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Fermare l'hate speech. Una conversazione con Adama Dieng

prima dei crimini d'odio ci sono le parole d'odio

Dobbiamo ricordarci che i crimini di odio sono sempre preceduti da discorsi di odio. Dobbiamo ricordare che il genocidio dei Tutsi in Ruanda è iniziato con il discorso di odio. L’Olocausto non è iniziato con le camere a gas, è iniziato molto prima, con il discorso di odio

Anche ciò che stiamo osservando in Myanmar contro il popolo Rohingya è iniziato con il discorso di odio. E oggi, ciò che accade nel mondo, quando vediamo l’avanzare degli estremismi - In Europa, in Asia, ovunque - quando vediamo crescere i gruppi neonazisti e neofascisti, quando vediamo come vengono denigrati i migranti e i rifugiati, dobbiamo sforzarci con tutte le nostre forze di chiamare tutto questo hate speech.

L’hate speech è un attacco alla religione, etnia, nazionalità, razza, colore, origine, genere o altri fattori di identità. Dobbiamo tenere presente che le parole uccidono, uccidono come proiettili. Ed è per questo che dobbiamo sforzarci al massimo per investire in educazione, nei giovani, così la prossima generazione comprenderà l’importanza di vivere insieme pacificamente. 

Dobbiamo sforzarci affinché gli attacchi che abbiamo visto in Sri Lanka, nelle chiese, in Nuova Zelanda, a Pittsburgh, si fermino. E per fermare tutto questo, dobbiamo investire di più nel coinvolgimento dei giovani. Dobbiamo usare il linguaggio come strumento di pace, di amore, per accrescere la coesione sociale, l’armonia nel mondo, invece che come strumento per commettere genocidi e crimini contro l’umanità.

Adama Dieng, Sottosegretario Generale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio

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