​Esercizio di liquido pensiero ai tempi del Coronavirus

di Carlo Sala, 17 aprile 2020

Riflessioni

Esercizio di liquido pensiero ai tempi del Coronavirus

Nell’introduzione alla sua Modernità liquida Zigmunt Bauman[1] assume il modello del Panopticon di Jeremy Bentham, adottato da Michel Foucault in Sorvegliare e punire, come metafora del potere moderno. Dalla cristallina sfera centrale l’amministratore sorveglia il comportamento di ogni amministrato collocato nei raggi operativi e funzionali sottoposti all’onniveggente potere centrale. L’occhio invisibile dei sorveglianti inchiodava i sorvegliati al loro posto nel modo più efficace ed efficiente per il padrone del carcere fabbrica che doveva essere esteso, in logica utilitaristica, a tutti i poveri sbandati, irregolari, potenziale pericolo e onere per l’ordine costituito.

«Il dominio del tem­po era l'arma segreta del potere dei leader, e immobilizzare nello spazio i loro sudditi negando loro il diritto di muoversi e standardizzando il ritmo del tempo cui dovevano ubbidire fu la loro principale strategia di esercizio del potere»[2].

A priori lo spazio era stato loro sottratto, da vicino nella reclusione del carcere fabbrica e da lontano con la rapidità della conquista territoriale dei continenti extraeuropei.

Lo sviluppo economico e tecnologico ha accelerato la velocità del comando fino a rendere un impaccio il reciproco confronto fra sorvegliante e sorvegliati, fra amministratore ed amministrato.

Il potere delle élites, ma anche il loro modello di vita (per Bauman il loro modello di vita è quello dei proprietari assenteisti) si è sganciato da una solidità stanziale: “Ribaltando una tradizione millenaria, oggi sono i ricchi e potenti a odiare tutto quanto è durevole e a cercare il transitorio, mentre i più pove­ri si aggrappano a quel poco che posseggono e tentano dispera­tamente e contro tutte le avversità di farlo durare il più a lungo possibile”.[3] Il dibattito e il conflitto sulla globalizzazione corrisponde a queste dinamiche: le classi medio basse delle società sviluppate e le masse delle società periferiche sono travolte dalla velocità dei movimenti mercantili e finanziari indotti e governati da ristretti centri di potere che controllano o cercano di controllare una globalità sempre più complessa e interconnessa. La precarietà di vita di questi miliardi di abitanti è il paradossale sfondo dello scenario politico che vede insorgere, dove le forme della democrazia rappresentativa sono istituzioni affermate, il successo di partiti identitari, nazionalisti, populisti che si fanno imprenditori dei timori, dei disagi, del disorientamento provocato dalla liquefazione dei valori, delle tradizioni, delle culture su cui si sono basate, anche nelle società moderne storiche (secoli XVI-XX), i processi formativi ed educativi di individui e comunità, su cui si sono basate le istituzioni di diritto pubblico.

La permanenza non superabile della società liquida si postula nella continua adattabilità del metro economico all’accelerazione dei processi di adattamento all’innovazione, posta ormai come necessità industriosa alla vita umana. La necessità naturale e la necessità morale sembrano illanguidire nello sfruttamento cieco delle risorse ambientali e nelle gigantesche imprese totalitarie del XX secolo ancora capaci, nel nome di un ordine nuovo e uomo nuovo o di un comunismo paradisiaco e stakanovista, di immolare le vite di milioni di uomini in quantità ancora superiori alle più vaste epidemie della storia (come la cosiddetta spagnola di un secolo fa).

A questo punto però, ed è punto raggiunto già mezzo secolo orsono (ricordiamo il limiti dello sviluppo cura da Aurelio Peccei nel 1972 ), https://www.vice.com/it/article/8xjzw3/club-di-roma-50-anni-limiti-dello-sviluppo-futuro-transformation-is-feasable la necessità naturale si è sempre più violentemente ritorta sui disegni senza ragione della dirigenza politica ed economica. Irrazionalità denunciata all’universalità degli umani dai pontefici Giovanni XXIII nella Pacem in terris (1963) e Paolo VI nella Populorum progressio 1967), da Giovanni Paolo II nella Laborem exsercens (1981) nei confronti della guerra e delle ingiustizie sociali prodotte da uno sviluppo distorto e riproposta dall’attuale papa Francesco nella Laudato sii nel 2015.

La costante presenza di guerre, le spese militari, il ricorso al terrorismo, i conflitti interetnici e interreligiosi hanno occupato gran parte dell’informazione e delle risorse a disposizione degli Stati per provvedere al riequilibrio sociale ed ambientale. Le catastrofi naturali unite a quelle di una politica aberrante e criminale hanno indotto fenomeni migratori con milioni di profughi che destabilizzano diverse aree del pianeta. Ma ancor più veloce degli effetti deleteri dell’inazione degli Stati che irresponsabilmente non salvaguardano la nicchia ecologica che nell’universo rende possibile la vita della specie umana, il coronavirus è comparso in modo letale, diffuso, rapido a livello globale. Come un moderno stratega dello scenario globale. Scrive Bauman contrapponendo il moderno genio informatico al capitalista dell’età dell’acciaio «Bill Gates, viceversa, non ha alcuna remora a staccarsi da quanto aveva creato con tanto orgoglio il giorno prima; oggi è la pazzesca velocità di circolazione, di riciclaggio, di obsole­scenza, di smaltimento e sostituzione che crea profitto, non la durata e l'affidabilità nel tempo del prodotto»[4] il Coronavirus ha creato un ribaltamento del modo di vita che nessuna guerra o crisi finanziaria aveva provocato nel passato. Proprio la rigidità della struttura e la dittatura del mercato sono battute in breccia da un nemico invisibile che trasferitasi dalla inabitazione con altre specie viventi o addirittura sfuggito dal laboratorio del laboratorio dell’Istituto di virologia della città cinese di Wuhan, si è insediato, nell’uomo e si propaga per via aerea assediando le convivenze e le frequentazioni umane. Un assedio senza mura, ma che intacca lo spazio vitale umano. Proprio l’azzeramento tecnico del tempo e dello spazio consentono al virus la contemporaneità di una contaminazione universale. Solo una pratica eremitica di radicale autosufficienza, innaturale per l’umana socievolezza, potrebbe risultare immune dalla possibilità di contagio. Nessuna, guerra, catastrofe naturale o rivoluzione aveva mai bloccato in modo simile la produzione economica e la frequentazione sociale

La cura pone come immediatamente strategica l’esistenza di strutture medico sanitarie proporzionate alla popolazione residente e accessibili all’universo dei pazienti potenziali.

A monte i fattori decisivi per la durata e la qualità della vita, cioè l’alimentazione e le consuetudini igieniche restano i fattori decisivi, ma consistono anche come fattori discriminanti e divisive fra chi ha acqua e detergenti a disposizione e chi no. Alimentazione e igiene sono sfere che rientrano nei costumi dei diversi popoli, ben lungi dall’essere globalizzati.

Le disuguaglianze permangono e l’epidemia accentua il confronto fra diversi e i prevedibili conflitti distributivi che alla lunga mostreranno la debolezza dell’umanità più lontana dalla terra, mentre essa può dilagare prima nelle popolazioni e nelle culture più vicine alla terra, più lontane dall’acqua e dalle precauzioni antisettiche.

Storia, tempi e luoghi solidamente si parano di fronte alla ipotetica indifferenza di un’azione reciproca planetaria.

Come salvare l’umano in questo frangente?

Carlo Sala, Milano, 10.4.2020


[1] Prefazione di Z. Bauman, Liquid Modernity, Polity Press, Cambridge e Blackwell Publishers Ltd, Oxford 2000 [trad.it. di Sergio Minucci, Modernità liquida, Laterza, Bari-Roma 2002] In rete: http://www.liceogioia.it/vetrina/postmodernoLATINAipertesto_/testi15.htm

[2] dell’introduzione di Bauman a Modernità liquida p. XXXIII

[3] Idem p. XXXVII)

[4] Idem, p. XXXVII

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