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Cina, "ogni anno 25 mila prigionieri vengono assassinati per asportare i loro organi"

L'accusa degli attivisti per i diritti umani contro il governo di Pechino

Un fermo immagine da un video girato clandestinamente che, secondo gli autori, testimonierebbe l'asportazione illegale di organi in Cina

Un fermo immagine da un video girato clandestinamente che, secondo gli autori, testimonierebbe l'asportazione illegale di organi in Cina

Secondo analisti e attivisti cinesi, negli ultimi anni la repressione del governo di Pechino verso le minoranze dello Xinjiang è aumentata incredibilmente e migliaia di musulmani uiguri verrebbero uccisi nei cosiddetti "campi di rieducazione”, da dove partirebbe un cospicuo traffico di organi umani, destinati a ricchi cinesi e pazienti internazionali. Pechino ha sempre negato queste accuse, ma un articolo del giornalista David Stavrou pubblicato da Haaretz raccoglie le inquietanti testimonianze di alcuni dei sopravvissuti.

Come ad esempio quella Huiqiong Liu che a Stavrou rilascia questa dichiarazione: “L'interrogatorio è iniziato alle 21 e terminato verso mezzogiorno del giorno successivo. Cinque ufficiali non mi hanno colpito, ma un sesto uomo mi ha picchiato e mi ha minacciato. 'Rimuoverò i tuoi organi', mi disse, 'e brucerò ciò che è rimasto del tuo corpo’”.

Liu fu arrestata nella sua casa di Pechino nel 2001, quando aveva 29 anni. Il suo arresto rientra nella battaglia del governo cinese verso il Falun Gong, un movimento spirituale che viene perseguitato dalle autorità dalla fine degli anni ’90. Racconta Liu di essere arrestata due volte, la prima per 18 mesi e la seconda tra il 2005 e il 2007. Durante la sua detenzione, le avrebbero fatto dei test medici e, nonostante un problema cardiaco, afferma che le autorità del campo di detenzione avevano preso in considerazione l’idea di asportarle il cuore. La sua decisione di fare lo sciopero della fame e di dimagrire vistosamente fino ad raggiungere i 40 chili avrebbe quindi in seguito scoraggiato l’operazione, di fatto salvandole la vita.

"Ci davano dei numeri (i medici non conoscevano i nostri nomi, solo questi numeri). A volte chiamavano alcuni di questi numeri e i possessori venivano condotti in ospedale. Quelle persone non sono mai tornate". Liu dice di avere un'altra prova fondamentale: "Prima di essere portata in ospedale durante il mio primo arresto, mi hanno dato un modulo per firmare con le mie impronte digitali “, racconta. "Il modulo era già compilato, ma il nome e l'indirizzo non erano miei; era un nome che non riconoscevo. Non ho voluto firmare ma mi hanno costretta”. E quando ha chiesto ad altre detenute cosa fossero quei moduli, “una donna condannata a morte mi ha detto che su quel modulo c’era scritto che sarei stata disposta a donare i miei organi dopo la mia morte" .

Le testimonianze raccolte su Haaretz sono l’ultima di un’ampia serie di denunce esposte dagli attivisti per i diritti umani negli ultimi anni, secondo i quali il commercio di organi dei prigionieri giustiziati dal Partito comunista cinese va avanti da decenni e che questa banca di organi sia “rafforzata” da persone appartenenti a minoranze perseguitate.

Qualche mese fa, due organizzazioni di attivisti uiguri - il Movimento per il risveglio nazionale del Turkistan orientale e il Governo del Turkistan orientale in esilio - hanno presentato una denuncia alla Corte penale internazionale (ICC) contro la leadership di Pechino, sostenendo che i vertici del governo stessero commettendo un genocidio e dei crimini contro l’umanità nei confronti degli uiguri.

Il Tribunale ha stabilito con "certezza oltre ogni ragionevole dubbio" che "in Cina, l'espianto forzato di organi di prigionieri di coscienza è stato praticato per un periodo di tempo considerevole". Mentre si dice che la maggior parte delle vittime sia appartenente al già citato Falun Gong, una minoranza etnica e religiosa appartenente alla galassia del buddismo, c'è un crescente motivo di preoccupazione sul fatto che gli uiguri stiano diventando un obiettivo ancora più grande.

In una intervista rilasciata qualche mese fa, Ethan Gutmann (co-fondatore della Coalizione Internazionale to End Transplant Abuse in China (ETAC) e candidato al Premio Nobel 2017) ha affermato che "concentrandosi su una singola popolazione prigioniera, il PCC si è essenzialmente evoluto da quello che chiamo 'mietitura 1.0' - un sistema geograficamente diffuso come i praticanti del Falun Gong - a 'mietitura 2.0'. "Il sistema attuale - la selezione sistematica di giovani sani per l'estrazione di organi vivi, il trasporto di organi a ospedali su scala industriale e il trapianto a riceventi stranieri e nazionali - è più veloce, più efficiente e meglio nascosto agli occhi del mondo”.

Secondo Gutmann, ogni anno nello Xinjiang almeno 25 mila persone vengono assassinate con lo scopo di asportare i loro organi. Per semplificare il processo, spiega, i cinesi hanno creato "corsie preferenziali" per il trasferimento degli organi umani attraverso aeroporti locali, mentre recentemente sono stati costruiti crematori in tutta la provincia.

Uno di questi è stato scoperto per caso grazie a un annuncio di lavoro in un giornale locale, in cui si leggeva che le autorità cercavano 50 guardie di sicurezza per lavorare in un crematorio. Lo stipendio sarebbe stato di circa 1.200 dollari al mese. “Una piccola fortuna in quella parte del mondo", afferma Gutmann.

Secondo l’attivista, la maggior parte dei clienti beneficiari degli organi sono ricchi cinesi, ma i grandi margini di profitto provengono dai cosiddetti turisti sanitari: giapponesi, sudcoreani, tedeschi e musulmani degli stati del Golfo. Questi ultimi ricorrerebbero a questi canali con la garanzia che i precedenti proprietari degli organi durante la loro vita non abbiano mangiato carne di maiale.

Se i cinesi hanno ammesso di aver prelevato organi da prigionieri nel braccio della morte dopo l'esecuzione, non hanno mai fornito numeri né ammesso che molti di questi fossero prigionieri politici.

Nonostante sull’esportazione di organi dei prigionieri dei campi di lavoro dello Xinjang si sia scritto molto, i cinesi hanno approfittato del loro potere sul palcoscenico mondiale per mettere a tacere le critiche. A questo va aggiunto il fatto che istituzioni internazionali come l'Organizzazione Mondiale della Sanità abbiano recentemente deciso di presentare l’industria del trapianto di organi made in China come case history di successo.

4 dicembre 2020

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