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"Onorare i Giusti è molto importante per l'umanità"

intervista a Dyana Shaloufi Rizek

Dyana Shaloufi Rizek con Yair Auron, alcuni membri della comunità di Neve Shalom e i co-fondatori di Gariwo Gabriele Nissim e Pietro Kuciukian

Dyana Shaloufi Rizek con Yair Auron, alcuni membri della comunità di Neve Shalom e i co-fondatori di Gariwo Gabriele Nissim e Pietro Kuciukian (Gariwo)

Dyana Shaloufi Rizek dirige il Museo di Neve Shalom- Wahat el Salam ("oasi di pace" in ebraico e in arabo), villaggio cooperativo formato da israeliani e palestinesi che cercano di costruire una convivenza pacifica e maniere innovative di risoluzione dei conflitti. La comunità ha ora una scuola bilingue e bi-nazionale, un centro di spiritualità pluralista e un Giardino dei Giusti da cui è nata "Gariwo Israele". 

Il 31 maggio celebrate i giusti musulmani di un villaggio del Caucaso che salvarono 32 bambini ebrei. Ci racconta la storia?

Nel 1942, durante la guerra, gli abitanti di Bsaline, un villaggio circasso musulmano nel Caucaso, decisero di salvare 32 bambini ebrei adottandoli e registrandoli nelle carte d’identità di alcuni loro residenti, che erano d’accordo nel compiere questo atto di salvataggio. La cosa più straordinaria è che nessun abitante rivelò dove si trovassero i bambini all’esercito nazista che pattugliava i dintorni del villaggio e vi entrò perfino, minacciando i residenti. Di fatto, il prof. Yair Auron di Neve Shalom – Wahat el Salam apprese di questa storia alcuni anni fa, visitò il villaggio e scrisse un nuovo libro su di esso, che è appena stato pubblicato­. Il 31 maggio onoreremo i circassi che hanno salvato le vite dei 32 bambini ebrei. Ci saranno due ospiti dal villaggio del Caucaso per raccontare ciò che sanno della vicenda e portare la loro testimonianza. Solo tre persone di quell’epoca sono rimaste in vita e sono troppo anziane per recarsi al nostro evento. Alcune persone di Cfar Kama, un villaggio circasso in Galilea, hanno aiutato Auron raccontandogli la storia e insieme hanno visitato il villaggio nel Caucaso. Nella mia cultura, quella degli arabi palestinesi, diciamo che i circassi sono molto socievoli e generalmente pacifici. Sono persone rispettabili e civili ed è piacevole vivere e lavorare con loro, e io so che anche gli ebrei possono dire lo stesso di loro. 
Zoher Thawcho, che dirige il Museo Circasso ed è stato tra gli accompagnatori di Yair Auron al villaggio di Bsaline, sarà con noi il 31 maggio con alcuni altri, con gli alunni delle scuole e il gruppo di danze folk di Cfar Kama. Noi dal canto nostro abbiamo invitato alcuni amici, tutti gli abitanti di Neve Shalom – Wahat el Salam e gli allievi della nostra scuola bi-nazionale e bilingue a partecipare e suonare insieme.

Il titolo del libro di Auron?

La banalità della compassione (La storia del Villaggio Musulmano della Circassia nel Caucaso, che salvò bambini ebrei durante l’Olocausto). È pubblicato da Resling Publishing House, per ora è solamente in ebraico ma sarà presto pubblicato in inglese.

Ha scritto che il 1° gennaio avete collocato delle sculture nel Giardino dei Giusti. Sono per onorare Giusti specifici? Come può contribuire l’arte a costruire la pace?

Abbiamo tenuto un incontro con i residenti e i leader del nostro villaggio, storici e artisti, per poter ampliare il nostro progetto. Tuttavia, come abbiamo fatto altre volte, il 31 maggio scriveremo i nomi su carta e non installeremo sculture, a causa della carenza di fondi. Ci sarà una tela con i nomi delle organizzazioni o i Giusti che abbiamo già onorato:

I palestinesi e altri arabi che hanno salvato le vite agli ebrei

Gli ebrei che hanno salvato le vite di palestinesi e altri arabi

I turchi che hanno salvato le vite degli armeni

Gli armeni che hanno salvato le vite degli ebrei

I circassi che hanno salvato le vite degli ebrei

“Gariwo-la foresta dei Giusti”, per onorare il movimento dei Giardini di tutto il Mondo

A Neve Shalom – Wahat el Salam, abbiamo uno spazio verde che fa parte della “Foresta dei Giusti”. Speriamo che un giorno gli artisti vengano a installare le loro opere, e che diventi un luogo dove ascoltare il nostro messaggio e sentirci vicini a esso. Sarà un luogo per comunicare che sta a noi scegliere – in periodi bui di disastri causati dall’uomo, pulizia etnica e genocidio, noi dobbiamo essere in grado di osservare la realtà autonomamente e di agire coraggiosamente per salvare vite. Vogliamo raccontare storie che contribuiscano a educare e a creare una consapevolezza che possa plasmare la nostra esperienza.

Ci vuole indicare una via pacifica per la coesistenza dei diversi popoli in Israele e Palestina? Mentre voi siete un modello, nei giornali israeliani si continua a leggere di proposte e controproposte di pace che si susseguono per tentare di trovare una soluzione prima delle elezioni americane e di alcuni casi complessi, come il processo al soldato israeliano accusato di avere ucciso un giovane palestinese.

Prima delle elezioni tutti parlano di soluzioni, ma nessun leader mondiale si prende le responsabilità di fare qualcosa di diverso. Qui in Israele gli ebrei commemorano la Shoah e la loro indipendenza, mentre i palestinesi di ogni parte del Paese commemorano la Nakba/il disastro. Il governo e i cittadini di Israele danno la colpa ai palestinesi e li trattano come se fossero responsabili del nazismo, anche se noi non abbiamo alcuna responsabilità per quell’epoca, né globale né da vicino. La politica degli ufficiali israeliani dà quest’impressione, così che i soldati o le persone potrebbero scegliere di uccidere i palestinesi per strada anche qualora inermi – la chiamano “autodifesa” – questo non è razzismo? Alcuni vengono filmati, così i casi escono sulla stampa, ma di solito passano sotto silenzio. I palestinesi hanno perso la speranza, ma non la fiducia. Vediamo un fenomeno come quello di coloro che prendono un coltello e scendono in strada – non è disperazione quella? Entrambi i popoli hanno paura ed è ora di cambiare. Nel nostro villaggio impariamo a capire, sostenere e sviluppare nuovi modi di risolvere i conflitti.

Come si può espandere il vostro modello?

La nostra comunità non ci sarebbe se Padre Bruno Hussar, il suo fondatore, non avesse avuto un sogno, non fosse andato al Monastero di Latroun e non avesse chiesto aiuto, e se il monastero non ci avesse dato un pezzo di terra. Il governo israeliano non darà mai la terra per avere altri villaggi come il nostro, che rimane un esempio unico di persone dei due popoli che convivono in modo solidale e per scelta. Anche se a volte è difficile, siamo riusciti a fondare una comunità cooperativa tra gli ebrei e i palestinesi e siamo praticamente un simbolo. Scegliamo con responsabilità di accettare le differenze, e di andare avanti senza arrenderci, nonostante la disperazione che a volte ci coglie.

Come suggerisce di espandere la "Foresta dei Giusti"?

All’inizio Yair Auron voleva fare qualcosa per i Giusti, e abbiamo cominciato a svolgere alcune attività al Museo. Poi ha incontrato Gabriele Nissim, che si sta dedicando instancabilmente a questo progetto, e abbiamo deciso che lavorare con lui è molto interessante e che lavorare a “onorare i Giusti” è molto importante per l’umanità. Onorare i Giusti significa onorare e aiutare l’umanità ovunque e sempre. Per questo la nostra attività diventa un messaggio universale e, in tutto il mondo, vuole significare che ogni volta che onoriamo i Giusti, ci connettiamo con l’umanità. 

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