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"Chi nega non ignora"

intervista a Donatella Di Cesare

Dopo una lunga navette con il Senato, la Camera ha approvato la legge che inserisce nell’ordinamento penale italiano il reato di negazionismo - sulla scia di altri Paesi europei come Austria, Belgio, Germania, Portogallo, Francia, Spagna, Svezia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Ungheria, Lussemburgo e Svezia.

È quindi prevista la reclusione da 2 a 6 anni per la propaganda, l’istigazione e l’incitamento all’odio fondata "in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra" come vengono definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale.

I negazionismi oggi sono una galassia molto estesa, che si è evoluta nel tempo trasformando non tanto i contenuti, quanto piuttosto le modalità di diffusione. Oggi il fenomeno trova terreno fertile soprattutto sul web, lo spazio pubblico più frequentato dai giovani e dove la ricerca dei dati, l’analisi delle fonti, la valutazione critica tendono a stemperarsi. In un’epoca di “arbitrio deresponsabilizzato” - come l’ha definita Giuseppe Laras, Presidente del Tribunale Rabbinico Centro Nord Italia - e di sospetto sistematico, il negazionismo trova quindi nella Rete un fortissimo veicolo di diffusione.

Ne abbiamo parlato con Donatella Di Cesare, filosofa e Docente all’Università La Sapienza di Roma, che ha seguito da vicino l'iter della legge. 

Si tratta di un argomento delicato, che ha visto svilupparsi in questi anni una profonda riflessione sulla libertà di espressione. Cosa ne pensa?

Sono intervenuta nel 2012 con il mio libro, Se Auschwitz è nulla, sostenendo fin dall’inizio che, con questa legge, non si trattava di limitare la libertà di opinione. La negazione della Shoah, infatti, non è un’opinione ma una sfida politica.
Il negazionismo della Shoah è un fenomeno politico, in continuità con l’annientamento del passato e rivolto al futuro, in particolare alla delegittimazione di Israele. I nazisti sono stati i primi a negare la Shoah, cercando di cancellare i crimini commessi, e oggi parlare di negazionismo significa parlare di un progetto politico che si colloca volutamente al di fuori della democrazia.

Se la Shoah fosse una truffa, una favola che gli ebrei raccontano, questo significherebbe che gli stessi ebrei avrebbero “abusato” di quella favola per poter creare lo Stato di Israele - che quindi non sarebbe legittimato, non avrebbe ragione d’essere.

Parlare di chi nega la Shoah apre anche il tema della condanna del negazionismo di altri genocidi - primo tra tutti quello armeno, riconosciuto lo scorso 2 giugno dal Parlamento tedesco

Si è creato il tema del confronto con altri genocidi, ma in realtà non c’è confronto. Se ci riferiamo ad esempio al genocidio armeno, che è genocidio, bisogna ricordare che al di là del governo turco, tale sterminio è riconosciuto ovunque. Non si può invece dire lo stesso del negazionismo della Shoah, che è un fenomeno purtroppo diffuso in tutto il mondo e su cui si deve riflettere… Basti pensare al negazionismo di Stato dell’Iran.

Con laffermazione di Internet il negazionismo ha ricevuto una visibilità più ampia. La rete è un potente strumento di diffusione delle teorie negazioniste, ma non è lunico terreno in cui tale fenomeno si sviluppa. Quali risposte fornisce la legge appena approvata dalla Camera?

Questa legge si muove esattamente in questa direzione, offrendo una tutela ai più giovani non solo in rete, ma anche all’interno del mondo delle scuole e delle università. L’Italia è un Paese che fa tanto per la memoria della Shoah, e ora ha uno strumento in più per poter intervenire laddove ci siano anche docenti che negano la Shoah. Questo non significa limitare la ricerca… Quando parliamo di storia non stiamo parlando di scienza, non siamo in presenza di una realtà oggettiva. La storia è un racconto condiviso, e questa legge non impedisce di approfondirlo, anzi al contrario ci aiuta a farlo. Ho sempre sostenuto che i negazionisti non sono dei ricercatori, poiché il loro fine ultimo è destabilizzare la società democratica. Non dobbiamo mai dimenticare, soprattutto in Italia, che le nostre democrazie europee sono nate dopo Auschwitz, dopo fascismo e nazismo. Chi nega non ignora, sa bene cosa è avvenuto, e non si può legittimare queste persone.

Martina Landi, Responsabile del coordinamento Gariwo

10 giugno 2016

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