Helin Bölek, attivista e cantante del gruppo musicale turco di sinistra Grup Yorum
Helin Bölek, attivista cantante del gruppo musicale turco di sinistra Grup Yorum, è morta il 3 aprile dopo 288 giorni di sciopero della fame, attuato in segno di protesta contro la repressione a cui i membri del gruppo erano da tempo sottoposti da parte del governo, in particolare dopo il fallito colpo di stato militare del luglio 2016. Aveva chiesto di poter continuare a cantare con il suo gruppo e ha spinto la sua protesta fino alle estreme conseguenze.
Helin Bölek aveva iniziato lo sciopero della fame nel giugno 2019, mentre era detenuta, e aveva continuato a farlo anche dopo il suo rilascio dal carcere il 20 novembre. Anche altri componenti del gruppo si erano associati alla protesta chiedendo la fine delle ripetute perquisizioni della loro sede, l’İdil Kültür Merkezi (il centro culturale situato nel quartiere di Okmeydanı a Istanbul); la revoca dei mandati di cattura nei loro confronti; l'abrogazione del divieto per i concerti; il rilascio dei musicisti incarcerati.
Nel gennaio 2020 Helin Bölek e İbrahim Gökçek avevano deciso di proseguire lo sciopero della fame fino alla morte, se le loro richieste non fossero state ascoltate. Entrambi erano stati portati contro la loro volontà in ospedale per essere sottoposti a cure forzate, secondo la dichiarazione dell'avvocato di Gökçek, Ezgi Çakır, ripresa in un comunicato dello Stockholm Center for Freedom (SCF), organizzazione non profit che promuove lo stato di diritto, la democrazia, i diritti fondamentali e le libertà, con particolare attenzione alla Turchia, costituita da un gruppo di giornalisti in esilio volontario in Svezia a causa della repressione della libertà di stampa in Turchia.
Otto musicisti erano stati arrestati il 23 novembre 2016 dopo un raid della polizia nella sede del gruppo e rilasciati il 1° marzo 2017 in attesa di processo. Il Centro Culturale Idil era stato nuovamente perquisito dalla polizia antiterrorismo di Istanbul il 30 maggio 2017 ed erano state arrestate altre nove persone. Due membri del gruppo, Selma Altın e İnan Altın, hanno invece chiesto asilo in Francia, nel 2018.
Grup Yorum, fondato nel 1985 da quattro studenti universitari, è uno dei più importanti e conosciuti gruppi di musica folk e di protesta nel Paese. Ispirati agli Inti-Illimani dei primi anni del 1980, i musicisti di Grup Yorum hanno pubblicato venticinque album tra il 1985 e il 2020 con oltre due milioni di copie vendute e si sono esibiti in Germania, Austria, Australia, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio, Danimarca, Inghilterra e Grecia.
Il gruppo è stato preso di mira dalle autorità turche per l’orientamento radicale di sinistra espresso nei testi socialmente impegnati ed è stato accusato di presunti legami con il Fronte Rivoluzionario della liberazione popolare (Devrimci Halk Kurtuluş Partisi-Cephesi o DHKP-C), un partito marxista-leninista responsabile di numerosi assassini e attentati terroristici, dichiarato organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e dall'Unione europea. Accuse che i componenti di Grup Yorum hanno respinto. Nel corso degli ultimi anni le autorità hanno vietato i concerti e la vendita dei dischi di Grup Yorum.
Altre informazioni sulla storia di Grup Yorum e di Helin Bölek sono disponibili nel sito Kaleydoskop.
La vicenda dei musicisti di Grup Yorum non è un caso isolato. La Turchia è infatti classificata come Paese "non libero" nel rapporto "Freedom in the World 2020" pubblicato un mese fa da Freedom House, organizzazione non governativa internazionale con sede a Washington, che svolge attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche e diritti umani.
A proposito della Turchia, il rapporto cita le azioni penali in corso contro i politici dell'opposizione e i membri di spicco della società civile, tra cui la detenzione di Selahattin Demirtaş, ex copresidente del Partito democratico dei popoli (HDP) filo-curdo, e la condanna di Canan Kaftancıoğlu, il presidente del principale partito repubblicano di CHP, con l'accusa di aver insultato il presidente Recep Tayyip Erdoğan e di aver diffuso la propaganda terroristica.
Nel rapporto è stata anche evidenziata l'offensiva militare turca di ottobre nella Siria settentrionale, che ha provocato un giro di vite sui social media contro chi ha espresso critiche sull'operazione.