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"Un sognatore con i piedi per terra e gli occhi bene aperti"

intervista a Gaetano Liguori

Riprendiamo di seguito l'intervista a Gaetano Liguori raccolta da Padre Antonio Gentili e pubblicata su Eco dei Barnabiti a dicembre 2022. Il Maestro Liguori è autore di  "Un pianoforte per i Giusti", con musiche da lui composte per ricordare le figure esemplari che hanno rischiato la vita per salvarne altre, per compiere un atto di "bontà". 


Più volte tuo ospite a Milano, ho potuto notare nello studio libri e poster riguardanti Marx, Lenin, Che Guevara, che mi hanno ricordato il tuo coinvolgimento nelle lotte proletarie e libertarie del Novecento. In che modo e con quali frutti hai messo a servizio di questa causa il tuo talento musicale? Facendo un passo indietro, presentati ai nostri lettori.

Nato a Napoli (1950), sono approdato a Milano con la mia famiglia e qui ho conseguito il diploma al Conservatorio, dove pure ho insegnato. Gianni Barbacetto su “Il Fatto Quotidiano”, in un articolo che mi dedicò il 16 novembre 2011, scrisse: "Come tenere insieme Che Guevara e sant’Agostino, Dario Fo e i Gesuiti, le lotte studentesche e operaie degli anni settanta e la ricerca teologica di Sergio Quinzio? Gaetano Liguori le tiene insieme con la sua musica". Tutto cominciò con un’intervista per il periodico dei Gesuiti, “Popoli”, il cui responsabile era un intellettuale della cultura cattolica più progressista, padre Bartolomeo Sorge, impegnato in prima persona nella lotta alla mafia dagli anni Settanta in Sicilia e che per questo era stato messo sotto scorta. Parlammo del mio impegno ormai trentennale e dei miei ultimi viaggi nelle martoriate terre del Medio Oriente.

Con la mia lunga navigazione verso lidi spirituali avevo cominciato a occuparmi della affascinante figura di Gesù Cristo e delle nostre radici che, anche se con un rapporto di odio-amore, erano un tutt’uno con la storia della Chiesa. Avevo letto un libro illuminante, scritto da padre Antonio Gentili, un barnabita [Dio nel silenzio]. Tra quelle pagine trovai poche conferme ma molti dubbi, però quel tipo di viaggio mi attirava. Certo ne sapevo davvero poco, ma volevo approfondire la consapevolezza verso qualcosa che sentivo mio. Volevo provarci. Cominciai a frequentare le settimane del “Silenzio” nella casa di esercizi spirituali di Eupilio, tenute da padre Antonio Gentili con il quale passavo intere settimane in colloqui e preghiere. Nel leggere le parole d’amore di Gesù trovavo una bellezza e una forza straordinarie, accentuate dal silenzio che favoriva la concentrazione per una ricerca spirituale. Quando mi recai in piazza San Fedele per l’intervista con padre Sorge, conobbi padre Guido Bertagna, un gesuita che da anni organizzava degli incontri quaresimali con personaggi laici tra i più disparati. Erano momenti di riflessione intervallati da letture e musiche scelte dagli ospiti. Invitò anche me, e scelsi delle letture da Bertolt Brecht, padre David Maria Turoldo e un brano dai Fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij, “Il problema della sofferenza e del male”.

Poi è avvenuta una svolta. Le pagine di questa rivista hanno già registrato il tuo nome, segnalando le pubblicazioni sul Jazz, dove citavi il sottoscritto. I nostri lettori sono curiosi di conoscere la tua carriera musicale e sapere come dal Conservatorio sei approdato alla Chiesa.

Mi fu proposto di comporre e suonare per un’opera di padre David Maria Turoldo, “La Salmodia della speranza”, testo che legava due mie passioni, quella per la lotta partigiana antifascista, con la ricerca della verità di Dio. Fu un avvenimento per tutta la città di Milano: lo spettacolo si svolse nel Duomo, il mio jazz nel Duomo! Fu un avvenimento artistico e mediatico di portata rilevante e le parole di Turoldo risuonarono tra quelle navate come profetiche e poetiche a un tempo. La mia collaborazione con i Gesuiti continuò per anni: suonai per il compleanno del Cardinale Martini, come pure per il Cardinale Tettamanzi, che si dimostrò un fine intenditore di jazz; suonai per i voti definitivi di tre novizi; e di recente per l’arcivescovo Mario Delpini. Iniziai anche un percorso spirituale, frequentando le settimane bibliche dai Gesuiti in Val Gardena, testimoni le Dolomiti e padre Silvano Fausti, compianto e grande esegeta del Vangelo.

A questo punto vorremmo conoscere meglio il tuo curricolo.

Diplomato in Pianoforte e Musica elettronica, Gaetano Liguori ha insegnato pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano dal 1978 al 2016. Fin dagli anni Settanta è protagonista sulla scena della musica italiana, con più di tremila concerti in Italia e all’estero: da Cuba alla Tailandia, dal Nicaragua all’India. Ha registrato, tra dischi e Cd, più di 40 titoli. Ha composto musiche per teatro (con il premio Nobel Dario Fo), balletti, reading, cinema, diventando socio SIAE. Ha insegnato all’Università Bocconi, all’Università della Terza Età e in molte Scuole di musica popolare. Ha collaborato, come direttore artistico, a eventi culturali per il Comune di Milano, il Centro San Fedele e il Conservatorio di Milano e in vari Festival tra cui il Mantova Music Festival. Il suo impegno professionale e umano è attestato da un percorso che lo ha portato dai Centri Sociali ai Gesuiti, dai Festival dell’Unità alla Caritas, dalla Università Statale al Duomo di Milano, dal premio della Critica discografica nel 1978, all’Ambrogino d’Oro, massima benemerenza cittadina, nel 2013. Ha conseguito l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti ed è autore di diversi volumi, tra cui Confesso che ho suonato, Skira 2014, Non sparate sul pianista, Skira 2016. I suoi interessi spaziano dalla musica al cinema, con la collaborazione a Il Morandini dizionario di film, la partecipazione come giurato a vari festival e, come presidente di giuria, del premio Signis. Tra le sue ultime prestazioni, ha composto e suonato nel Duomo di Milano le musiche per la “Salmodia della speranza” di padre Turoldo e realizzato vari reading di impegno sociale con il giornalista e scrittore Daniele Biacchessi, ricevendo il premio Unesco per lo spettacolo “Acque Mundi”, nel 2014, e il “Premio cultura contro le Mafie” nel 2015. Ha conseguito il Baccalaureato in Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, redigendo una tesi sul barnabita padre Antonio Gentili dal titolo Silenzio, grembo del mistero (2022). Il suo ultimo CD è intitolato Un pianoforte per i Giusti, per la Fondazione Gariwo “Il giardino dei Giusti” (2015), benemerita istituzione di pace di cui è ambasciatore. È uscito da poco il suo nuovo libro La mia storia del Jazz, per Jaca Book.

I tuoi interessi religiosi ti hanno consentito di avere diverse esperienze del mondo cattolico, dei suoi rappresentanti e delle sue istituzioni. Non fosse altro, lo documenta l’Ambrogino d’oro che hai ricevuto nel 2013. Quale ne è stata la motivazione?

Con la sala stracolma di amici e compagni, non potei nascondere la mia emozione nell’ascoltare la lettura della motivazione con la quale venni accolto dal Sindaco Pisapia e dal Consigliere Basilio Rizzo: Si definisce “un sognatore con i piedi per terra e gli occhi ben aperti”: figlio d'arte, cresciuto nel quartiere Corvetto, è un jazzista di fama nazionale e internazionale, con oltre trenta album e tremila concerti al suo attivo. Insegna pianoforte al Conservatorio di Milano, dove si è diplomato, guidando i giovani nella ricerca di un’affermazione artistica e professionale nella musica. Mette il suo talento al servizio di iniziative di solidarietà, suonando per la pace e i diritti umani nel mondo: dall' Eritrea al Senegal, dalla Siria alla Turchia, da Gerusalemme a Beirut e Sarajevo. Autore di colonne sonore per il teatro, il cinema, la radio, il balletto, collabora alla creazione di reading di teatro civile.

A questo punto possiamo darci ragione della tua scelta, inerente la frequentazione della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, dove hai conseguito il Baccalaureato nell’Anno accademico 2021-2022. So che hai sostenuto 70 esami con un’ottima media, e ne sei uscito con “Magna cum Laude”. Quale frutto hanno prodotto questi studi in ordine alla visione della vita, ai suoi valori, alla fede?

Nel 2016, dopo più di cinquant’anni, sono andato in pensione come docente al Conservatorio Giuseppe Verdi e mi sono dedicato a quella che per me è diventata un’esigenza: cercare di dare risposte ai grandi interrogativi della vita, oggetto di ricerche da parte degli uomini dalla notte dei tempi. Dove vado, da dove vengo, il rapporto con l’unica certezza che abbiamo in vita: “la morte”, il problema del bene e del male e tutto quello che potrei riassumere in “dare un senso alla propria vita”. Impresa certamente ardua ma nella quale come mia abitudine mi sono buttato in modo quasi esclusivo, approfittando del mio stato privilegiato di “pensionato” e avendo più tempo a disposizione e facendo tacere il mio amato pianoforte, mi sono iscritto alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale con sede a Milano. Teologia fondamentale, morale, filosofica, spirituale, sacramentaria, moderna, biblica, contemporanea: una serie di conoscenze che ho fatto fatica a comprendere e metabolizzare. Grazie però a un ambiente accogliente, ad adorabili compagni giovani e meno giovani, laici e religiosi, e a professori competenti e attenti al sociale, nella linea della Chiesa dettata da quel grande mahatma che è Papa Francesco, ce l’ho fatta a percorrere l’intero cammino con grande soddisfazione e felicità. Il cristiano, ritenendo che l’intelletto umano non sia in grado di conoscere tutte le cause che determinano la vita nel il mondo, affida alla Provvidenza, ovvero alla volontà di Dio e al suo venirci incontro, la realizzazione del proprio destino. Perciò quando penso a padre Antonio Gentili, e al fatto di averlo incontrato nel mio percorso di uomo, non posso imputare questo momento al semplice caso, ma certamente a un disegno che, come direbbe lui, arriva dall’oltre. È forse un caso che in un assolato pomeriggio di giugno entrassi con la mia compagna in un negozio di via Monte Napoleone a Milano, dove lavorava una sua conoscente, che ideava e produceva cappelli per vecchie e demodé signore della buona borghesia meneghina, e fu sempre per caso che io giunto alla boa dei cinquant’anni sentissi il desiderio, dopo una vita movimentata, di approdare a un porto sicuro nell’agitato e burrascoso mare della vita? E fu sempre un caso che questa persona di cui neanche ricordo il nome, mi parlasse della sua esperienza in un ritiro di preghiera profonda, e dell’incontro con una grande anima, ma con i piedi ben piantati per terra (come piace a me), un padre barnabita che a Eupilio, un convento con vista sul lago di Pusiano, nella verde campagna briantea, a cento passi dalla Milano da bere, conduceva seminari dove alle parole dei Vangeli (poche) si alternavano momenti di silenzio e meditazione (tanti). E continuando sempre su questo binario, la cappellaia mi consigliò un libro che già dal titolo mi prometteva suggestioni che erano addirittura in antitesi a quello che sono, un musicista, una persona che lavora, produce, ascolta suoni, rumori e tutto quello che si può definire agli antipodi della sensibilità di un musicista: il Silenzio, e il libro era scritto naturalmente da padre Antonio Gentili insieme a un frate cappuccino Andrea Schnoeller, Dio nel silenzio.

Così il luglio seguente decisi di partecipare a una settimana di Preghiera profonda con padre Antonio Gentili a Eupilio. Naturalmente la prima impressione, che è quella che conta perché non è mediata dalla razionalità, ma è quella con più cuore e viscere, fu di sorpresa per la pace e la serenità che emanava quel luogo, dove si poteva ammirare un enorme crocefisso che, spalle al lago, guardava e proteggeva delle piccole tombe che avevano un unico segno, una grezza pietra tombale che portava incisi i nomi dei religiosi che da cento anni a questa parte avevano abitato quel luogo curando e accudendo le piante, i fiori e le anime. Dalla collina di Eupilio oltre al lago di Pusiano che si poteva ammirare e quasi toccare, emanava una frescura che come un toccasana rispetto all’afa della pianura, aiutava a tenere la mente sveglia. Un’allerta si impadroniva dei miei sensi. All’ingresso si era accolti da bacheche piene di libri religiosi tra i quali facevano bella mostra le numerose pubblicazioni di padre Antonio.

Tornando ai corsi di teologia e alla tua tesi conclusiva, tu mi assicuri, celiando, che la relatrice Maria Pia Ghielmi resterà l’unica ad aver letto la tesi di Baccalaureato, dal titolo Silenzio, grembo del mistero, dove illustri L’esperienza e l’insegnamento di padre Antonio Gentili. Per i nostri lettori, però, basterà offrirne una rapidissima sintesi, a mo’ di indice.

Nel Prologo (“Dalla gola profetica”) ricostruisco la mia esperienza, mentre nei capitoli I e II illustro vita, figura e insegnamento di padre Antonio. Insegnamento che si articola in cinque sezioni: La quattro dimensioni dell’essere umano; L’oltre; La polarità; Il vivente come essere orante; I tre Precursori di Cristo, dove è ripresa l’affermazione di Romano Guardini (ne Il Signore), concernente l’Ebraismo (Giovanni Battista, con il quale culmina la rivelazione biblica); l’Oriente (Buddha o il “Silenzio”); l’Occidente (Socrate o il “Logos”). Silenzio e Parola che costituiscono un vero binomio, basti pensare all’affermazione di Ignazio di Antiochia: «Gesù Cristo… l’eterno Verbo/Parola è nato dal silenzio» (Ai Magnesii, VIII).

Non è il caso di offrire al lettore ulteriori dettagli su questo elaborato, inteso a offrire una visione d’insieme della vita spirituale nonché della pratica che la esprime e la coltiva.

4 aprile 2023

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