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"Più in là del proprio dovere"

i diplomatici spagnoli che salvarono gli ebrei

"Más allá del deber”, più in là del proprio dovere. È il titolo di una mostra allestita nel Palazzo di Santa Cruz di Madrid, dedicata ai diplomatici spagnoli che durante la Seconda guerra mondiale soccorsero gli ebrei perseguitati fornendo loro documenti falsi, nascondendoli o aiutandoli a fuggire.

“Nei momenti in cui la natura umana sembrava raggiungere i suoi attimi più bui, ci sono state persone la cui forza morale e capacità di sacrificio in nome del bene comune ha salvato tutti noi” - ha dichiarato il Ministro degli Esteri spagnolo, García-Margallo, durante l’inaugurazione della mostra.

L’esposizione è il frutto di due anni di indagini, promosse dallo stesso Ministero degli Affari Esteri, sull’attività di oltre 120 diplomatici spagnoli, ed è stata curata da José Antonio Lisbona, esperto di relazioni tra la Spagna e le comunità ebraiche. Da queste ricerche, che il prossimo anno saranno raccolte in una pubblicazione, sono emerse 18 figure di consoli, ambasciatori o incaricati d’affari che hanno salvato oltre 8mila ebrei durante l’Olocausto.

Nella mostra compaiono nomi già noti, come quello di Ángel Sanz Briz, “l’Angelo di Budapest” che insieme a Giorgio Perlasca soccorse gli ebrei ungheresi, o di Sebastián de Romero Radigales, che da Atene operò per aiutare gli ebrei greci, ma anche quelli di uomini che, non avendo mai raccontato ciò che avevano fatto, con il tempo sono stati dimenticati. Tra questi, anche il bisnonno e il nonno dell’ex sindaco di Madrid, oggi Ministro della Giustizia, Alberto Ruiz-Gallardón. Il suo bisnonno, José Rojas y Moreno, conte di Casa Rojas, salvò la vita e i beni di decine di ebrei spagnoli dalla sua ambasciata a Bucarest, dove operò contando anche sull’appoggio di suo figlio, che allora lavorava come incaricato d’affari. Grazie ai loro contatti con le autorità romene, i due riuscirono a non far applicare le norme antisemite ai 110 ebrei spagnoli che vivevano nel Paese”.

Scorrendo tra gli altri nomi, si scoprono anche le storie dei Consoli generali a Milano Luis Martìnez Merello y del Pozo e Fernando Canthal, che dal 1937 al 1945 si impegnarono per la salvezza dei loro “connazionali ebrei” - come li chiamava Merello - arrivando anche a manifestare apertamente contro le leggi razziali di fronte alle autorità milanesi. Un ruolo particolare spettò soprattutto a Canthal, esperto di diritto internazionale e Console a Milano tra il 1943 e il 1945, che riuscì a soccorrere i perseguitati anche durante lo spinoso periodo della Repubblica di Salò. L’uomo infatti sfruttò l’influenza che aveva su Mussolini - che arrivò a chiedergli di negoziare con gli inglesi a Berna, dove Canthal aveva operato negli anni precedenti, la sua resa o la fuga della sua famiglia attraverso la Spagna - per aiutare gli ebrei a lasciare l’Italia, basandosi sull’aiuto dei partigiani della zona di Lecco.

“Il loro intervento individuale va oltre al semplice dovere professionale - ha spiegato Lisbona - Guidati solo dalla loro coscienza, senza consultarsi con il loro governo ma anzi spesso contro le direttive ufficiali delle autorità spagnole, rischiarono la vita e la carriera per la difesa dell’essere umano. La maggior parte di loro ha mantenuto il segreto su queste attività, non parlando nemmeno alle loro famiglie del bene compiuto, ma in questo modo i loro nomi sono rimasti nell’anonimato. È quindi nostra responsabilità preservare e portare avanti la loro eredità morale”.

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