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L'ISIS chiude gli yazidi in una trappola mortale

ritenuti "adoratori del diavolo", in 40 mila a rischio genocidio

Gli yazidi sono un gruppo etnico-religioso che vive da secoli nelle montagne dell'Iraq settentrionale. Erano in tutto 500.000, ma molti sono ormai fuggiti verso l'Europa, il Canada o gli Stati Uniti. Oggi sono 40 mila e sono quasi tutti sotto assedio nella zona montuosa del Sinjar, che è la loro culla oggi divenuta la loro prigione, forse mortale. Gli Stati Uniti, appreso il loro calvario, hanno tenuto riunioni per valutare l'ipotesi di un intervento militare a fini umanitari.  

Ne rimangono pochi, minacciati da veri e propri atti genocidari da parte dell'ISIS. Nella definizione di genocidio, l'elemento materiale del crimine può consistere in "uccisione dei membri di un gruppo; danni all'integrità fisica e mentale di suoi membri, come torture, violenza sessuale, inflizione di condizioni di vita inumane; misure tendenti a impedire le nascite nel gruppo; trasferimento forzato di bambini..". 

Difficile non pensare alla Convenzione sulla Prevenzione e la Punizione del Crimine di Genocidio quando si legge un articolo come quello di Haaretz del 5 maggio, intitolato Il mercato degli schiavi sessuali dell'ISIS: come lo Stato Islamico sta spazzando dalla faccia della terra la minoranza yazida.  

In questo articolo drammatico si parla del rapimento, stupro, vendita sul mercato del sesso delle donne e dei bambini yazidi, attualmente 400 - ma gli attacchi contro le loro comunità sono sempre più frequenti nonché feroci - al chiaro scopo (elemento intenzionale del crimine di genocidio) di eliminare questo gruppo etnico-religioso. 

Una sopravvissuta, oltre agli stupri, ha raccontato che uno dei suoi padroni nel mese in cui è stata schiava le ha immerso la faccia nell'olio dicendole che doveva purificarla dalla "sporcizia" che caratterizzerebbe il suo popolo. Haaretz racconta  che il caso di questa giovane, che a un certo punto è stata comprata da un curdo che voleva solo liberarla (una politica usata dai curdi è di comprare queste donne e rimetterle in libertà o, se minori, qualora i genitori siano ancora in vita, restituirle alle famiglie), è una goccia nel mare. In genere, spiega il giornale israeliano, queste donne e questi bambini non vivono abbastanza da poter raccontare le torture subite: muoiono, finiscono chissà dove, o si suicidano per la disperazione. Già dichiarati "infedeli" da eliminare da Al Qaeda, sempre più trovano la morte sotto l'ISIS. 

L'odio verso gli yazidi, in quanto "non musulmani" e "etnicamente legati ai curdi", è radicato e antico. Questo popolo è stato perseguitato anche dall'Impero Ottomano perché ritenuto politeista. Gli yazidi infatti credono a un Essere Superiore troppo elevato per essere adorato direttamente, che si "esprime" attraverso sette figure spirituali di cui il principale è l'Angelo Pavone. Trattandosi di un angelo caduto, poi perdonato dalla Divinità suprema e tornato in cielo, gli yazidi si sono guadagnati presto la fama di "adoratori del diavolo" (forse per via anche di alcune traduzioni arabe poco riuscite). Un'ulteriore ragione per la quale sono odiati è che si ritiene discendano da una dinastia islamica sconfitta storicamente. C'è quindi anche un odio politico, dettato dal timore che possano rivendicare potere all'interno del mondo musulmano.

Dal punto di vista spirituale, gli yazidi non credono nel paradiso e nell'inferno, bensì nella reincarnazione. Praticano una forma di battesimo come i cristiani e una circoncisione rituale come ebrei e musulmani. Sono una comunità che non fa ricorso al matrimonio combinato, e le spose, vestite di rosso, prima delle nozze visitano le chiese cristiane del circondario. Durante la cerimonia nuziale il sacerdote yazida spezza il pane. Gli yazidi pregano l'Angelo Pavone cinque volte al giorno. 

Ora però il principale tempio yazida, che si trova a Lalish, nell'Iraq, funge da luogo di raccolta dei profughi dall'immane massacro che viene compiuto ogni giorno e rischia di diventare un "genocidio" sia nell'accezione giuridica del termine che, secondo il senso comune, per l'ampiezza della distruzione. Il "papa" degli yazidi, Baba Sheikh, ha dichiarato ai giornali inglesi che "per gli yazidi il peggio che può succedere è essere espulsi dalla loro comunità, non conoscono né la conversione di estranei allo yazidismo né il passaggio ad altre religioni. Per cui anche la dispersione e conseguente assimilazione nella società europea che sta avvenendo a causa della guerra rappresenta una minaccia alla continuità del popolo yazida".  

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