Gariwo
https://it.gariwo.net/magazine/diritti-umani-e-crimini-contro-lumanita/offendere-i-migranti-e-facile-noi-proponiamo-di-ascoltarli-19480.html
Gariwo Magazine

"Offendere i migranti è facile. Noi proponiamo di ascoltarli"

di Regina Catrambone

Regina Catrambone è co-fondatrice di Migrant Offshore Aid Station (MOAS), un'associazione che si occupa del soccorso a mare e dell'assistenza post-salvataggio dei migranti. In questo articolo pubblicato sul Guardian del 15 ottobre che pubblichiamo tradotto, ha denunciato la crescente disumanizzazione di coloro che rischiano la vita cercando di attraversare il mare o il deserto in cerca di un futuro pacifico.

Secondo le statistiche dell'agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR), almeno 1778 persone sono morte quest’anno nel tentativo di attraversare il Mar Mediterraneo, la rotta migratoria più letale del mondo. Eppure i leader politici europei menzionano raramente questa cifra quando celebrano i risultati delle loro attuali politiche. Si tratta del più alto numero di vittime mai registrato lungo questa rotta.

Dallo scorso anno, migranti, rifugiati e richiedenti asilo sono stati rappresentati sempre più come numeri, e i calvari che hanno affrontato sono stati raccontati poco o minimizzati. Le loro vite sono usate come statistiche, non come vite di persone in carne ed ossa. Ma quando la narrazione ufficiale è limitata ai numeri e alle cifre, le persone scompaiono.

Quindi, che cosa sta accadendo alle madri e ai bambini vulnerabili, che per esempio si trovano abbandonati in Libia? E alle persone anziane? Chi si occupa di loro? Vengono curati adeguatamente a livello sanitario?

La violenza in Libia ha conosciuto un’escalation di recente, esacerbando ulteriormente un ambiente molto facile a infiammarsi, che mette in pericolo le vite di centinaia di migliaia di persone vulnerabili intrappolate nel caos. Ci sono numerosi centri di detenzione, disseminati in diversi luoghi, dove l’accesso alle organizzazioni umanitarie è per lo più vietato. L’ONU ha spesso dichiarato che lavorare in Libia è estremamente difficile e pericoloso, e il suo staff in loco non può coprire tutte le necessità umanitarie.

Lo scorso dicembre, MOAS ha potuto verificare direttamente i rischi della situazione sul territorio e ha assistito lo staff dell’UNHCR durante un volo di evacuazione verso il Niger, dove 51 bambini, 22 donne e un uomo hanno trovato rifugio dopo un lungo soggiorno in Libia. Tuttavia, il piano di ricollocazione non ha funzionato secondo le attese, e molte persone stanno ancora aspettando di iniziare una nuova vita in un altro Paese.

Con l’intensificarsi dei flussi migratori nel 2013, l’opinione pubblica ha mostrato indignazione ed empatia, i leader politici hanno promesso azioni immediate per evitare nuove morti e le organizzazioni umanitarie hanno consolidato modalità più efficienti per accogliere le persone salvate nei porti di sbarco.

Tutti gli occhi erano puntati sui sopravvissuti dei viaggi disperati, ma il mare stava ancora uccidendo un numero imprecisato di bambini, donne e uomini. In quel momento fu creato MOAS, per mitigare le perdite umane e permettere ai giornalisti di documentare che cosa significava trovarsi in condizioni disperate in mare aperto. L’impatto di queste operazioni di ricerca e salvataggio capaci di salvare vite umane era senza eguali per tre ragioni principali: sempre meno persone morivano, i giornalisti si univano a noi e davano voce ai salvati.

Tuttavia, le nostre missioni non si limitavano al salvataggio. Abbiamo anche fornito cure ai migranti e ai rifugiati dopo averli tratti in salvo. Durante il tempo passato a bordo, le persone salvate non solo ricevevano cibo, acqua, vestiti e lenzuola, ma anche sollievo e cure dalla squadra del Moas.

Nessuno poteva dire di non sapere che cosa accadeva in mare aperto. La nostra missione aiutò le persone a condividere le proprie storie – di tratta, ma anche di speranza.

Ora, è tutto finito. Dalla fine del 2016, il processo di disumanizzazione ha conosciuto una progressiva escalation, raggiungendo un picco nel 2017 quando le fake news e i discorsi di odio hanno rafforzato una tendenza a criminalizzare la solidarietà.

La mancanza di empatia europea e il fallimento dei piani di ricollocamento hanno cambiato profondamente il nostro modo di operare, e ridotto la capacità di svolgere salvataggi a mare.

Quasi tutte le imbarcazioni umanitarie sono state costrette a sospendere e spostare le proprie missioni, reimpiegandole altrove. Le navi mercantili non compiono più salvataggi perché, affermano, hanno paura di essere lasciate alla deriva nell’attesa che sia notificato loro un porto di sbarco, mentre coloro che sopravvivono vengono lasciati a loro stessi.

L’evoluzione dei flussi e delle politiche migratorie ha portato costantemente a mettere sotto silenzio le voci dei migranti e dei rifugiati. Non abbiamo mai saputo così poco di loro. Le cifre ufficiali è probabile che sottostimino il fenomeno, per cui non sappiamo quante persone periscano attraversando il deserto o il mare. Non li aiutiamo se finiscono in Libia e trascuriamo le loro esistenze una volta che mettono piede sulla terra ferma.

Essi diventano invisibili perché parliamo di loro, ma non con loro, per ascoltare le loro storie.

È facile disumanizzare persone i cui volti, sogni e vite sono sconosciuti. Non abbiamo bisogno di molta forza per offendere ed essere crudeli con persone che sono rappresentate solamente da un numero. I numeri non hanno sentimenti, cicatrici o ferite. Ma dietro quelle cifre ci sono persone in carne e ossa, con sogni e un’anima, in cerca di un futuro pacifico.

24 ottobre 2018

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!

Contenuti correlati