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Memorie comuni

di Pietro Kuciukian

Cratere vicino alla Cattedrale del Santo Salvatore dopo i bombardamenti

Cratere vicino alla Cattedrale del Santo Salvatore dopo i bombardamenti (AP Photo)

Marek Halter così ha scritto il 3 novembre sul quotidiano “ La Stampa”: …l’orizzonte è offuscato in questi giorni dalle ceneri dell’Europa…un’isola felice circondata da un mondo di violenza, guerre, povertà…e noi abbiamo paura, siamo terrorizzati, viviamo un’angoscia che inaridisce e ci impedisce di reagire contrapponendo al buio la forza delle nostre virtù; è un confinamento interiore più forte di quello esterno impostoci dall’epidemia del Covid.

Ha anche chiamato a raduno gli intellettuali, …devono urlare per evitare l’assopimento delle coscienze”. Non basta provare una ribellione interiore contro il rinascere delle terribili esecuzioni sommarie di matrice jihadista, delle guerre che si combattono dopo avere fatto esplodere i nazionalismi e delle quali non si vede la fine, Siria, Libia e ora il Nagorno Karabagh. La ribellione va manifestata e la voce di ognuno di noi deve unirsi a quelle voci capaci di condannare apertamente le scelte politiche del proprio governo quando spezzano la solidarietà tra i popoli e corrodono dall’interno i valori democratici.

La comunanza di storia e memoria tra il popolo armeno e il popolo ebraico sembra andare in frantumi con la guerra del Nagorno Karabagh. Sofisticati armamenti vengono venduti dal governo Israeliano all’Azerbaigian che, supportato dalla Turchia, il 27 settembre 2020 ha attaccato gli armeni.

Le migliori menti del mondo ebraico in patria e in diaspora, già note per la loro reiterata protesta contro il mancato riconoscimento da parte dei governi di Israele del genocidio armeno, hanno avuto il coraggio di condannare apertamente la politica del governo israeliano. C’è un coraggio frutto di razionalità, che porta a cogliere lucidamente i dati di fatto, a non avere pulsioni ideologiche, a sottrarsi agli stereotipi. Ancora una volta ci troviamo di fronte a comportamenti e scelte che rendono visibile un principio di fondo della convivenza umana: la necessità di distinguere tra popoli e governi. E allora quelle degli amici ebrei non restino “voci sole”, si uniscano ad esse tutti gli armeni, e tutte le voci che formano il mosaico Europa e che potrebbero mostrare operanti i valori su cui essa è rinata dalle ceneri di una guerra spaventosa.

Che cosa chiedono con coraggio gli amici ebrei di Israele e della diaspora?

Chiediamo al governo israeliano di cessare immediatamente le vendite di armi all’Azerbaigian, in attesa di una revisione della questione a livello del governo e della Knesset. Le questioni di aspirante Realpolitik, come si vede in questo caso con la vendita di armi, non sono l’unica base della politica estera. Certamente, è necessario mettere in discussione il ruolo di Israele nella creazione di un armamento diretto principalmente contro un popolo che, come lo stesso popolo ebraico, è stato vittima di un genocidio nel XX secolo. Chiediamo ad altri israeliani di far sentire la loro voce su questa importante questione.”

Ci sono tanti nomi conosciuti, storici, docenti universitari, scrittori: Yair Auron, Israel Charny, Benny Morris, Moran Deitch, Benjamin Kadar, Benjamin Z. Kadar, Yoev Loeff, Donna Shalev. Molte altre voci si sono aggiunte. Ha preso posizione anche una importante associazione che studia tutti i genocidi e la strada per prevenirli, lo IAGS, International Association of Genocide Scholars.

Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, al Giardino di Monte Stella il 7 ottobre ha lanciato un appello per l’Armenia alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni e dei famigliari dei giusti onorati quest’anno, sottolineando le gravi contraddizioni morali in cui versa il governo di Israele: …le questioni morali, ha sottolineato, sono più importanti della Realpolitik.

Il popolo armeno è vittima di una aggressione terribile e il dolore per la morte di militari e civili è grande. Unirsi alla voce degli amici ebrei che lo condividono e si ribellano alle scelte del loro governo, significa dare più forza e valore alla protesta e creare crepe nel muro solido della vendita delle armi, come è già accaduto. il Canada ha bloccato l’invio di motori alla Turchia che equipaggiava i droni UAV che uccidevano gli armeni.

MI occupo dal 1995 dei Giusti per gli armeni e, con il sodalizio nato nel 2000 fra me, armeno, e Gabriele Nissim, ebreo, si è rafforzata la mia convinzione di lavorare insieme per rafforzare la memoria dei genocidi, per estendere il concetto di Giusto e allargare la ricerca ai giusti ottomani del genocidio armeno del 1915. Ho avuto una visione chiara: il fronte dei carnefici non è mai compatto. Ho individuato figure di giusti azeri anche nei pogrom contro gli armeni del 1988-1990 a Sumgait, Kirovabad e Baku, prodromi della prima guerra in Nagorno Karabagh.

Qualche giorno fa, Davit Babayan, consigliere del presidente dell’Artzakh (Nagorno Karbagh) ha dichiarato che è inaccettabile identificare le autorità israeliane con il popolo ebraico.

Vorrei oggi lanciare il mio appello come armeno, come italiano, come cittadino europeo. Invito tutti ad unirsi alle voci coraggiose degli amici ebrei in Israele e nel mondo che condannano la scelta politica, gravida di conseguenze imprevedibili, di alimentare con le armi una guerra sanguinosa.

Se non ne abbiamo la forza, ci dimostreremo incapaci di essere all’altezza del compito lasciatoci in eredità da chi ha sacrificato la vita per la nostra libertà: lottare per un mondo migliore, così come era nella volontà di rinascere dei nostri genitori e dei nostri nonni. Sono le scelte che rendono visibili e operanti i valori dell’umanità. È la memoria per la vita, per la rinascita, non per la morte.

Pietro Kuciukian

Analisi di Pietro Kuciukian, Console onorario d'Armenia in Italia e cofondatore di Gariwo

5 novembre 2020

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