Gariwo
https://it.gariwo.net/interviste/la-riforma-dellultradestra-israeliana-e-una-profanazione-dellebraismo-26446.html
Gariwo

“La riforma dell’ultradestra israeliana è una profanazione dell’ebraismo”

intervista al rabbino Roberto Arbib, da Tel Aviv

Il giornalista Riccardo Michelucci sta seguendo da Tel Aviv le proteste contro la nuova riforma della giustizia e i movimenti di civili e comunità che vedono in quest'ultima una minaccia alla democrazia israeliana. In questa intervista, ci mostra un punto di vista all'interno del mondo religioso ebraico, quello del rabbino Roberto Arbib, su quello che sta accadendo.

In Israele la domanda che si fanno tutti è cosa accadrà adesso. Oltre sette mesi di proteste popolari di piazza non sono bastate a fermare la riforma della giustizia voluta dal governo Netanyahu. L’incertezza sul futuro del Paese si percepisce chiaramente anche nelle stanze del centro culturale ebraico del quartiere Neve Tzedek di Tel Aviv, uno dei luoghi-chiave dell’ebraismo progressista “conservative”. Il rabbino Roberto Arbib, di origini italiane, ci ha accolto all’interno del centro mostrandoci la moderna sinagoga realizzata in un edificio che fino agli anni ‘30 era di proprietà dell’ordine dei Templari, e ospitava le riunioni dei nazisti. In queste settimane anche Arbib è sceso più volte in piazza per manifestare il proprio dissenso nei confronti di una legge che – sostiene - “cambierà completamente la democrazia israeliana”. Adesso che è stata approvata dalla Knesset percepisce grande sconforto e rabbia da parte della gente, “come se questo governo di ultradestra avesse tradito gli ideali sui quali avevamo edificato lo stato di Israele e ci avesse privato del sogno di un Paese liberale per sostituirlo con un progetto nazionalista”.

Cosa rappresenta questa riforma per lei?

La considero una profanazione dell’ebraismo e della stessa Torah, che per me dovrebbe essere sinonimo di giustizia e di equità. La riforma e l’estremismo di questo governo di ultradestra, invece, vanno esattamente nella direzione opposta. Essere stati eletti dalla maggioranza degli elettori non dà loro il diritto di cancellare la democrazia. Vogliono stravolgere completamente quello che è stato Israele nei suoi 75 anni di storia facendo venir meno il compromesso tra laici e religiosi. Ormai questo governo non rispetta più la volontà della stragrande maggioranza della popolazione. La Corte Suprema rappresenta un potere di garanzia imprescindibile per la nostra democrazia. Inoltre, è del tutto inaccettabile obbligare i ragazzi a studiare la Torah nelle scuole e continuare a sostenere gli ultra-ortodossi che non lavorano e non vogliono svolgere il servizio militare. Io pago le tasse e mando i miei figli nell'esercito, mi chiedo perché a loro debba essere riservato un trattamento diverso.

Cosa succederà adesso? E quali sono i maggiori rischi per il Paese?

C’è grande incertezza sul futuro ed è assai difficile immaginare cosa accadrà nei prossimi mesi. La legge passata alla fine di luglio non è che l’inizio, il governo pare intenzionato ad andare avanti anche con una maggioranza risicata. Il pericolo più grande è che queste manifestazioni, finora svolte per trenta settimane in modo perlopiù pacifico in tutto il paese, possano sfociare nella violenza o essere represse con la forza da parte delle forze dell’ordine. Ed esiste il rischio serio che si crei una frattura insanabile all’interno della società. Figure-chiave come i riservisti dell’aviazione e dell’esercito hanno già deciso di ritirarsi per protesta e già questo mina alle basi della società israeliana. Inoltre le iniziative del governo stanno creando instabilità nel Paese, e ciò avrà ripercussioni gravi sulla nostra economia. Alcune banche estere hanno cominciato a dire che Israele sta diventando fragile sul piano economico e consigliano di non investire più sulle aziende israeliane. Eppure al momento il governo non sembra preoccuparsene. Di questo passo temo che molte persone preferiranno lasciare Israele per andare a vivere all’estero, in particolare quelli che non hanno particolari motivi ideologici per restare. Penso innanzitutto a coloro che sono arrivati dall’ex Unione Sovietica dal 1991 in poi, i cui figli hanno contribuito allo sviluppo economico e sociale del nostro Paese ma non hanno legami forti con Israele come chi ha fatto le guerre degli ultimi settant’anni, e possono quindi andarsene altrove senza grandi rimorsi o rimpianti.

Questi mesi di manifestazioni incessanti, spontanee e partecipate da tutti i settori della società civile possono rappresentare una segnale di speranza nel futuro?

Personalmente mi sono commosso nel vedere una presa di coscienza così massiccia da parte di persone diverse per età, estrazione sociale e idee politiche che sono scese in piazza a manifestare con grande senso di responsabilità. Mi ha ricordato quando eravamo tutti intorno al monte Sinai per ricevere la Torah, come un uomo solo. Negli ultimi vent’anni il progresso economico ci ha portati sempre più verso l’individualismo e ha fatto venir meno un senso di responsabilità nei confronti del paese. Ma se riusciamo a superare la grande paura, questa fase può rappresentare anche una grande opportunità per creare un futuro migliore per le nuove generazioni, una società in cui si possa vivere a fianco anche di chi ha idee politiche differenti dalle nostre.

Lei è molto attivo nel dialogo interreligioso. Una parte minoritaria dei manifestanti contro la riforma della giustizia sostiene che l’occupazione dei Territori palestinesi è incompatibile con una vera democrazia. Cosa pensa in proposito?

È vero, Israele occupa la Cisgiordania dal 1967 e non ha dato ai palestinesi la possibilità di legittimarsi e di vivere una vita normale. Ma anche loro hanno alcune colpe, perché si sono fatti portare fuori strada da una leadership intransigente e le loro frange più estreme sono sempre vicine all’Iran, che com’è noto vorrebbe da tempo distruggere Israele. Il muro della West Bank ha aumentato la sicurezza perché negli ultimi anni gli attacchi terroristici si sono fermati ma i muri possono essere anche abbattuti, quando sarà il momento. Ma non ci sarà mai soluzione finché non troveremo il modo di vivere insieme pacificamente.

Le pressioni internazionali possono servire per fermare dall’esterno la deriva autoritaria del governo Netanyahu?

Credo che le pressioni debbano arrivare più dall’interno che dall’esterno. E per fortuna le proteste stanno andando avanti e non di fermeranno. Molte componenti importanti della società israeliana, penso al mondo dell’economia, del lavoro, della politica e dell’esercito, si sono già schierate in modo deciso contro la riforma. Penso che alla fine il governo sarà costretto a fermarsi perché Israele non può avanti senza il contributo di chi dà un apporto decisivo alla sicurezza dello Stato. Quando si cominceranno ad avere ripercussioni serie sull’economia il governo capirà che è giunto il momento di fare marcia indietro e di fermarsi prima di farci cadere nel baratro, in una strada senza ritorno.

Riccardo Michelucci, giornalista

1 agosto 2023

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!

Scopri tra le interviste

carica altri contenuti