giovane e ribelle sottoposto, l’Esarca Giuseppe lo invia a studiare in Svizzera, dove si laurea all’Università di Ginevra. Torna a Sofia dopo l’abdicazione di Ferdinando. La sua carriera ecclesiastica è molto rapida. Presto Stefan diviene una delle figure più eminenti e controverse di Sofia. Di grande eloquenza, poliglotta, l’illustre prelato è un affascinante uomo di mondo. “Era la delizia dei vignettisti anticlericali” dicono le cronache.

L’apparente frivolezza di Stefan non offusca le sue grandi qualità di uomo di Chiesa, rispettato e ammirato dai suoi pari. È profondamente religioso e crede che la presenza di Dio nel mondo sia rilevante e tangibile. Quando scoppia la Seconda guerra mondiale, Stefan diventa il nemico dichiarato dell’alleanza con il Reich. “Solo i pazzi - annota nel suo diario nell’aprile 1942 - possono cadere nell’isteria che ha preso il controllo di questo miserabile Fuhrer. Ma dov’è la grande civiltà del popolo tedesco, se esso si fa comandare dal folle Fuhrer? Non è questa cultura una fuorviante facciata della furia barbarica della razza teutonica?”.
Stefan non perde occasione per esprimere le sue critiche in articoli che spesso vengono censurati e gli causano pesanti minacce da parte di fascisti e nazisti. Discutendo con un censore, dice: “Non è vero che sono antitedesco. Ammiro molti tedeschi, come Stefan Zweig, Thomas Mann e Albert Wasserman”, citando volutamente solo nomi di ebrei illustri.
Nel settembre 1942 provoca l’ira degli ambienti fascisti e nazisti predicando apertamente contro l’antisemitismo. Sostiene pubblicamente che i bulgari debbano considerare gli ebrei come fratelli. Nel 1943, mentre l’antisemitismo tedesco si impone in tutta Europa, Stefan cerca di coinvolgere l’intera Chiesa bulgara nell’opposizione alla politica nazista e ottiene l’adesione compatta della gerarchia e dei credenti, che lo sostengono con convinzione.

Il Metropolita di Plovdiv Cirillo e l'autorevole Neofit di Vidin, presidente del Santo Sinodo, sono anch’essi fieri oppositori delle misure antiebraiche. Tutti gli alti prelati firmano una protesta formale al re, minacciandolo anche di scomunica qualora continui ad approvare le crudeltà naziste. Cirillo, per impedire la deportazione degli ebrei bulgari, si reca alla stazione e minaccia di sdraiarsi sui binari. In un altro celebre episodio affronta senza esitazione una guardia tedesca che gli vuole impedire di entrare in una scuola dove sono stati raccolti gli ebrei in attesa della partenza, ai quali dice: “Dovunque andrete verrò anch’io”. Il 2 aprile 1943 i leader del Santo Sinodo della Chiesa bulgara, riuniti a Sofia, discutono le politiche filonaziste del governo. Neofit, che apre l’incontro, si esprime senza mezzi termini: “Gli ebrei sanno bene che nessuno parla autorevolmente in loro difesa, ma la voce della Chiesa bulgara, che può anche levarsi più forte, sarà udita… e se la Chiesa non interviene per difendere questi derelitti possiamo attenderci solamente più crudeltà, per la quale un giorno il nostro popolo di buon cuore sentirà vergogna, e dalla quale forse ricaverà altre rovine”. La discussione prosegue e Stefan la conclude così: “Quando chiediamo alle autorità dello Stato che colpa hanno gli ebrei di questo Paese, esse non hanno nulla da dire. Hanno preso tutto agli ebrei, ma quando hanno tentato di prender loro anche la vita gli ebrei hanno chiesto alla Chiesa di difenderli. Noi non possiamo rifiutarci. Essi sono sottoposti a sofferenze inumane”. L’intervento autorevole della Chiesa rafforza l’iniziativa decisiva del vicepresidente del parlamento, Dimitar Peshev, che ottiene prima la sospensione della partenza dei treni per Auschwitz e poi, con una lettera di protesta firmata da 42 deputati, la cancellazione definitiva dei piani di deportazione. I 48 mila ebrei della Bulgaria storica sono salvi.
Solo quelli di Tracia e Macedonia, sotto lo stretto controllo nazista, non potranno essere sottratti al tragico destino della Shoah. 

Nel 1944 i sovietici entrano in Bulgaria. Inizia la dittatura comunista: il governo entra in conflitto con la Chiesa diretta da Stefan introducendo il matrimonio civile e cercando di controllare le gerarchie ecclesiastiche.
Stefan fa sentire la propria voce anche contro questo regime che, nel 1951, minaccia di rimuoverlo dal suo incarico e deporta molti sacerdoti ortodossi nei campi di lavoro. Stefan per protesta si dimette. 

Morirà in solitudine nel 1957, relegato in un piccolo monastero.

Segnalato da Gariwo per Wefor

Giardini che onorano Metropolita Stefan

Metropolita Stefan è onorato nel Giardino di Yad Vashem.

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