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Italia-Tunisia, un legame rafforzato dai Giusti

intervista a S.E. Ambasciatore Raimondo De Cardona

S.E. Ambasciatore Raimondo De Cardona

S.E. Ambasciatore Raimondo De Cardona

In un tempo segnato da conflitti e divisioni, ha un grande valore morale e politico la creazione di un nuovo Giardino dei Giusti a Tunisi - iniziativa nata dalla collaborazione tra Gariwo e il Ministero italiano degli Affari Esteri.

Con i primi alberi, dedicati a Mohamed Naceur ben Abdesslem, Khaled al-Asaad, Mohamed Bouazizi, Khaled Abdul Wahab e Faraaz Hussein, si ricorda il coraggio di quanti hanno difeso la dignità umana di fronte a persecuzioni, totalitarismi e fondamentalismi.

La scelta della Tunisia come primo Paese arabo in cui far sorgere un Giardino dei Giusti non è casuale: nonostante la crisi economica e la continua minaccia del terrorismo, la Tunisia è infatti l’unico Paese in cui la rivolta del 2011 si è conclusa con l’affermazione della democrazia come argine al fondamentalismo.
Tunisi ha scelto la strada dei diritti civili e della separazione tra politica e religione, come ha dimostrato anche l’ultimo congresso del partito di ispirazione islamica Ennahda.

Il nuovo Giardino dei Giusti sorgerà all’interno dell’Ambasciata italiana diretta da S.E. Ambasciatore Raimondo De Cardona, con cui abbiamo parlato del significato di questa iniziativa.

Il Giardino dei Giusti di Tunisi è il primo in un Paese arabo. Cosa significa per lei?

È sicuramente una grande soddisfazione. L’idea del Giardino, luogo di pace e di memoria, è un’idea ampia e universale, della quale sono infinitamente grato a Gabriele Nissim. Sono anche molto felice della reazione che ha avuto Abdessatar Ben Moussa, presidente della Lega tunisina dei Diritti dell’Uomo e Premio Nobel per la Pace, che ha subito aderito con entusiasmo all’iniziativa. Inoltre trovo riscontri anche da parte di un pubblico più allargato, un plauso generale per il luogo che stiamo per inaugurare, e questo non può che essere per tutti noi motivo di grande orgoglio e soddisfazione.

Con l’albero dedicato a Khaled Abdul Wahab, per la prima in un Paese arabo vengono ricordati gli arabi che hanno salvato gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Qual è il valore di questo riconoscimento?

Noi sappiamo bene che la Tunisia è un Paese che ha fatto delle scelte importanti cinque anni fa: ha intrapreso la strada della democrazia, ha scelto di privilegiare i diritti civili e l’importanza dell’individuo. Tutto questo naturalmente alimenta la propensione a valorizzare questa forma di altruismo che è tipica delle azioni dei Giusti.
La storia di Khaled Abdul Wahab, che a Mahdia ha difeso gli ebrei durante l’occupazione nazista, è un esempio della grande tradizione dei tunisini, popolo generoso e coraggioso che proprio per queste caratteristiche è riuscito a rompere il cerchio del totalitarismo e a lanciarsi oggi in una positiva esperienza democratica.

Proprio parlando di questa esperienza, crede che la Tunisia possa essere considerata un modello di progresso democratico per l’intera regione?

Certamente sì. I tunisini sono molto orgogliosi di quello che sono riusciti a fare, anche se tendono a marcare la loro unicità. Non dobbiamo dimenticarci che in Tunisia è presente una singolare combinazione di fattori favorevoli - la qualità della vita della sua popolazione, il livello di istruzione, la sua tradizione fortemente laica - che hanno consentito alla democrazia di attecchire in modo positivo. Gli stessi tunisini sono però consapevoli di trovarsi in una regione con situazioni molto diversificate, che più difficilmente possono offrire lo stesso tessuto di base in grado di favorire l’affermazione democratica.

L’inaugurazione di un Giardino dei Giusti a Tunisi è anche l’occasione per celebrare il forte legame esistente Italia e Tunisia…

Assolutamente sì. L’Italia è sempre stata molto vicina - non solo geograficamente, ma anche idealmente e nelle azioni - alla Tunisia. Basti pensare che, nel marzo 2014, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi decise di compiere il suo primo viaggio all’estero proprio in Tunisia, marcando questo forte legame tra Roma e Tunisi. Il nostro impegno nel Paese ha subito un’accelerazione con l’avvio della transizione democratica, all’inizio del 2011, e la creazione del Giardino dei Giusti di Tunisi si inserisce quasi fisiologicamente in questa tradizione.

Tra le figure onorate al Giardino di Tunisi ci sono anche Khaled al-Asaad, Hamadi ben Abdesslem e Faraaz Hussein, protagonisti della resistenza al fondamentalismo. Sono “Giusti del nostro tempo”. Anche alla luce degli attuali scenari internazionali, secondo lei chi sono i Giusti oggi?

Credo che i Giusti siano una categoria di persone che trascende le epoche. Sono gli uomini e le donne che, mossi da una dose di realismo fuori dal comune, decidono di applicare i loro criteri del bene in modo concreto, mettendosi in gioco personalmente - anche fino alle estreme conseguenze. Questa categoria di persone, io credo, è sempre esistita, ed é bene ricordarci che anche oggi, in un’epoca materialista e distratta da tante piccole cose, questo sentimento di grande sacrificio per la giustizia continua a sopravvivere negli esseri umani.

Purtroppo gli ultimi tempi sono stati segnati da episodi terribili - da Istanbul, a Baghdad, a Dacca, dove sono morti anche molti nostri connazionali. Quale messaggio può partire secondo lei dall’inaugurazione di un Giardino dei Giusti, un luogo della memoria, contro il fondamentalismo e il terrorismo?

Contro questi fenomeni la risposta deve essere una sola: la risposta di una civiltà che non si lascia scuotere, che con i nervi saldi e con lucidità porta avanti la propria vita, vincendo la paura. È importante che le reazioni a quanto accade avvengano in modo sereno e pacato, senza perdere la calma, convinti della superiorità dei valori della vita, della bellezza, della democrazia e dell’umanità rispetto a quelli di coloro che diffondono odio e distruzione.

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