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Egitto nel caos

sospesa l'attività del Parlamento

Aggiornamento 2 febbraio 

All'indomani della grande "marcia del milione", continuano le turbolenze in Egitto. L’attività del Parlamento è stata sospesa in attesa che i tribunali si pronuncino in merito ai ricorsi sull’esito delle elezioni legislative di novembre contestate dall’opposizione. L'esercito invita i manifestanti a tornare a casa ed è stato parzialmente ripristinato l'accesso ad internet.

Vittorio Emanuele Parsi su La Stampa scrive: "Occorre già pensare al dopo-Mubarak, cercando di esercitare tutta l’influenza di cui si dispone per provare a indirizzarlo e bisogna farlo a partire dall’individuazione degli interlocutori per ora, e sottolineo il per ora, ancora decisivi. Mi riferisco ai militari, ad El Baradei e ai Fratelli Musulmani. Al momento sono questi tre, per motivi diversi, gli interlocutori dotati di risorse significative [...]. Qualora Washington intavolasse trattative congiunte con tutti gli attori significativi, potrebbe vincolarli a una serie di impegni e concessioni reciproche, trasformando le diverse distinte fasi (di resilienza, abbattimento e instaurazione rivoluzionaria) in un unico processo di transizione. 

Ciò implicherebbe il riconoscimento della natura politica legittima dei Fratelli Musulmani, ma eviterebbe di riprodurre in Egitto su scala ancora maggiore il disastro di Gaza: cioè di chiedere prima elezioni regolari, per poi disconoscerne la validità quando chi vince non ci piace. Inutile negare che una simile mossa comporta rischi ovvi, ma un’apertura «contrattata» degli Usa alla legittimità politica dei Fratelli Musulmani potrebbe essere la sola carta da giocare per evitare scenari peggiori in tutta la regione e per mettere in scacco l’influenza crescente di regimi estremisti come quello iraniano".

1 febbraio
Egitto, un milione in piazza
l'esercito si schiera con i manifestanti


Il capo dei servizi segreti egiziani Omar Suleiman è stato incaricato di gestire l'emergenza, ma la protesta non si placa. Sciopero generale nonostante il coprifuoco diurno. L'esercito promette di non usare la forza contro i dimostranti. Su YouTube spopola il video di una bambina che chiede il diritto di voto per il suo popolo. Gli oppositori fanno sapere alla BBC che non sono scesi in piazza per un rimpasto ministeriale, ma per "una vera democrazia, contro la presidenza Mubarak e la sua corruzione". 

Oggi secondo molti analisti se ci fossero le elezioni ci sarebbe il rischio di vittoria della Fratellanza Musulmana, oggi fuorilegge. Questo movimento presentando candidati "indipendenti" conquistò un quinto dei seggi alle elezioni del 2005. 

Unione Europea e Stati Uniti premono per una transizione "ordinata" mentre Israele, temendo uno scenario di tipo iraniano, ha diramato una direttiva alle sue dodici ambasciate più importanti (tra cui quelle negli USA, in Russia e in Cina) dove chiede di considerare anche l'ipotesi che Mubarak sia la migliore delle alternative. Tra gli intellettuali cresce la richiesta di impegnarsi per favorire il cambiamento indipendentemente dalla minaccia integralista.

Il New York Times dedica uno speciale al movimento "dove i 30enni guidano leader che hanno il doppio della loro età" e alle sue componenti principali: oltre agli islamisti, l'organizzazione-ombrello del Premio Nobel El-Baradei, che ora guida tutta l'opposizione, il Movimento 6 Aprile e il movimento "Per il cambiamento",

RASSEGNA STAMPA INTERNAZIONALE

Ci sarà un effetto domino?, BBC, 1 febbraio 2011 (in inglese)
La vecchia guardia della protesta si allinea con i giovani, New York Times, 30 gennaio 2011 (in inglese)
Il cambiamento è positivo, opinione di Anne Applebaum, Slate, 30 gennaio 2011 (in inglese)
Superare l'alibi del nemico israeliano, opinione di Roger Cohen, New York Times, 31 gennaio 2011 (in inglese)
I Fratelli musulmani scelgono pragmaticamente una posizione defilata, analisi di Le Monde, 1 febbraio 2011 (in francese)
Mohammed El-Baradei, scheda sul New York Times (in inglese)
Pagina Facebook del Movimento 6 aprile (in inglese) 
Il Movimento "Enough" sul sito della Fondazione Carnegie (in inglese)

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