Don Odo Contestabile: appunti per la biografia di un Giusto

di Filippo Panzavolta, 10 febbraio 2020

Riflessioni

Don Odo Contestabile: appunti per la biografia di un Giusto

di Filippo Panzavolta


I Lehrer erano quattro: padre, madre e due bambine, di nove e sette anni. Si chiamavano, rispettivamente, Giulio, Stella, Beatrice ed Erica, e venivano da Zagabria[1]. Avevano lasciato la loro città due anni prima, nel 1941, per sfuggire ai rastrellamenti degli ustascia croati, ed erano giunti in Italia, dove erano stati internati in qualità di ebrei stranieri[2].

Don Odo Contestabile[3] li aveva incontrati un giorno di novembre, al San Lorenzino, la casa di cura che l’amico Elio Bisulli aveva fondato poco fuori le mura di Cesena. Il giovane medico, infatti, stava nascondendo Giulio Lehrer e sua moglie, dopo la loro fuga dalla residenza coatta di Adria e il fallito tentativo di raggiungere il sud. Le loro figlie, per non dare troppo nell’occhio, erano state mandate nel collegio delle suore della Sacra Famiglia. Bisulli era conscio, tuttavia, di quanto fosse precaria questa soluzione e sperava nell’aiuto del benedettino. Fu così che Don Odo venne messo a conoscenza della situazione e si lasciò coinvolgere in quella che più tardi ricorderà come “la più grande avventura” della sua vita[4].

Si lasciò coinvolgere, appunto. Avrebbe potuto tirarsi indietro, accampare delle scuse, magari lodare l’amico per la sua carità cristiana e il suo coraggio, ma senza promettere nient’altro che la necessaria discrezione e una generica solidarietà. Invece mise da parte ogni incertezza, non diede ascolto alla paura e volle farsi carico della sorte di una famiglia di perfetti sconosciuti, assumendosi un’enorme responsabilità e tutti i rischi che comportava. Come sosteneva la filosofa Hannah Arendt “si può sempre dire un sì o un no”: anche sotto il giogo del totalitarismo più feroce esiste un insopprimibile margine di libertà per chi sa dare ascolto alla propria coscienza. Ed è la capacità di dire sì, non altro, che distingue l’eroe dal mediocre, il Giusto dalla “zona grigia”. Non abilità eccezionali e sprezzo del pericolo, non sete di martirio e carattere d’acciaio, nemmeno una vita integerrima e priva di contraddizioni, ma la capacità di riconoscere le sofferenze altrui e la volontà di spendersi in prima persona.

E Don Odo Contestabile non ebbe esitazioni: si doveva portare quegli ebrei in Svizzera e lui stesso si sarebbe occupato della cosa. Tanto più che conosceva bene un certo Ambrogio Nicolini, persona “di una bontà e carità fuori del comune”[5], sfollato da Milano a Cuveglio (Varese), quindici chilometri dalla frontiera del Ticino: Don Odo confidava nel suo appoggio per contattare dei passatori affidabili e organizzare l’espatrio clandestino nel migliore dei modi. Sarebbe partito il giorno seguente con il consenso del priore.

Ambrogio Nicolini, come previsto, offrì immediatamente la propria collaborazione, felice di poter aiutare una famiglia di perseguitati e di contribuire alla riuscita di una nobile impresa, mettendo a disposizione le proprie conoscenze e la propria casa, dove viveva con la moglie e le tre figlie. Il suo apporto, sebbene non sovrapponibile a quello di Don Odo in termini di impegno e di rischio personali, non va affatto trascurato e merita il più alto riconoscimento. È grazie a persone come lui se l’81% degli ebrei italiani e stranieri presenti in Italia poté sfuggire alla deportazione e alla morte: dietro alle figure dei Giusti onorati dallo Yad Vashem esiste un esercito di uomini e donne compassionevoli - anche loro Giusti e quasi sempre sconosciuti - che hanno scelto di fare il bene, quando il male era la legge dello stato, e senza i quali molti interventi di salvataggio non avrebbero avuto successo. Di questa storia, oltre a Don Odo Contestabile, a Elio Bisulli, ad Ambrogio Nicolini, alle suore della Sacra Famiglia di Cesena, va ricordato almeno il dottor Achille Franchini, che aveva affidato i Lehrer all’amico Bisulli[6].

Ambrogio Nicolini e Don Odo si recarono, su indicazione del parroco, da un contrabbandiere di Cunardo, un paese vicino, che si offrì di accompagnare gli ebrei fino al confine con la Svizzera in cambio di denaro. Insieme stabilirono i dettagli dell’operazione e fissarono per il 5 dicembre la data del passaggio. Tornato a Cesena, Don Odo Contestabile si preoccupò poi dei documenti falsi, che riuscì astutamente a farsi rilasciare dagli impiegati dell’anagrafe, affinché Giuseppe e Maria Lereri potessero viaggiare più sicuri.

Venerdì 3 dicembre i Lehrer, scortati da Don Odo, partirono in treno da Cesena, per giungere a Milano nel cuore della notte[7]. Il giorno successivo erano a Cuveglio, dove Nicolini li attendeva a braccia aperte, insieme alla moglie e alle bambine. Sarebbe andato subito dopo pranzo a prendere gli ultimi accordi con la loro guida. Fu in casa di Nicolini, prima di andare a dormire, che Don Odo prese una decisione coraggiosa e importante: non avrebbe lasciato gli ebrei nelle mani dei contrabbandieri, ma li avrebbe accompagnati fino a un passo dalla frontiera, per poterli aiutare in caso di imprevisti.

Il pomeriggio seguente, davanti al cimitero di Cunardo, la loro guida li aspettava, insieme a un compagno: un cammino impegnativo e pieno di insidie attendeva la povera famiglia, che ormai si considerava affidata alla sollecitudine del giovane monaco, animato da una fede profonda ma del tutto privo di esperienza. E lungo il percorso non mancarono momenti assai critici, che rischiarono di vanificare tutto, con le tragiche conseguenze che si possono immaginare. A metà strada sbucarono fuori dal bosco due amici dei contrabbandieri che sostenevano di aver parlato con le guardie di confine e che il prezzo da pagare era aumentato, da quindici a cinquantamila lire. Le proteste di Don Odo non valsero a nulla, ma per fortuna Giulio Lehrer disponeva della cifra, davvero esosa, e si poté proseguire. Più tardi, mentre il gruppo procedeva sgranato per dare meno nell’occhio lungo la strada vicino alla frontiera, due guardie in borghese fermarono Stella con la figlia maggiore che zoppicava per il male ai piedi. La interrogarono e capirono tutto, ma la lasciarono andare, impietositi.

Un pericolo ancora più grave, tuttavia, era in agguato, proprio quando il rumore del fiume Tresa faceva presagire la salvezza: una guardia confinaria italiana, armata e in uniforme, sbarra la strada ai fuggiaschi e intima di fermarsi. Giulio Lehrer, che era davanti, fa cenno di rivolgersi a Don Odo, il quale però è smarrito e non sa come affrontare il terribile imprevisto. Alla domanda: “Tutti questi sono ebrei?”, gridata con voce minacciosa, non risponde e abbassa lo sguardo. La sorte, però, è ancora dalla loro parte: l’uomo li lascia proseguire, raccomanda prudenza e augura buona fortuna.

In seguito Don Odo e gli ebrei raggiungono una capanna nel bosco, dove devono sborsare la somma. La guida, dopo aver intascato il denaro, si allontana, ma non li tradisce: pochi minuti più tardi torna dicendo che è tutto pronto per il passaggio. Siamo a Cremenaga e le bambine vengono affidate a un uomo che le accompagnerà per la strada più corta, mentre gli adulti devono aggirare il paese per non destare sospetti. Il gruppo, ormai allo stremo delle forze, si ricongiunge nei pressi della rete confinaria, poi Giulio, Stella, Beatrice ed Erica, accompagnati dalle guide, varcano la frontiera, attraverso una botola segreta. Don Odo, intanto, era rimasto nascosto lì vicino in attesa dei passatori, che dopo aver aiutato gli ebrei a guadare il fiume non tardarono ad arrivare portando buone notizie: i Lehrer avevano raggiunto la Svizzera ed erano in salvo!

Quello che successe oltre il confine Don Odo lo seppe molto più tardi da Giulio e Stella, quando, finita la guerra, si fermarono a Cesena per salutare e ringraziare il loro salvatore: penetrati in territorio svizzero, i profughi erano stati subito intercettati dalle guardie, decise a respingerli. In questa situazione, pare che l’essere riusciti a dimostrare una buona disponibilità economica abbia giocato un ruolo importante, convincendo i doganieri a cedere di fronte alle resistenze del signor Lehrer; altri due giovani ebrei nullatenenti, che avevano attraversato la frontiera insieme a loro e uno dei quali era pure ammalato, furono infatti rimandati indietro senza pietà. L’accoglienza, d’altronde, dipendeva spesso dalla discrezionalità dei singoli e succedeva di dover “lottare per riuscire a farsi accettare”[8]; né mancarono casi in cui una normativa non sempre chiara arrivò a dividere i membri di una stessa famiglia. Non sapremo mai quanti furono i respingimenti, sappiamo però che la Svizzera accolse 4265 ebrei, che ebbero salva la vita.

Una settimana dopo il salvataggio della famiglia Lehrer, Don Odo Contestabile fu nuovamente impegnato in un’operazione simile. Si trattava di far espatriare in Svizzera una coppia di ebrei residenti a Cesena da molto tempo: il dottor Emanuele Mondolfo, primario dell’ospedale cittadino fino alle leggi razziali, e sua moglie Dora De Semo.

Le fonti[9] questa volta sono meno prodighe di informazioni, tuttavia si può affermare con ogni probabilità che fu il vescovo, Beniamino Socche, ad avvertire i due coniugi della necessità di scappare al più presto per sfuggire alla deportazione e che, ancora una volta, la clinica di Elio Bisulli rappresentò un importante punto di appoggio. Mentre Don Odo si recava a prendere accordi per passare la frontiera nel modo già sperimentato, gli ebrei furono accolti in due strutture religiose di Piacenza, l’uomo nel convento di Santa Maria di Campagna e la moglie presso le Figlie della Carità.

Portata felicemente a termine anche questa seconda missione, Don Odo si ricorderà di una promessa fatta a Giulio Lehrer la sera prima dell’espatrio clandestino, quella di soccorrere suo fratello Max e la moglie Sofia[10], sicché, invece di tornare subito a Cesena, si recherà a Schio (Vicenza), sobbarcandosi un lungo viaggio in treno sotto pesanti bombardamenti. Giunto a destinazione, tuttavia, apprese che i due coniugi erano già partiti e che anche loro avevano raggiunto la Svizzera.

Passata la guerra i coniugi Mondolfo torneranno a Cesena, dove l’ex primario del Bufalini, ormai anziano, riprenderà a svolgere la sua professione come medico privato; i Lehrer emigreranno in America, dove avevano dei parenti, ma poi faranno ritorno in Europa: Beatrice Lehrer vive ancora oggi in Svizzera; i figli di Erica sono italiani. Don Odo Contestabile, invece, abitò nel Monastero di Santa Maria del Monte di Cesena fino al 1965, per poi trasferirsi a San Paolo fuori le Mura, a seguito di dissapori con l’abate. A Roma, nella comunità che l’aveva accolto come alunno ai tempi di Ildefonso Schuster, ebbe nuove soddisfazioni, come l’incarico di bibliotecario e l’insegnamento del catechismo ai bambini della vicina scuola “Principe di Piemonte”. Di questa gratificante esperienza, durata quindici anni, Don Odo ricorderà il felice rapporto con le maestre[11] e la “conversione” di tre bambine - Vania, Claudia e Virna Cohen - di padre ebreo e madre cattolica, che ebbe la gioia di battezzare.

Anziano e malato, Don Odo Contestabile si ritirò nel 1987 presso l’Istituto Ancelle della Visitazione a Santa Marinella. Morì il 18 gennaio 1995.


[1] Giulio Lehrer era nato a Jassi (Romania) il 10 novembre 1895; Stella Scheratter era nata a Vienna il 3 dicembre 1907; Beatrice Lehrer era nata a Zagabria il 4 novembre 1934; Erica Lehrer era nata a Zagabria il 26 maggio 1936. I dati anagrafici riportati dallo scrivente in Don Odo Contestabile (profilo biografico), in Le vite dei cesenati, Vol. II, a cura di Pier Giovanni Fabbri, Cesena, Stilgraf, 2008, p. 75-85 sono qui corretti alla luce di nuove e sicure fonti, emerse successivamente a quella pubblicazione.

[2] Sugli ebrei stranieri internati in Italia durante il periodo bellico è fondamentale il database a cura di Anna Pizzuti (www.annapizzuti.it). Sulla vicenda di un gruppo di ebrei provenienti da Zagabria, a cui anche i Lehrer si unirono per un breve periodo, si veda Emilio Drudi, Un cammino lungo un anno. Gli ebrei salvati dal primo italiano “Giusto tra le Nazioni”, Firenze, Giuntina, 2012.

[3] Don Odo Contestabile, al secolo Cesarino, era nato a Ortucchio (L’Aquila) il 7 gennaio 1912. Per una biografia di Don Odo Contestabile si veda il già citato scritto, in Le vite dei cesenati.

[4] Conosciamo questa vicenda nei dettagli poiché Don Odo Contestabile ci ha lasciato un memoriale intitolato Un episodio della persecuzione contro gli ebrei, pubblicato da Don Piero Altieri nella seconda edizione di Placido Romano Zucal, Clausura violata, Cesena, Stilgraf, 2004. L’originale (da me consultato) si trova in duplice copia nell’Archivio Storico di Santa Maria del Monte di Cesena.

[5] Odo Contestabile, Un episodio della persecuzione contro gli ebrei, cit. E’ curioso notare che Don Odo Contestabile e Ambrogio Nicolini, orafo milanese, erano diventati amici soltanto un anno prima a seguito della commissione di un’opera d’arte, un prezioso reliquiario ancora oggi conservato in Santa Maria del Monte di Cesena.

[6] Su Achille Franchini, socialista e già primario dell’ospedale di Santarcangelo di Romagna, si veda la recente biografia scritta da Alberto Gagliardo, Achille Franchini (1870-1966), in Le vite dei cesenati, Vol. XII, a cura di Rita Dell’Amore e Paola Errani, Cesena, Stampare, 2018, p. 35-76.

[7] La permanenza dei Lehrer nella Casa di cura San Lorenzino durò un mese esatto, dal 3 novembre al 3 dicembre 1943. Lo testimonia una cartella clinica a nome di Lereri Giulio Marcello, che ho consultato, ora riprodotta in Paolo Poponessi, Accadde a Cesena. L’ospitalità della Casa di Cura San Lorenzino agli ebrei perseguitati durante la Seconda Guerra Mondiale, Cesena, Casa di cura San Lorenzino, 2018.

[8] Liliana Picciotto, Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah. 1943-45, Torino, Einaudi, 2017, p. 135. Il libro della Picciotto, recente, equilibrato e riccamente documentato, rappresenta un’opera imprescindibile sull’argomento.

[9] Tra i documenti consultati per il salvataggio dei Mondolfo e per le notizie che seguono, cito soltanto l’ultima parte del memoriale di Don Odo Contestabile (ancora inedita) e un volume manoscritto di Cronache del monastero. Interessanti dettagli sul salvataggio dei Mondolfo sono anche in un articolo anonimo fornitomi in fotocopia da Alberto Gagliardo: Il calvario degli ebrei cesenati e l’opera di Mons. Socche e di un Benedettino (non mi è stato possibile reperire l’originale).

[10] Su Max Lehrer e Sofia Rabner si può consultare il già citato database di Anna Pizzuti.

[11] Nel suo memoriale Don Odo Contestabile ricorda in particolare “la maestra Gorno, la maestra Delle Grotte, la maestra Putrone, ma soprattutto la maestra Giuliana Amicarelli”.


(Testo pubblicato in: Lea Contestabile: Elementi di cosmografia amorosa, libro realizzato in occasione della mostra ospitata dal 13 febbraio al 13 marzo 2019 dalla Casa della Memoria e della Storia di Roma, con testi di Manuela De Leonardis, Guendalina Di Sabatino, Filippo PANZAVOLTA, Textus edizioni)

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L'autore/L'autrice

Filippo Panzavolta

Filippo Panzavolta
Professore
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