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Guidare, ma non solo

i diritti delle donne in Arabia Saudita

In Arabia Saudita si è chiusa senza dimostrazioni la giornata del 26 ottobre, data in cui le donne avevano indetto una serie di manifestazioni per rivendicare il diritto a guidare una macchina.

Temendo gli effetti di questa campagna di sensibilizzazione, le autorità hanno intimato alle attiviste di rinunciare alle proteste, minacciandole in caso contrario di punirle con l’arresto.
Se Sheikh Saleh al-Lehaydan, consulente legale dell’Associazione psicologi del Golfo, aveva già acceso le polemiche dichiarando che la guida delle donne “danneggia le ovaie, il bacino e compromette la fertilità”, negli scorsi giorni un centinaio di religiosi ha chiesto al re di frenare “l’occidentalizzazione delle donne”. Inoltre il principe Mohamad Bin Nayef ha contattato telefonicamente diverse attiviste per invitarle a non partecipare alle proteste. Di fronte a queste pressioni gli organizzatori hanno scelto di evitare lo scontro aperto, ma hanno provocatoriamente spostato la manifestazione a un inesistente 31 di novembre, invitando quindi le donne a mettersi al volante ogni giorno dell’anno per continuare la protesta.

Il problema, per le donne saudite, va al di là del diritto a guidare una macchina. Lo sa bene la monarchia, che teme la nascita di una nuova forma di attivismo sociale e di rivendicazione di diritti. La mobilitazione popolare per la guida può infatti essere vista come motore di un più ampio processo di cambiamento, specialmente alla luce delle primavere arabe. “Non pensiamo che le autorità siano contrarie a farci guidare - ha dichiarato l’attivista Hala al Dosari - ma il governo non vuole che la gente si organizzi autonomamente e non vuole essere percepito come arrendevole davanti alle nostre istanze”.

L’Arabia Saudita è l’unico Paese del mondo in cui le donne non possono guidare - nonostante formalmente non esista una legge che lo proibisca. Già nel 2011 era stata lanciata la campagna Women2drive, ma questa era terminata con l’arresto di Manal al-Sharif, attivista che aveva osato caricare su YouTube un video che la mostrava al volante. Le donne saudite hanno recentemente conquistato il diritto di spostarsi in bicicletta, sottostando però a svariate condizioni: dovranno essere accompagnate sempre da un uomo, dovranno indossare obbligatoriamente un abaya islamico e potranno circolare solo in alcune zone ben definite.

Quello alla guida non è quindi il solo diritto negato alle donne, che ad esempio non possono viaggiare senza un accompagnatore o senza una espressa autorizzazione del marito o del padre. Nel novembre 2012, per controllare i movimenti delle donne, il governo ha attivato un servizio di SMS che comunica agli uomini tutti gli spostamenti delle componenti femminili della loro famiglia.

Per quanto riguarda il diritto al lavoro, a causa delle restrizioni vigenti nel Paese circa 2 milioni di donne non hanno un'occupazione, anche se oltre il 50% di loro ha una formazione universitaria. Se poi una donna trova un impiego, deve comunque sottostare al controllo di un "guardiano" uomo, e nei luoghi in cui lavorano impiegati di entrambi i sessi, vengono eretti dei muri per separare gli uomini dalle donne. La discriminazione si riflette anche in campo sportivo: le scuole e le università statali prevedono infatti lezioni di ginnastica solo per i maschi, mentre non esistono corsi per le ragazze o squadre sportive femminili.

Solo a partire dal 2015, inoltre, le donne potranno votare e candidarsi alle elezioni.

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