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Il caso di Seyed Emami

ambientalista trovato morto in carcere a Teheran

Nell’ultimo anno, il giornale inglese The Guardian e l’associazione Global Witness hanno avviato il progetto “The Defenders of the Earth”, volto a documentare e denunciare le storie dei molti ambientalisti che in tutto il mondo sono stati minacciati o addirittura uccisi per il loro impegno. Tra questi, vi è anche l’iraniano-canadese Kavous Seyed Emami, fondatore della Persian Wildlife Heritage Foundation, trovato morto in prigione a Teheran dopo poco più di due settimane di reclusione. Della sua morte si è occupato in particolar modo il New York Times, che in un articolo del 22 febbraio 2018 ha dichiarato: "Il regime iraniano vede gli ambientalisti come delle spie".

A fine gennaio, il professore e ambientalista iraniano-canadese Kavous Seyed Emami è stato arrestato insieme ad altri sette colleghi con l’accusa di spionaggio. Tra loro, secondo quanto riportato dal New York Times, vi era anche Kaveh Madani, capo del Dipartimento nazionale dell’Ambiente.

Dopo poco più di due settimane di reclusione, il corpo di Emami è stato trovato senza vita in una cella del carcere di massima sicurezza di Evin, a Teheran. Secondo le autorità iraniane, Emami si sarebbe suicidato; ma i familiari dubitano che si sia tolto spontaneamente la vita e hanno chiesto di poter avere un’autopsia imparziale.

La polizia iraniana - che in questo momento sta facendo fronte agli aspri conflitti interni tra i gruppi fondamentalisti e quelli riformatori che sostengono Hassan Rouhani, attuale presidente dell’Iran - sostiene che Emami fosse una spia, forse degli americani o degli israeliani. In risposta a chi difendeva l’ambientalista su Twitter, ricordando per esempio i suoi studi su un raro tipo di felino presente nel Paese, un ministro vicino ad Al Khamenei - Guida Suprema dell’Iran e massimo esponente nazionale del clero sciita - ha risposto: "Chi mai verrebbe in Iran per studiare un animale? Mi pare ovvio che fosse una spia”.

Le associazioni per i diritti umani invece affermano che non vi sia alcuna prova di spionaggio. Anzi, è stato ipotizzato che l’ambientalista fosse solo uno dei molti iraniani con doppia cittadinanza occidentale ad essere stato arrestato ingiustamente dalle forze dell’ordine.

L’atteggiamento delle autorità iraniane sembra confermare l’ipotesi che sia in atto una repressione delle campagne ambientaliste, spesso viste dalle autorità iraniane alla stregua delle lotte anti-corruzione o delle proteste contro il velo.

28 febbraio 2018

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