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"L'Europa dev'essere rifondata"

manifesto di intellettuali francesi e tedeschi

"Si può ancora fermare la disgregazione dell'Europa politica? A partire dal 2005 e con il fallimento di una Costituzione europea, tale erosione ha assunto una dimensione sempre più inquietante. E tuttavia sembra che questo non basti a scuotere le élite dei funzionari dal loro sonno dogmatico". Inizia così l'appello accorato di alcuni docenti universitari franco-tedeschi per "rifondare" - o "rianimare" secondo la versione francese - l'Europa.

Nel manifesto, comparso su Le Monde, El Pais, la Frankfurter Allgemeine e diversi altri giornali europei (disponibile in francese si trova nel Box approfondimenti), il primo riferimento è ai mali che affliggono la UE: "Né le sconfitte elettorali ripetute, né la frattura economica tra Paesi della zona euro, né la discesa agli inferi della Grecia, né l'incapacità di trovare una risposta comune ai flussi migratori, né la Brexit, né l'impotenza di fronte ai diktat americani imposti in sprezzo dei trattati firmati, né l'aumento della povertà, delle diseguaglianze, dei nazionalismi e della xenofobia hanno permesso di aprire a livello dell'Unione Europea un dibattito democratico sulla crisi profonda che essa attraversa e sui mezzi per superarla".

Non corrisponderebbe infatti ai requisiti per un dibattito veramente utile e aperto la querelle fra "euroentusiasti" ed "euronichilisti". Scrivono i  docenti: "I 'dibattiti' nazionali sull'Unione Europea si riducono in maniera caricaturale a una sfida tra pro e antieuropei. Tutti coloro che criticano il funzionamento dell'UE sono definiti "anti", il loro numero cresce sempre più e, con loro, quello dei partiti o dei governi che adottano verso essa un punto di vista etnonazionalistico".

I professori non accettano questa logica binaria e la considerano anzi "menzognera e suicida". Secondo loro è un falso dilemma quello fra sostenere ciecamente le istituzioni europee e il rigettarle interamente. Esso porta a escludere ogni possibilità di riforma e pertanto può portare solo a una lenta "decomposizione" dell'UE. 

Ciò che i docenti, "non esperti che danno consigli, bensì persone di diverse idee politiche che cercano in comune risposte al 'divorzio' tra i valori costituzionali dell'Europa e le politiche che essa mette in atto nella prassi", propongono, è prima di tutto la denuncia di questo "tradimento dei valori".

A livello di istituzioni europee, argomentano i docenti, non c'è una vera democrazia basata sulla sovranità del popolo

Poi l'appello passa a esaminare le modalità con cui in Europa, citando Jurgen Habermas, si è arrivati a un "federalismo esecutivo postdemocratico", ovvero un sistema dove la forza dei mercati sta erodendo i valori di solidarietà che l'ideale europeo avrebbe dovuto realizzare.

Per tornare ad attuare questa solidarietà, che è l'elemento caratterizzante di tutto l'impianto europeo, occorre ridare lustro allo "spazio di libertà, sicurezza e giustizia". In altre parole, anche per recuperare il consenso di tanti cittadini disgustati dal vedere estrinsecarsi la potenza europea solo nell'adozione di misure "salvabanche", si dovrebbe realizzare il vero obiettivo del Mercato Comune Europeo fondato negli anni '50 del '900, dopo "due guerre mondiali sanguinose".

Si tratta di una solidarietà duplice: da un lato come valore assoluto, dall'altro come limite alle forze del mercato.

Serve dunque "un'Europa dei progetti, che affermi una realtà di cooperazione anziché di competizione". Un'Europa che valorizzi le differenze linguistiche e culturali come una ricchezza, e che non lasci soli i Paesi davanti alle sfide. 

Ecco di nuovo i temi dell'economia, la necessità che l'Europa, sola a godere dell'autorità necessaria, separi le banche di deposito da quelle di investimento e limiti il loro potere di creazione monetaria. Ed ecco un ruolo decisivo della UE anche nell'assicurare che "gli operatori economici di tutte le nazionalità che operano sul continente rispettino regole all'altezza dei rischi ecologici, della crescita esponenziale delle ineguaglianze, della concorrenza fiscale mortifera che porta al degrado dei macchinari e dei servizi pubblici e delle infrastrutture stradali e ferroviarie"

Quindi i professori dedicano alcune riflessioni al ruolo delle tecnologie, per delineare poi la strategia da seguire con l'Africa, dove si richiede un "partenariato" che permetta ai Paesi africani di stabilire da sé delle vie di sviluppo durevole, fondato sulla parte migliore del loro retaggio culturale. Particolarmente urgente risulta essere la risposta alla questione migratoria, "da un lato senza cedere nulla ai demagoghi sul rispetto intransigente della dignità e dei diritti di migranti e richiedenti asilo, dall'altro aprendo alla realizzazione del diritto, che si tratti di senegalesi, di italiani, di maliani, di tunisini o di greci, a vivere dignitosamente del proprio lavoro senza dover andare in esilio.

Bisogna quindi approfondire la democrazia, a tutti i livelli - locale, nazionale ed europeo, anche stabilendo un sistema di tassazione delle transazioni finanziarie, per poter stabilire un fondo dedicato a obiettivi di sviluppo duraturo fissati e controllati dal Parlamento Europeo, e a ridurre le asimmetrie tra i Paesi membri.  In questo senso si parla di una democrazia federale quasi all'americana, almeno per quanto riguarda lo storico principio di "nessuna tassazione senza rappresentanza" (no taxation without representation, come dicevano i fondatori degli Stati Uniti).

Non si tratta tuttavia di restaurare vecchie forme della democrazia, ma di guidare un vero e proprio rinascimento democratico a tutti i livelli decisionali e politici. "Senza tale rinascimento democratico - si conclude l'appello,- le 'élite dirigenti' continueranno a tagliarsi fuori dall'esperienza infinitamente ricca e differenziata della vita dei popoli e a essere preda dei demagoghi".

L'appello è firmato da

Alain SUPIOT (Collège de France, Parigi), Ulrich MÜCKENBERGER (Università di Brema), Andrea ALLAMPRESE (Università di Modena e Reggio Emilia), Irena BORUTA (Università Cardinal Wyszyński, Varsavia), Maria E. CASAS BAAMONDE (Universidad Complutense, Madrid), Christina DELIYANNI DIMITRAKOU (Università Aristotele, Salonicco), Franciszek DRAUS (Berlino), Ota DE LEONARDIS (Università Milano Bicocca), Paul MAGNETTE (Libera Università di Bruxelles), Antonio MONTEIRO FERNANDES (Istituto Universitario di Lisbona), Fernando VASQUEZ (Membro Emerito della Direzione degli Affari Sociali della Commissione Europea), Laurence BURGORGUE-LARSEN (Parigi Sorbona), Gaël GIRAUD (Parigi CNRS), ALEXANDRE MAITROT DE LA MOTTE (Parigi- Università Est Créteil), BÉATRICE PARANCE (Università Parigi UPL/Vincennes Saint-Denis), ÉTIENNE PATAUT (Parigi Sorbona), CLAUDE-EMMANUEL TRIOMPHE (Consigliere dell'Alto Commissario per l'Impegno Civile di Parigi).

1 ottobre 2018

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