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Ho corso il rischio: volevo essere la voce del mio popolo, delle donne e dei bambini afghani

Intervista a Rahel Saya

Rahel Saya è un'attivista e giornalista afghana, in Italia da qualche settimana, fuggita dell'Afghanistan grazie e un'operazione internazionale di soccorso. Nell'ambito della sua attività, ha molto criticato i talebani, specialmente per la loro condotta riguardo i diritti di donne e bambini. Per questo, ha corso un grosso rischio. Di seguito l'intervista che le abbiamo fatto.

Sono passate alcune settimane da quando sei arrivata in Italia. Come ti trovi qui?

Sono in Italia da circa sei settimane, il viaggio che mi ha portato qui è stato molto difficile. 
Ho dovuto lasciare l'Afghanistan, il Paese in cui sono nata e ho studiato
, e penso che ci vorrà molto tempo perché io posso trovare qui la mia dimensione, devo ricominciare da capo. La vita, la lingua, le lezioni e tutte le cose che contano nella vita di una persona devono ricominciare.

Puoi raccontarci qualcosa della tua esperienza di giornalista in Afghanistan? Hai rischiato molto per le tue critiche ai talebani... come hai trovato il coraggio?


La voce di un giornalista è la voce delle persone, della società. Io volevo essere la voce della mia gente, in particolare quella delle donne e dei bambini afghani, e dire la verità a tutti. Sì, ho corso il rischio, ma amavo il mio lavoro. Non mi sono mai arresa e non mi arrenderò mai.

Sei arrivata in Italia attraverso un'operazione di salvataggio internazionale. Ti va di raccontarci quei momenti?

Ho potuto lasciare l'Afghanistan attraverso un'operazione di salvataggio internazionale, molte persone mi hanno aiutato e non dimenticherò mai la grande cooperazione che hanno messo in atto per me.
Ho lasciato l'Afghanistan, ma non dimenticherò quello che è accaduto... i ricordi dal momento dell'arrivo dei talebani fino alla notte in cui sono andata all'aeroporto. Anche se lo volessi non potrei. 
Non dimenticherò i giorni che passavo a casa, i giorni in cui mia madre pregava per me
, versando lacrime e confortandomi. Lei è stata più di una madre nella mia vita, come un angelo, le devo il dono della gentilezza. Quando sono arrivata all'aeroporto la situazione era peggiore di quella che avevo visto e sentito al telegiornale, tutta la gente aspettava da giorni fuori dell'aeroporto per lasciare l'Afghanistan. Ho visto donne e bambini... avevo il cuore spezzato. Non avrei mai voluto vedere il mio Paese così.
Ero arrabbiata, mi chiedevo perché dovesse accadere a noi, perché siamo nati in un Paese chiamato Afghanistan. So che ci sono problemi in ogni Paese, in ogni mondo e anche in ogni famiglia, ma la situazione terribile in Afghanistan è diventata la vita quotidiana per la gente di questo Paese.

Sei ancora in contatto con i giornalisti afghani rimasti a Kabul? Che notizie hai?

Sì, molti attivisti e giornalisti della società civile sono rimasti a Kabul e continuano spesso a interpretare male la situazione. Stanno ancora resistendo e combattendo, vogliono ancora informare, ma non c'è alcuna garanzia che torneranno a casa sani e salvi. Sono in grave pericolo.

Un tuo pensiero: La libertà è poter scegliere per se stessi. Cosa diresti a chi vuole “aiutare” le donne musulmane scegliendo per loro, “liberandole”, ad esempio, dal velo?

Uguaglianza
, libertà e rispetto, finché le donne in Afghanistan non acquisiranno queste tre componenti, non avranno alcuna possibilità di vivere una vita dignitosa.
Tutti dovrebbero sapere che le donne afghane hanno pari diritti nella società, in modo che non vengano ignorate, lasciate all'ombra della libertà. Così le donne potranno alzare la loro voce, dare voce alle loro richieste. La dignità umana è rispettata se le donne possono fare parte della società e partecipare alla vita pubblica.

Di cosa hanno realmente bisogno le donne afghane ora?

Le donne afghane hanno bisogno di sostegno e cooperazione, hanno bisogno di luci accese, di associazioni per i diritti umani e organizzazioni governative e non governative che le sostengano e facciano qualcosa per loro.

Senti una responsabilità in questo momento in cui hai la possibilità di dare voce a chi non ce l'ha? Cosa 
senti più urgente dire?

Continuerò a lavorare per dare voce al mio popolo, in modo onesto e vero, continuerò a essere la voce delle donne. 
Ciò che va detto è che il futuro delle donne in Afghanistan non è affatto chiaro. I talebani non cambieranno dall'oggi al domani. Il loro obiettivo è tenere le donne a casa, non mandarle a scuola o al lavoro. Pertanto, è responsabilità della comunità internazionale non lasciare l'Afghanistan e non lasciare che i talebani infrangano tutti i nostri sogni e le nostre aspirazioni.

Joshua Evangelista, Responsabile comunicazione Gariwo e Helena Savoldelli, Redazione Gariwo

2 novembre 2021

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